Svizzera

Da ‘no-vax’ a ‘no-media’, il passo è breve

Chi sta dietro il referendum contro gli aiuti ai media? Contiguità di pensiero (e non solo) tra paladini dei ‘media indipendenti’ e coronascettici

Si vota domenica 13, siamo alla volata finale
(Keystone)
8 febbraio 2022
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8 gennaio 2022: per le strade del centro di Zurigo sfilano più di mille persone contrarie alle misure anti-Covid. Ci sono anche decine di ‘Freiheitstrychler’ con i loro campanacci. I manifestanti inneggiano alla “libertà”, urlano contro le autorità, denunciano “le misure inutili”, mettono in guardia “contro la vaccinazione obbligatoria”. E se la prendono con “i media finanziati dallo Stato”. “Niente soldi delle imposte per la propaganda nazista. No alla legge sui media”, sta scritto su un cartello.

Da ‘no-vax’ a ‘no-media’, il passo è breve. C’è una contiguità di pensiero tra i ‘coronascettici’ che da parecchi mesi scendono in piazza per condannare il presunto obbligo vaccinale e coloro che oggi sparano a zero sul pacchetto di aiuti ai media in votazione tra pochi giorni. Negli ultimi due anni restrizioni, divieti e chiusure hanno fatto affiorare e poi esacerbato frustrazioni e riflessi anti-autoritari ben radicati anche nella società svizzera. A tratti la contestazione, dalle piazze ai social network, ha assunto toni virulenti. Bersaglio privilegiato, il Consiglio federale. Ma anche il cosiddetto ‘quarto potere’ è finito nel mirino di ‘no-vax’, ‘no-pass’, ‘no-mask’ e via dicendo. “Che i media siano manovrati da oscuri poteri, è una solida credenza nel campo dei cospirazionisti del coronavirus”, scrive la ‘Wochenzeitung’.

Amici della Costituzione, Mass-Voll e Alleanza d’azione dei cantoni primitivi sono usciti con le ossa rotte dalla seconda votazione sulla legge Covid a fine novembre. Adesso sentono il terreno sul quale hanno prosperato negli ultimi tempi franare sotto i piedi: la fase pandemica pare volgere al termine; e la revoca delle misure anti-Covid dovrebbe essere questione di settimane, se non di giorni. Alcuni di loro (Amici della Costituzione, Mass-Voll) sono in preda a conflitti interni e perdono pezzi; la neonata Aufrecht Schweiz tenta un difficile balzo alla politica istituzionale, presentando candidati alle elezioni comunali zurighesi e alle ‘cantonali’ a Nidvaldo e Berna. I principali gruppi e gruppuscoli dei ‘coronascettici’ vivono un momento delicato: anche per questo, al di là di qualche sporadico intervento, non si sono fatti notare nella combattuta campagna in corso tra fautori della ‘libertà d’opinione’ e fustigatori dei ‘media di Stato’.

Gli intrecci

Eppure tra loro e il comitato ‘No ai media finanziati dallo Stato’ c’è più di una semplice contiguità di pensiero. Sono stati gli Amici della Costituzione ad annunciare per primi, nel maggio del 2021, il lancio di un referendum contro il pacchetto che sarebbe stato approvato di lì a poco dal Parlamento. Nei mesi successivi, gli ‘Amici’ e altri gruppi più o meno rappresentativi di coronascettici raccoglieranno oltre 50mila firme, stando a ‘Republik’. Più del doppio (113mila) verranno consegnate alla Cancelleria federale dal comitato ‘No a media finanziati dallo Stato’, che a fine giugno aveva lanciato ufficialmente il referendum.

Il comitato – nel quale siede il co-presidente Mass-Voll Nicolas Rimoldi, tra i più attivi nella prima fase delle proteste anti-Covid – è un’invenzione di tre persone: il 67enne Bruno Hug, un editore ‘self-made man’; il 51enne Philipp Gut, per 13 anni – fino al dicembre 2019 – giornalista del settimanale di destra ‘Weltwoche’ e ormai specialista in comunicazione nonché editore dell’‘Umwelt Zeitung’; e il 66enne sangallese Peter Weigelt, 65enne ex consigliere nazionale Plr (1995-2006), anch’egli editore ed ex giornalista.

