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Dall’Ucraina sono arrivati in Ticino bambini col cancro

Le storie di Viktoria (12 anni) e Nikita (15 anni), le terapie oncologiche a Bellinzona. Il medico: ‘I ricoveri vanno pianificati. Reparti quasi pieni

Le storie di Viktoria (12 anni) e Nikita (15 anni), le terapie oncologiche a Bellinzona. Il medico: ‘I ricoveri vanno pianificati. Reparti quasi pieni

6 aprile 2022
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«Grazie Svizzera, grazie che mi curate, il mio dottore si chiama Pier: è bravo!». Viktoria, 12 anni, ha un bellissimo sorriso mentre mi allunga il suo cellulare con scritto questo messaggio. Comunichiamo grazie a ‘google translate’, è macchinoso, ma ce la facciamo. È arrivata in Ticino due settimane fa, i primi sette giorni li ha trascorsi con la mamma Olena all’ospedale San Giovanni in pediatria oncologica. Madre e figlia condividono ora un appartamento a Giubiasco con la cugina Tania e il figlio Nikita (15 anni), anche lui in cura per un tumore all’ospedale di Bellinzona. Tutti vengono da Poltava, una città nella zona nord-orientale dell’Ucraina. Sono scappati insieme e una volta arrivati in Polonia sono stati inseriti in un programma che ‘smista’ i pazienti oncologici in vari Paesi. Nikita e Viktoria sono stati assegnati al Ticino, le madri li hanno seguiti. «Non sapevamo dove saremmo finiti. Siamo stati molto fortunati, ci hanno portato in aereo a Ginevra e poi all’ospedale di Bellinzona, dove i medici sono molto bravi e possiamo continuare le cure», dice Tania. Si commuove aggiungendo: «Ci hanno accolto con molto affetto».

L’ospitalità, le terapie, la burocrazia

Il loro arrivo è stato programmato nei dettagli. All’ospedale avevano già le loro cartelle mediche, sapevano come curarli e avevano trovato i medicamenti adeguati. L’oncologo, il dottor Pierluigi Brazzola, ha attivato la rete della Lega cancro Ticino, che ha trovato un appartamento a Giubiasco, messo a disposizione da Susanna e Gioacchino Carenini. Lei è volontaria alla Lega. Tania, Olena e i loro figli sono seguiti passo dopo passo da volontari, assistenti sociali e un traduttore. Tutto è nuovo e impegnativo tra visite oncologiche e pratiche burocratiche. «Li abbiamo accolti come avremmo fatto coi nostri cari», dice Susanna Carenini. Ci incontriamo nell’appartamento di 4,5 locali che ospita mamme e figli. Ad attenderli c’era il frigo pieno, una torta salata di benvenuto e tanto affetto. «Buono il cake di Susanna», commenta Viktoria, che non si perde una battuta. «È bello, è impegnativo. Non siamo soli, c’è una rete che ci sostiene, l’assistente sociale della Lega ci aiuta per le pratiche amministrative con le autorità, con il permesso S che non è ancora arrivato. Così la responsabilità viene condivisa», spiega la volontaria. Se un giorno lei è impegnata subentra un altro volontario. Per i bisogni finanziari extra c’è la Lega che anticipa gli aiuti finché non si attiverà l’autorità.

‘Vogliamo tornare presto a casa’

Oggi per la prima volta le due mamme prenderanno il bus da sole per l’ospedale. Vogliono rendersi autonome. Tania è un avvocatessa e lavora per le autorità di Poltava, Olena è cassiera in un negozio. «Siamo grate alla Svizzera che cura i nostri figli, siamo grate perché non ci manca nulla», dice Tania. Il loro sguardo è rivolto all’Ucraina. «Qui stiamo bene, ma vogliamo tornare a casa appena possibile. Ci mancano i nostri cari», precisa Olena. Per la scuola è prematuro, i due ragazzi stanno facendo le cure.

Viktoria e Nikita non sono gli unici due ragazzi ucraini in cura all’ospedale San Giovanni di Bellinzona. Ogni settimana ne giungono di nuovi. Lunedì (vedi a lato) 9 bimbi ammalati sono arrivati dalla Polonia, trasportati con un bus partito dal Ticino con un medico e due infermiere. Uno dei nove bimbi è rimasto in Ticino, gli altri sono stati smistati in altri nosocomi elvetici. Gli ospedali universitari stanno arrivando al limite.

All’ospedale San Giovanni di Bellinzona, in totale, sono arrivati sei bambini ucraini con patologie complesse. Queste cure per funzionare, dice l’oncologo Brazzola, devono essere pianificate (vedi a lato). Improvvisare in questo ambito a volte non significa fare il bene del paziente.

