La maggioranza commissionale respinge la proposta dei comunisti Ay e Ferrari. Critica anche sul controprogetto. Il dossier presto in Gran Consiglio
No all’esenzione dalle spese processuali. Aderendo al rapporto stilato dal liberale radicale Giorgio Galusero, la maggioranza della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ boccia la proposta di rendere gratuite per i consumatori – anche parzialmente gratuite – le vertenze giudiziarie da loro innescate. Dice pertanto niet all’iniziativa, depositata nel febbraio 2020, con la quale i deputati comunisti Massimiliano Ay e Lea Ferrari chiedono di inserire nella Legge cantonale sulla tariffa giudiziaria la disposizione secondo cui "Nelle procedure derivanti da contratti conclusi con consumatori (articolo 32 del Codice di procedura civile) fino a un valore litigioso di 30mila franchi non sono addossate spese processuali". Non solo. Plr, Lega e Udc ritengono che presenti "vari punti critici" anche il controprogetto suggerito dalla minoranza, con il rapporto del socialista Carlo Lepori, affinché i consumatori che considerano lesi i loro diritti siano dispensati dal pagamento delle spese perlomeno nelle procedure di conciliazione. Di seguito il testo confezionato da Ppd, Ps e Verdi: "Nelle procedure di conciliazione derivanti da contratti conclusi con consumatori (art. 32 Cpc) fino a un valore litigioso di 30mila franchi non sono addossate spese processuali". Sul dossier si esprimerà il plenum del Gran Consiglio nella sessione che si aprirà lunedì 14.
La Costituzione federale, scrivono i due parlamentari del Partito comunista nel motivare la modifica legislativa proposta, "garantisce, almeno sul piano formale, il principio dell’accessibilità alla giustizia". Tuttavia, rilevano Ay e Ferrari, "alla facoltà di far valere i propri diritti si frappongono nella pratica diversi ostacoli di ordine materiale, come la complessità, i tempi e i costi delle procedure". Un problema che "investe soprattutto i consumatori, che in quanto parte debole nel rapporto contrattuale possono trovarsi sovente scoraggiati a intentare una causa, addirittura in presenza di un vizio patente del bene acquistato". Per cercare allora "di arginare tale fenomeno di desistenza", il Cantone, annotano gli iniziativisti, "potrebbe sancire un principio di esenzione dalle spese processuali nelle procedure derivanti da contratti conclusi con consumatori". Ovvero quei contratti, indica l’articolo 32 del Codice di procedura civile, "su prestazioni di consumo corrente destinate al fabbisogno personale o familiare del consumatore e offerte dall’altra parte nell’ambito della sua attività professionale o commerciale". L’atto parlamentare di Ay e Ferrari trae spunto anche da quanto vige nei cantoni di Ginevra e Vaud, dove "non vengono accollate spese processuali per le procedure derivanti da contratti conclusi con consumatori, almeno entro una certa soglia". E a proposito di contratti e del campo di applicazione dell’iniziativa, "basti pensare ad apparecchi informatici, elettrodomestici, leasing ecc.", ricordano i due deputati.
La maggioranza della ‘Giustizia e diritti’ non condivide però l’iniziativa e sposa le tesi del Consiglio di Stato, contrario alla proposta di Ay e Ferrari. "Anche la persona più facoltosa del cantone che acquistasse ad esempio un veicolo di piccola cilindrata, una lavatrice o un altro apparecchio elettrodomestico di uso comune, potrebbe ritrovarsi, con l’accoglimento dell’iniziativa, automaticamente dispensato dai costi processuali", rileva Galusero nel rapporto in cui si invita il plenum del Gran Consiglio a respingere l’iniziativa parlamentare. La quale, stando sempre al relatore di maggioranza, "potrebbe anche agevolare persone che arrivano in Ticino e per qualsiasi motivo commerciale acquistano veicoli in leasing, si procurano carte di credito e accumulano debiti. La gratuità della procedura e l’assenza dell’obbligo di versare un anticipo non farebbe che favorirle: infatti aprire una causa permette di evitare un incasso forzato rinviandolo alla conclusione della vertenza con la conseguenza che le società creditrici si troverebbero poi a non poter più incassare nulla". Di più. "Già ora – continua il rapporto – l’autorità di conciliazione può rinunciare a prelevare la tassa nel caso di riuscita del tentativo di conciliazione". Senza poi dimenticare che "l’accessibilità alla giustizia dei consumatori meno abbienti è già tutelata con l’istituto del gratuito patrocinio, che oltre al requisito dell’indigenza, prevede quello della ragionevolezza o fondamento apparente della pretesa fatta valere". Sono in sostanza gli stessi motivi per i quali la maggioranza commissionale è critica pure sul controprogetto.
Il relatore di minoranza Lepori non si dà comunque per vinto, alla luce anche della presa di posizione dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana richiamata dal parlamentare socialista nel rapporto. In una lettera indirizzata nel giugno dello scorso anno alla commissione, l’Acsi "considera che l’iniziativa debba essere accettata in quanto porterebbe a un sicuro miglioramento per quanto concerne l’accesso alla giustizia di quei consumatori che vogliono e/o devono agire in giustizia per opporsi alle richieste illegittime provenienti dai propri partner contrattuali. Troppo spesso i consumatori non insistono quando si tratta di adire il tribunale competente, vuoi perché il valore di causa è di molto inferiore ai costi della giustizia, vuoi perché non potendo agire col mezzo dell’azione collettiva, non possono ‘suddividersi’ i costi fra di loro quando la parte convenuta è la medesima". Osserva Lepori da noi interpellato: «Il controprogetto che come minoranza proponiamo è un compromesso ragionevole e spero che il plenum del parlamento lo accolga. La gratuità della procedura di conciliazione entro il valore soglia di 30mila franchi permetterebbe al consumatore che si ritiene parte lesa di compiere un primo passo senza incorrere in spese giudiziarie: un primo passo che gli consentirebbe di capire meglio la situazione e di decidere con cognizione di causa se andare avanti o meno».