Al Palacongressi di Lugano stasera, alla Volkshaus di Zurigo domani, quarant’anni di ‘Su di noi’. Anzi, quarantadue
Presi dalla Pupomania che ha investito il Ticino tutto, parafrasiamo il ritornello di ‘Ciao’ per fare il titolo, anche se la canzone da parafrasare sarebbe ‘Su di noi’. Perché Enzo Ghinazzi in arte Pupo, nato settimino l’11 settembre del 1955 a Ponticino, nella splendida Valdarno (‘settimino’, ‘Ponticino’, ‘Pupo’, tutto quadra) sarà stasera al Palacongressi di Lugano per festeggiare i 40 anni di ‘Su di noi’, anni che al lordo dello stop pandemico sono diventati 42. Il concerto di Lugano, così come quello di domani alla Volkshaus di Zurigo, si estende al ricco parco-canzoni famose nel mondo e a un’esistenza, la sua, tanto ricca d’imprevisti che si vocifera di un film sulla sua vita bell’e che pronto. L’intervista è lunga, andiamo al sodo.
… e pensare che il nome Pupo ti stava tanto scomodo…
Sfido chiunque, quando hai diciott’anni, a cambiare il nome da Enzo in Pupo. Oggi sarebbe l’ultimo dei problemi, perché tutti hanno nomi improponibili. Solo una volta lo rinnegai, nel ’92 a Sanremo, quando mi presentai col mio nome all’anagrafe e mi accorsi subito, appena Pippo Baudo mi presentò come ‘Enzo Ghinazzi per la categoria dei Big’, che sulle facce degli spettatori in platea, mi si perdoni la schiettezza, si leggeva "ma questo chi c**** è?". Lì capii che avevo fatto la più grossa delle sciocchezze della mia vita. Lessi quell’eliminazione come un invito a riflettere, e a tornare in me stesso. E tornai Pupo.
Sanremo 1980: "Di Ghinazzi, Barabani, Milani: ‘Su di noi’. Canta Pupo"…
Arrivai a Sanremo già molto famoso, dopo singoli come ‘Ciao’, ‘Forse’ e ‘Gelato al cioccolato’, successi pazzeschi. Dico la verità: Gianni Ravera, che cercava di riportare i Big a Sanremo dopo che a fine anni settanta il Festival era caduto in disgrazia, mi pregò in ginocchio perché io partecipassi. In quel momento, per me, partecipare a Sanremo era una deminutio. Addirittura ricordo che pur di avermi, Ravera mi fece vedere la lista dei cantanti in gara chiedendomi se fossero di mio gradimento e se eventualmente ne volessi depennare alcuni. Io che depennavo qualcuno! Io che mi sono sempre e solo misurato con me stesso. C’erano Morandi, Ruggeri con i Decibel, c’era Toto Cutugno che ancora non era nessuno, un certo Enzo Malepasso, che diventò mio grande amico e che ora non c’è più. E presentava Benigni, che era un mio grandissimo amico. Se il Festival è ripartito lo si deve proprio all’edizione del 1980. Nell’81 scrissi ‘Sarà perché ti amo’ insieme a Dario Farina per i Ricchi e Poveri, e da lì il Festival è diventato sempre più grande.
A proposito di Benigni: in casa Ghinazzi c’era chi cantava insieme a lui…
Il mio babbo. Cantava con Benigni le ottave rime toscane, cose tipo "ai tempi che de’ Guelfi e Ghibellini/Repubblica a quei temi costumava/i Cortesi si battean con gli Aretini/Siena con le Maremme contrastava" (liberamente tratto dal poema di Giuseppe Moroni detto Il Niccheri dedicato a Pia de’ Tolomei, ndr). Il mio babbo era un postino ma aveva l’anima dell’artista. In famiglia, artisti lo siamo stati tutti.
Affettivamente parlando: ‘Gelato al cioccolato’ o ‘Su di noi’?
‘Gelato al cioccolato’ è una canzone simpatica. ‘Su di noi’ è di un altro livello, è una storia d’amore reale, vissuta insieme a Donatella Milani con la quale scrissi la canzone, insieme a Paolo Barabani. Al tempo c’era solidarietà, si firmava tutti anche se uno era autore del pezzo all’80%. Oggi vedo ragazzi che pur di racimolare 1/24 di Siae farebbero carte false. A Sanremo quest’anno c’erano testi meno lunghi delle liste degli autori. D’altra parte ora la torta è piccola. Nei miei anni un successo cambiava non solo la vita di noi stessi ma anche delle famiglie e delle generazioni a venire.