Dalla Polonia a Bellinzona

‘Sul bus ci sono nove ragazzi molto malati’

Sono tutti assonnati e un po’ stralunati quando scendono dal pullman, alle spalle un viaggio di 20 ore: c’è una ragazza con le stampelle, un’altra adolescente ha la testa pelata ma non per scelta, i bimbi si stringono timorosi alle mamme, ma nei loro sguardi c’è anche la curiosità per una nuova avventura che inizia tra queste alte montagne svizzere. Lunedì mattina alle 8.30 sono arrivati in Ticino 32 rifugiati ucraini, tra loro 9 bambini malati, sei necessitano di cure oncologiche, due con traumi da incidenti, uno è diabetico. Il più piccolo ha 2 anni, il più grande 17, tutti coi genitori. Facciamo colazione con loro all’area di servizio Marché a Bellinzona Sud.

Alla guida del bus c’è Eros Bellotti, è il secondo viaggio umanitario che organizza in poche settimane con la sua agenzia. «Lo facciamo col cuore, questi bambini hanno bisogno di un posto sicuro dove curarsi». Dal torpedone scendono un medico, due infermiere, un traduttore, due autisti. Tutti volontari. Sono partiti venerdì dal Ticino per Celestynów, in tutto 3’600 chilometri: «È stata un’esperienza bella e impegnativa, all’andata abbiamo tradotto dall’ucraino tutte la cartelle cliniche. Quando siamo arrivati al centro sportivo di Celestynów che accoglie i rifugiati, abbiamo incontrato i genitori, visitato i bambini per valutare il loro stato e decidere se potevano fare un viaggio di 20 ore. Tutto è andato bene», mi spiega il dott. Benedetto Zanetti, che è capoclinica all’istituto pediatrico della Svizzera italiana all’Eoc. «Nessuno di loro ha bisogno di terapie urgenti, ma dovranno affrontare un percorso di cure. Uno resterà in Ticino, gli altri andranno in altri ospedali».

Ogni trasferta costa sui 7mila franchi

Una striscia blu sul bus bianco recita ‘Humanitarian travel’. «Almeno alle dogane capiscono che portiamo al sicuro persone in fuga dalla guerra», mi spiega Lorenza della Bellotti viaggi, cuore di questi viaggi della speranza tra Ticino e Polonia sostenuti da privati, enti e fondazioni. «Ogni trasferta costa sui 7mila franchi e il carburante non è a buon mercato. Per ogni persona prepariamo un sacchetto col cibo. Facciamo del nostro meglio per farli sentire accolti». Pronto un terzo viaggio? «Sarebbe bello farne ancora uno».

Prima della partenza dal Ticino, Lorenza sa già chi saranno i rifugiati che porterà dalla Polonia e lo comunica alla Sem. In Polonia la persona di contatto è il sindaco di Celestynów che ‘smista’ i sempre più numerosi rifugiati. A fare da tramite c’è l’associazione ‘Amicizia dei popoli’, fondata nel 2016 da tre amiche residenti nel Luganese, che promuove la raccolta di beni e servizi di prima necessità per l’Ucraina e funge da punto di appoggio in Ticino, dando assistenza ai profughi in arrivo sia per le pratiche con le autorità sia per l’alloggio. «Il mio telefono non smette di squillare», mi dice Maya Budkova dell’associazione. C’è anche lei ad accogliere i tanti bambini malati del suo paese. «Siamo in contatto diretto col centro profughi di Celestynów e col sindaco della città». Anche in Ticino i problemi non mancano. «Chi arriva qui fatica a trovare alloggi da privati». Gli appartamenti vuoti non mancano, ma mancano le informazioni dalle autorità. «C’è chi attende per capire se e quanto lo Stato rimborserà». L’aiuto immediato va bene, ma non tutti possono permettersi di ospitare per mesi e mesi i rifugiati senza sapere quanto durerà e se ci sarà un aiuto statale.

Si sono fatte le 9.30, la colazione è finita e il bus riparte per il centro di registrazione di Chiasso, l’ennesima tappa di un lungo viaggio che speriamo porterà questi bambini verso una guarigione.

L’oncologo in pediatria

‘La difficoltà è reperire traduttori affidabili’

L’oncologia pediatrica si è organizzata a livello nazionale per assegnare i bambini ammalati che scappano dall’Ucraina all’ospedale elvetico più attrezzato per curare la loro patologia e organizzare la loro presa a carico nei dettagli. Non tutti gli ospedali curano tutto. «Stiamo curando sei bambini ucraini con patologie complesse, quattro di loro hanno un tumore, un paziente ha una grave insufficienza renale e uno con una cardiopatia complessa. I genitori sono ben informati sulle cure; la difficoltà è reperire interpreti affidabili, anche se il traduttore online aiuta», ci spiega il dottor Pierluigi Brazzola, caposervizio di oncologia pediatrica all’ospedale San Giovanni di Bellinzona.

