Popolari nelle case per anziani e negli istituti per disabili, oggi si diffondono sempre più anche nell’ambito privato grazie al loro valore terapeutico
Luci soffuse, ma anche molti colori. Oggetti strani o altri comunissimi ma dall’utilizzo atipico. Un mondo a sé, un paradiso per i cinque sensi. Dovendolo fare, proviamo a descrivere così una sala Snoezelen. Ma sono molto altro. Un nome che a tanti forse dice poco, eppure si tratta di ambienti sempre più diffusi in Ticino: dalle case per anziani agli istituti per disabili, e non solo. Un tassello ormai fondamentale nei percorsi terapeutici di molte strutture e con un potenziale ancora da sfruttare. Ne parliamo con Sofia Santori, unica formatrice accreditata a livello nazionale per la Svizzera italiana. La incontriamo al Centro Sfera Bianca a Cadempino, che gestisce dal 2015 dopo un avvio a Taverne.
Cosa sono le sale Snoezelen? Come le spieghiamo?
Vedendola, la prima cosa che si nota sono le luci. Però, prima che una stanza, è un approccio. Alle persone rimangono impresse le luci, i colori, gli oggetti. In realtà la vera magia la fa l’operatore, che riesce a modulare le attività e lo spazio portandoli alla portata della persona, senza sovrastimolarla, ma anzi interessandola e decidendo come e quando regolarla. È chiaro poi che viene modulata in base ai fruitori. Se vi entrano bambini piccoli senza patologie e con magari genitori al fianco, la seduta prende un aspetto più ludico. Decade un po’ quell’aspetto di relazione sensoriale utile a chi ha delle patologie specifiche.
Quante ne abbiamo in Ticino?
Almeno una ventina. Comunque sempre di più: continuano a nascerne.
E da cosa sono composte?
Gli elementi principali e di base sono: un letto ad acqua vibroacustico, che spesso è il primo a essere depennato in quanto il pezzo più caro, ed è veramente lo strumento basale. Sotto al letto ci sono gli amplificatori, che grazie a una musica apposita per lo Snoezelen, fanno vibrare l’acqua, che è calda. Sul letto dunque c’è l’aspetto vestibolare, la vibrazione profonda. Sul letto si può lavorare con chiunque, anche con persone che non hanno nessun interesse per stimoli visivi, ad esempio. Si lavora molto sulla percezione corporea grazie alla vibrazione. Chiaro che non fa tutto il letto: accanto c’è una persona che accompagna, che testa eventuali interessi. Dovrebbero esserci poi: un’amaca, soprattutto se si lavora con l’autismo o altre disabilità, e poi degli stimoli visivi, che in genere sono la fibra ottica e un bubbletube. Non si tratta necessariamente di strumenti da terapia, ma accattivanti. Ed è importante: avere stimoli accattivanti significa catturare l’attenzione di una persona e avere minor difficoltà nel creare un ponte nella nostra relazione. Non devono sempre essere accese tutte: accendere tutto può voler dire sovrastimolare. Capita che per motivi di spazio o finanziari ce ne siano solo una parte.
Ecco: côté finanziario. Quanto costa allestire una sala Snoezelen?
Difficile dare risposte assolute, perché molto dipende anche dalle dimensioni della stanza allestita e chiaramente dagli oggetti che si inseriscono. Di base, si può dire che una spesa di 15’000 franchi è necessaria. Ma è possibile investire anche il doppio e oltre se si crea qualcosa di più elaborato. Una sala ben fatta è più della semplice somma delle attrezzature, è soprattutto un progetto ragionato.
Per chi è adatto l’utilizzo di una sala Snoezelen?
In generale, si può lavorare fondamentalmente con tutti per costruire un progetto. Noi lavoriamo principalmente con la disabilità, con le scuole (in particolare dell’infanzia ed elementari), regolari e speciali, e con i bambini nella prima infanzia. Nella fascia 0-3 anni proponiamo tante attività con i genitori. Nelle sedute con bambini piccoli trovo di grande valore il fatto che anche il genitore abbia l’occasione di rilassarsi. Per quanto riguarda le scuole, sono molto contenta di vedere sempre più docenti che trovano importante inserire anche attività che prevedono che si lavori sul corpo e sulla capacità di bambini e ragazzi di rilassarsi. C’è una parte dedicata all’esplorazione, io credo che ai bambini diamo sempre tante attività strutturate. E poi una parte più guidata, relativa alla scoperta del corpo. A volte si propongono dei temi da sviluppare, attività quasi da atelier. Per quanto riguarda gli anziani, lavoriamo molto con i centri diurni, frequentati tuttavia da persone che spesso hanno ancora una buona autosufficienza. Nelle case per anziani si lavora invece principalmente sugli aspetti sensoriali, oltre che sul ricordo, che si può evocare anche tramite delle immagini, oppure dei materiali da manipolare. Diventa anche un luogo dove si ha un rapporto uno a uno con gli operatori e gli anziani dunque possono sentirsi ascoltati. Quarta categoria: adulti, spesso professionisti, persone a rischio burnout. La sala diventa strumento di rilassamento e di presa di coscienza di dove si va nella vita, per capire cosa non va e reagire. La vera prevenzione del burnout comunque si fa fuori dalla stanza.
In che contesto nascono le sale Snoezelen?