Io ho il singolo di ‘Su di noi’, ma nei miei ricordi d’infanzia c’è il singolo di ‘Ciao’ trovato in mezzo ai 45 giri heavy metal di un mio compagno di classe. Lui disse che il disco era di sua sorella ma nessuno gli credette. C’è qualcuno più trasversale di Pupo?
(Ride, ndr). Credo ci sia una motivo legato alle armonie e alle melodie. Ci sono formule ‘eterne’ che non vengono mai a noia e altre invece sì. Perché alcune cose di Vasco Rossi sono immortali? Perché hanno quel giro armonico rock-melodico che non passa mai di moda. Le mie canzoni, se ascoltate bene, hanno quelle soluzioni che ancora oggi usano i rockettari quando vogliono fare i melodici.
Il tuo nome è legato alla canzone melodica italiana, ma la tua è una vita da punk…
Lo dico quasi con amarezza, perché c’è poco da andarne fieri: io credo che molti punk una vita come la mia se la sognino. Credo che la gente non venga ai miei concerti solo per riascoltare quelle 7-8 canzoni di successo, ma anche perché interessata al racconto di una vita che è un percorso artistico, che dà un’emozione. È vero, sono caduto più volte e mi sono rialzato e difficilmente si trova qualcuno che riesca a tornare in condizioni economiche, professionali, di popolarità e sentimentali meglio di prima. È capitato a me forse perché avevo le spalle grosse per poter sopportare questa cosa. Se tornassi indietro e non mi garantissero questo finale, non accetterei mai di rivivere quello che ho vissuto, sarebbe troppo rischioso.
Com’è, in sostanza, finire all’Inferno e poi tornare indietro?
È un percorso quasi religioso, siddhartiano. Guardando indietro, mi rivedo sulle scalinate del tribunale di Arezzo alle 5 del mattino a guardare negli occhi gli avvoltoi che volevano comprare i miei beni all’asta. Ho fatto errori importanti, ho giocato d’azzardo perché nel Dna avevo la passione, o il vizio. L’ho dovuto dominare, e dominare se stessi non è semplice.
Il pubblico, comunque, non ti ha mai abbandonato. Forse nemmeno i cattolici malgrado la tua doppia relazione sentimentale, in leggero contrasto con alcune loro regole di base…
Il pubblico segue con passione da decenni serie tv come ‘Beautiful’ in cui ne succedono di tutti i colori, ha bisogno di personaggi che vadano in direzioni che non prenderebbe mai ma che tanto vorrebbe prendere. Dopo il periodo in cui ho rischiato l’oblìo, il pubblico deve aver capito di avere a che fare con una persona che voleva raccontarsi in maniera onesta, accettando tutte le conseguenze del caso. Mi hanno adottato come si adotta un figlio, e un figlio non lo puoi rinnegare, lo ami qualsiasi cosa faccia.
L’ultimo Pupo discografico è l’album ‘Porno contro amore’. Cito dalla traccia 1: "Non sono più capace di innamorarmi e di fare l’amore/Ma ho un disperato bisogno di sesso che devo sfogare". C’entra con le Iene e quel viaggio nella porno-valley?
No, non si tratta di amore soltanto fisico, ma di un bisogno. Io sono stato pornografico in tante mie azioni, e la pornografia non è soltanto quella legata al sesso: è televisiva, comportamentale, musicale. ‘Porno contro amore’ è bene contro male, e per fortuna l’amore, che fa meno rumore del male, è più numeroso. È come a poker: alla lunga vince sempre chi gioca meglio, non c’è fortuna che tenga, anche se per una volta può vincere anche chi non sa giocare.
L’Ucraina ti ha messo al bando: qual è il tuo punto di vista sul conflitto russo-ucraino?
Ho in quei paesi una parte importante della mia attività professionale ed è un problema. Sono stato in Crimea come giudice in una delle manifestazioni più importanti della tv russa, il Festival della Canzone di guerra, e l’ambasciata ucraina d’Italia ha comunicato al Ministero degli Esteri che non sono persona gradita per cose dette sulla storia della Crimea. Ho le mie idee in merito, ho conoscenze storico-politiche e non parlo per convenienza, perché so che il popolo ucraino mi ama. Ma credo che la Russia e Putin abbiano ragione da vendere, perché l’arroganza delle potenze occidentali è diventata insopportabile.
Ma la guerra alle porte?...
Non voglio la guerra, credo non la voglia nessuno e chi la vuole è un pazzo.
Su le mani
Biglietti su www.biglietteria.ch oppure a teatro la sera del concerto (info@dema-agency.ch).