Strutture universitarie quasi al limite

Ogni presa a carico va organizzata in anticipo e nel dettaglio nell’interesse dei bambini e del nosocomio che deve evitare di andare in tilt. «La Società svizzera di emato-oncologia pediatrica ha creato un team per l’Ucraina che si occupa dei bambini oncologici. Le richieste arrivano dalla Polonia o dalla Germania e tutto viene organizzato centralmente nei dettagli: il viaggio in aereo con l’assistenza di uno specialista, l’accoglienza medica all’aeroporto, il traduttore, la presa a carico del malato nell’ospedale più idoneo e l’ospitalità per i genitori. A Zurigo sono già stati ricoverati più di 40 bambini; e anche altre strutture ospedaliere universitarie sono quasi piene», precisa l’oncologo.

C’è tutta una rete che si attiva attorno all’ammalato e ai suoi cari. In Ticino ad esempio due famiglie con adolescenti ammalati sono ospitate e seguite da assistenti e volontari della Lega contro il cancro. «Quando il bambino ammalato arriva sappiamo già tutto, la diagnosi, quale trattamento stava facendo e a che punto è, così che possiamo aiutarlo al meglio». Ma non sempre va così. L’appello dell’oncologo va a chi organizza viaggi dall’estero: «Sono azioni molto lodevoli, ma prima di avventurarsi a portare in Ticino bambini ammalati consiglio vivamente di prendere contatto con la struttura sanitaria locale per verificare se c’è posto, se la struttura ticinese è la più idonea per il tipo di tumore, per organizzare alloggio, traduttore e rete di volontari. Il rischio è che il paziente non trovi le cure adeguate e debba essere di nuovo spostato. Vorremmo proprio evitarlo», conclude.

Lega cancro Ticino

‘Anticipiamo aiuti in attesa dello Stato’

La Lega contro il cancro è un partner importante anche nell’accoglienza di persone (adulti e bambini) ammalate di tumore in fuga dalla guerra in Ucraina. Almeno nelle prime settimane non si può certo lasciarli soli a districarsi tra questioni amministrative, cure, spostamenti in un Paese che non conoscono. La rete della Lega c’è. «Stiamo già sostenendo due famiglie ucraine con bambini ammalati di tumore. Ci hanno appena allertato per altre due nuove situazioni, sempre di minori, bisognosi di cure oncologiche», ci spiega Alba Masullo. La direttrice di Lega cancro Ticino precisa che gli aiuti da anticipare sono tanti. «Oltre a vitto, vestiti e trasporti (in parte gratuiti) servono un appartamento nelle vicinanze dell’ospedale, una persona che traduce. Gli assistenti sociali attivano gli aiuti sociali previsti dalle autorità, ma non sappiamo quando arriveranno, mentre i volontari si occupano di farli sentire accolti e seguiti anche per le cure», precisa la direttrice.

Per ora procede giorno per giorno. «Stiamo anticipando gli aiuti per il sostentamento confidando che presto le autorità chiariscano quali altri costi copriranno. Lo facciamo per permettere a chi arriva di concentrarsi sulle cure e non avere altri problemi», precisa.

Possiamo coprire le spese ma servono risposte: chi subentrerà e quando?

Le domande senza risposta sono tante: l’appartamento annunciato alle autorità e messo a disposizione gratuitamente da una volontaria dell’associazione per due famiglie sarà disponibile per tre mesi: scaduto il termine chi lo pagherà? Un’altra volontaria ha messo a disposizione un suo appartamento per un bambino arrivato lunedì con la mamma e un altro familiare. Passati i primi mesi potrà eventualmente stipulare un contratto e vedersi riconosciuta una entrata dalle autorità? E per il vitto di queste famiglie: chi se ne fa carico? «Stiamo ad esempio attivando Tavolino Magico per avere una tessera e dunque cibo per le famiglie che stiamo seguendo». Vanno a rilento le procedure per avere il permesso S e tutto quanto garantisce come diritti. Nel frattempo chi ospita i rifugiati deve farsi carico di molte spese. Se ci sono persone ammalate, i bisogni aumentano ulteriormente.

«Possiamo anticipare le spese di queste famiglie per qualche mese, ma serve una prospettiva per sapere nel medio e lungo termine chi subentrerà e quando lo farà, soprattutto se le situazioni da seguire – con sostentamento, vitto e presa in carico dal team– sono numerose».

Di recente la Catena della solidarietà ha raccolto milioni di franchi donati dai cittadini svizzeri in favore dell’Ucraina. «Abbiamo chiesto loro un sostegno per aiutare chi arriva qui ed è malato, ma questi progetti non rientrano nei loro attuali obiettivi».