Negli anni Settanta nei Paesi Bassi, in una struttura che si occupava di disabilità. Era il periodo nel quale in Germania si sviluppava la stimolazione basale. Era un contesto a livello europeo nel quale ci si stava rendendo conto che le persone con disabilità severe che sono ricoverate in maniera permanente nelle strutture necessitavano di essere occupate. Si è iniziato dunque a sperimentare. Nei Paesi Bassi ci si rende conto che l’aspetto sensoriale può essere il linguaggio principale. Iniziano dunque proprio a creare dei materiali ad hoc o a recuperarli. La prima bubbletube è stata creata da uno scarto teatrale. Si è andati per tentativi, cercando di creare materiali stimolanti. Snoezelen è una parola composta da due termini olandesi: schnuffelen e dozelen: annusare (rappresenta la parte più sensoriale) e sonnecchiare. L’idea dunque è di attivare, ma anche di rilassare, utilizzando i sensi.
In Svizzera e in Ticino quando sono arrivate?
In Ticino la prima sala, che io sappia, è stata quella del Miralago, dodici anni fa. In Svizzera si è iniziato poco prima, una quindicina di anni fa. Si sono diffuse principalmente nell’ambito della terza età, nelle case per anziani e in particolare sui piani per i malati di Alzheimer. Al di fuori degli istituti, stanno nascendo sempre più sale private.
Lei come è diventata formatrice?
Io nasco come terapista complementare, naturopata e omeopata. Ho due figlie, una di 13 e l’altra di 9 anni. Quando è nata la seconda ho capito che avrei dovuto reimparare una serie di cose perché era molto particolare nel suo modo di stare al mondo. Questa particolarità si è riassunta in una diagnosi di autismo. Ho cercato quindi qualcosa che potesse essere d’aiuto alle sue difficoltà sensoriali per cercare momenti di maggiore interazione con mia figlia e ho capito che gli strumenti che avevo a disposizione non si adeguavano molto a quel che avevo da offrirle. Ho deciso di informarmi meglio e il primo corso che ho trovato è stato di stimolazione basale, che mi ha davvero aperto la mente.
Che cos’è la stimolazione basale?
È un universo: ci sono tante pratiche differenti. Si basa sull’idea che le persone abbiano una comunicazione che passa attraverso il corpo, attraverso gli stimoli basali, ossia: quello somatico, quello vibratorio, quello vestibolare. Lo scopo è anche restituire un’interezza corporea alle persone che vivono in maniera confusa la propria corporeità. Nella pratica questo si traduce anche nel trovare le giuste attività per ogni persona. In generale pratiche legate al corpo. Ad esempio: massaggi, dondolare sull’amaca con un certo ritmo, utilizzare strumenti come le coperte basali o gli animali ponderati, che aiutano – soprattutto sul letto ad acqua che è già vibracustico – ad avere un limite corporeo riconosciuto. Più o meno in questo periodo ho scoperto dell’esistenza delle stanze Snoezelen, grazie a quella esistente al Miralago.
Ed è stato amore a prima vista?
Quando sono entrata, la prima cosa che ho pensato è ‘perché questa cosa non è alla portata di tutti?’. È un ambiente che può davvero essere un ponte comunicativo: ho riconosciuto gli interessi sensoriali della mia figlia autistica, ma anche dell’altra che non lo è. Mi sono detta, perché bisogna sempre cercare di adattare gli interessi degli altri a mia figlia? Perché non avere un posto per far incontrare le persone? Mi è sembrato l’ambiente giusto per farlo. Mi è dispiaciuto che fosse ‘relegato’ solo agli ospiti di una struttura o a persone che hanno ricevuto una diagnosi. Quindi mi è venuto il pallino di uno spazio che potesse essere per tutti. Pertanto ho deciso di fare la formazione ad hoc.
Di cosa si tratta?
Si tratta di quattro moduli da due giorni in Svizzera tedesca. Oltre alla teoria, ho svolto la pratica insieme al mio insegnante, che è il presidente dell’associazione svizzera di operatori Snoezelen (sezione nazionale dell’Isna-mse, l’associazione internazionale mantello, ndr), nonché docente dei corsi in lingua tedesca. Ho fatto la formazione nel 2014 parzialmente a Baar (Canton Zugo) e parzialmente a Grandson (Vaud). La formazione in tedesco c’è da quindici anni, in italiano non c’era. Il mio docente mi ha chiesto se fossi interessata a portarla avanti: sono dunque diventata formatrice per il Ticino per l’associazione, e la formazione che diamo qui al centro è quella che porta alla certificazione attraverso la Isna. Siamo partiti nel 2015.
Quante persone avete formato in Ticino?
Almeno trecento. Tanti terapisti occupazionali, pedagogisti, alcuni genitori, sempre di più docenti delle scuole speciali e anche regolari. In generale, è una formazione che sta prendendo molto piede.
Oltre al Centro Sfera Bianca, c’è anche lo Shop Sfera Bianca: un negozio inclusivo. Di cosa si tratta?
Parte di nuovo da un’osservazione fatta con mia figlia minore: i negozi di giocattoli regolari hanno pochi oggetti purtroppo che suscitino l’interesse di queste persone. Pertanto, dopo uno shop online, nel 2018 abbiamo aperto anche un negozio fisico. Facciamo una selezione di giochi e materiali educativi che possano andare bene per tutti. Ci piacerebbe poter diventare un punto di riferimento per le famiglie, i terapisti, i docenti, di tutti i bambini, con disabilità e senza. Inoltre, abbiamo anche materiale specifico per anziani con il morbo di Alzheimer.
Assunto che il potenziale di sviluppo delle sale Snoezelen è elevato, in che direzione le piacerebbe che si andasse?
Mi piacerebbe vedere una sala parto Snoezelen. E poi, credo che ci sia molto margine nel mondo delle scuole, con particolare attenzione agli ambienti, che credo che se ben progettati possano essere un grande strumento inclusivo. L’ambiente non è secondario rispetto al fattore umano, in tema di inclusione.