Il responsabile del progetto Mattia Corti: ‘È lui ad alzarsi in volo quando le condizioni meteo non permettono all’elicottero di decollare’
Il ‘vestito’ è quello ufficiale. Bianco e rosso, come quello del... fratello maggiore. Ma le sue dimensioni sono decisamente più ridotte: 2,2 metri di lunghezza per 75 centimetri di altezza, contro i 12,96 m di lunghezza e i 3,40 m di altezza dell’AgustaWestland Da Vinci. Le misure sono quelle del drone della Rega, negli scorsi giorni protagonista di un... battesimo di fuoco sul Monte Gambarogno.
Ma cos’è il drone della Rega, e che missioni svolge? Domande che abbiamo girato a Mattia Corti, responsabile del ‘progetto drone’ della Rega.
«A questo progetto abbiamo iniziato a lavorare già quattro-cinque anni fa. Spesse volte le condizioni troppo avverse per consentire di volare ci costringevano a interrompere delle operazioni di ricerca, per non mettere a repentaglio la salute anche dell’equipaggio coinvolto nella missione. Così ci siamo messi a lavorare su un progetto che ci potesse garantire una capacità operativa continuata, anche in condizioni meteo particolari».
Quello impiegato come supporto ai pompieri impegnati a domare le fiamme sul Monte Gambarogno è dunque il frutto di anni e anni di ricerca e costante affinamento del progetto. Passato anche da una lunga selezione del modello più adatto alle esigenze della Rega. «Di prim’acchito abbiamo valutato i modelli in commercio, per capire se questi potessero essere adatti per i nostri scopi. E in particolare alla ricerca di persone in un’area di sedici chilometri quadrati, con l’obiettivo di riuscirci in due ore. Purtroppo, per un motivo o per un altro, sul mercato non abbiamo individuato un modello che fosse ideale per i nostri scopi. O perché di dimensioni e peso eccessivi (dagli 80 kg in su, per intenderci), o perché dotati di un sistema di pilotaggio per gran parte a ‘scatola chiusa’, quindi poco o per nulla adattabile alle nostre esigenze. Questo ci ha dunque orientati nell’altra direzione, ossia alla produzione in proprio di un modello, in collaborazione con uno dei partner esterni. Parallelamente abbiamo pure optato per perfezionare internamente l’unità di controllo da terra (la cosiddetta ‘Ground Control Station’). Una via sicuramente più impegnativa dal profilo dello studio, ma che, ora che è stata messa a punto, ci permette di pianificare in modo rapido e dettagliato il volo e nel contempo di poter presentare al pilota o all’operatore di tutti i dati di cui necessita per missioni come le nostre».
Ne è nato un mini elicottero a tutti gli effetti, con un rotore del diametro di due metri e venti centimetri, con propulsione a turbina, ed equipaggiato di sensori per la ricerca di persone. «Il principio è il medesimo che si ritrova a bordo dell’elicottero di soccorso vero e proprio della Rega: anche con il drone possiamo localizzare i telefoni cellulari, ovviamente con il permesso dell’Ufcom e su mandato delle polizie cantonali di competenza: per poter procedere alla ricerca con l’ausilio di questa tecnologia è infatti necessario che prima venga emesso un avviso ufficiale di persona dispersa».
Trattandosi di un progetto… pilota, occorre ovviamente un po’ di rodaggio: «Siamo ancora nella fase sperimentale: idealmente collauderemo il nostro sistema nell’ambito di interventi reali per il prossimo anno-anno e mezzo, con un picchetto in grado di garantire una copertura operativa 24 ore su 24. Ora come ora disponiamo di un drone sempre pronto a entrare in azione, più un secondo di riserva».
Dove è stazionato? «Non ha una sede fissa. Nel senso che l’apparecchio sta dove sta il pilota. Sono tre piloti e tre operatori attualmente abilitate a prendere i comandi del drone della Rega, per cui la sua sede è… itinerante in tutta la Svizzera, anche perché non possiamo prevedere dove sarà il suo prossimo impiego. Il nostro limite attuale è dato dal tempo di spostamento verso il posto da cui dare avvio alla ricerca vera e propria; l’obiettivo è di validare il sistema in condizioni reali, prima di ampliare la nostra ‘flotta droni’. Quando le condizioni meteo lo consentono, sarà sempre l’elicottero ad andare in missione – vista la sua maggiore tempestività nel raggiungere la zona d’intervento e il suo raggio di copertura più esteso –, ma in caso di maltempo, nebbia o altro, la stessa sarà affidata al drone».
Il drone però, ovviamente, non si occupa del soccorso vero e proprio alla persona: «Ovviamente no: con il drone effettuiamo solo le operazioni di ricerca. Poi, una volta localizzata la persona, tramite il Soccorso Alpino Svizzero inviamo una squadra via terra, o se possibile, l’elicottero di salvataggio».
L’‘equipaggio’ del drone è formato sostanzialmente da due persone: un pilota e un operatore. Il primo si occupa principalmente della fase preparatoria al volo e al decollo (manuale) del drone fino a una quota di 60 m, dopodiché i comandi passano all’operatore, a cui compete la vera e propria ricerca, seguendo un piano di volo. Parallelamente, durante il volo il pilota si assicura che i parametri del drone siano sempre nella norma, e in caso di imprevisti assume il controllo e allerta l’operatore. A quest’ultimo compete poi tutta la questione ‘amministrativa’ che precede il decollo, che va dalla presa di contatto con le varie autorità e i partner coinvolti nell’intervento (polizia, soccorso alpino) all’allestimento di un piano di volo vero e proprio. Di modo che, una volta raggiunto il posto da cui dirigere le operazioni, in un quarto d’ora il drone possa prendere il volo.
In volo sopra il rogo del Monte Gambarogno
L’impiego pratico nell’incendio sul Monte Gambarogno è stata una prima assoluta in questo genere di utilizzo per il drone della Rega. «Era da circa un anno che eravamo in contatto con la Federazione Pompieri Ticino, in particolare per cercare di capire che apporto avremmo potuto dare con il drone in caso di incendio. E il rogo sul Monte Gambarogno ci ha dato la possibilità di provare in presa diretta questo genere di impiego. Grazie a una lieve modifica, già studiata in precedenza, è stato possibile sfruttare il sistema di videocamere per la ricerca delle persone a terra di cui è dotato il drone per la ricerca automatica dei focolai nascosti, anche di quelli non percepibili a occhio nudo. Da qui è appunto stata ricavata una cartina con riportati i punti più caldi, dove cioè i pompieri avrebbero dovuto concentrare la loro azione affinché il rogo non riprendesse vigore. Quello del Monte Gambarogno è stato il primo volo del drone Rega sopra un incendio in condizioni reali, un primo volo che ci permetterà, una volta espletato il debriefing con i pompieri, di definire i punti che andranno affinati».
Caratteristiche tecniche del drone Rega