I tre hanno subito ricevuto man forte da una settantina di parlamentari ed ex parlamentari dei partiti borghesi. Per il ‘no’ si sono schierati alla spicciolata influenti consiglieri nazionali e ‘senatori’ di Udc (il presidente Marco Chiesa, Gregor Rutz, l’indipendente Thomas Minder, Roger Köppel, Franz Grüter ecc.), Plr (il presidente Thierry Burkart, Ruedi Noser, Marcel Dobler, Christian Wasserfallen, Jacqueline De Quattro ecc.) e Alleanza del Centro (Benedikt Würth, Philipp Kutter, Fabio Regazzi e Marco Romano, quest’ultimo membro di comitato della ‘Azione per la libertà dei media’, che negli ultimi anni per bocca di parlamentari come Nathalie Rickli, Gregor Rutz e Christian Wasserfallen non hanno mancato occasione per attaccare la Ssr). Della partita sono anche noti giornalisti vicini alla destra (lo stesso editore della ‘Weltwoche’ Roger Köppel, Alex Baur, Markus Somm, Peter Morf), così come editori della stampa gratuita e finanziatori di media che gravitano in quest’orbita politica. Ai vertici del comitato referendario troviamo ad esempio vecchi amici di Weigelt, come il banchiere Konrad Hummler, l’imprenditore Giorgio Behr o il giornalista Stefan Milius, giornalista del portale online ‘Die Ostschweiz’ di proprietà dello stesso Weigelt.

Scrive la ‘Nzz am Sonntag’: “Sono spesso le stesse persone, che ultimamente si sono associate anche in organizzazioni come Autonomiesuisse, Kompass Europa o Nebelspalter: senza patria politici tra il Plr e l’Udc. È una rete che è diventata nuovamente più forte da quando l’Udc, nell’era post-Blocher, e il Plr, in generale, cercano la loro posizione. La rete è estesa, con buone disponibilità finanziarie: in poche settimane il finanziamento del referendum era garantito”. E per i promotori del referendum, osserva la ‘Wochenzeitung’, “non si tratta soltanto del principio liberale secondo cui lo stato non deve sovvenzionare i media, bensì anche dei propri interessi finanziari e politici”.

Un trio

È stato Bruno Hug a dare il la, raccontano ‘Republik’ e ‘Wochenzeitung’. Ingegnere di formazione, il sangallese si è fatto da solo come editore. A 22 anni comincia a vendere inserzioni per conto della Nord-Ost Verlag di Wil. Tre anni dopo fonda il suo primo giornale gratuito: l’‘Uster Nachrichten’. Seguiranno altre testate (‘Obersee Nachrichten’; ‘Persönlich’, poi persönlich.com) e l’agenzia di comunicazione Denon. Adesso si scaglia contro i monopolisti del settore. Ma alla fine degli anni 90 non ha esitato a vendere i ‘gratuiti’ a Somedia. ‘Persönlich’ e Denon li ha ceduti invece a Publigroupe. Co-fondatore e co-proprietario della nota catena di pizzerie ‘Dieci’, oggi proprietario di Portal24, che gestisce una piattaforma di 17 portali online locali, Hug è rimasto fino al 2018 editore e caporedattore dell’‘Obersee Nachrichten’: dalle colonne del gratuito, usato anche per promuovere la sua candidatura a sindaco di Rapperswil, si è scagliato per anni con articoli controversi (forieri di grane legali) contro le autorità tutorie regionali.

Hug e Gut si incontrano nell’estate del 2020. Già allora parlano della futura legge sui media, che a quel momento ha vita dura in Parlamento. Il secondo ha lasciato la ‘Weltwoche’ da alcuni mesi. Nel frattempo ha fondato la sua agenzia di comunicazione. Questa – riferisce ‘Republik’, citando persone vicine all’ex giornalista – offre consulenza agli inesperti coronascettici, piazza per loro contenuti in esclusiva su diverse testate e riceve mandati dal segretariato generale dell’Udc e del Plr. È stato Gut, tra l’altro, a ‘scoprire’ e a rispolverare a fine 2021 il video, girato oltre un anno fa, in cui il Ceo di Ringier Marc Walder – favorevole al pacchetto di aiuti ai media – affermava di voler sostenere il Consiglio federale nella gestione della pandemia. Il tanto vituperato video è diventato uno dei cavalli di battaglia del comitato per il ‘no’, che vi vede confermate le sue tesi sulla mancanza di indipendenza delle testate che ricevono sovvenzioni.

L’amico banchiere

Un salto indietro: al giugno dello scorso anno, quando il pacchetto di aiuti ai media sta per essere confezionato in Parlamento. La campagna referendaria è dietro l’angolo. Hug e Gut contattano Peter Weigelt: è lui l’anello mancante.

Il sangallese conosce bene sia il mondo dei media, sia la Berna federale. Appassionato di caccia, è un ex politico ed ex giornalista, ha fondato o promosso progetti editoriali più o meno fortunati, è stato proprietario dell’agenzia di public relations Mediapolis. Dagli anni 80 Weigelt si è reso protagonista di un paio di avventure politico-editoriali assieme al suo amico Konrad Hummler, banchiere multimilionario oggi a capo del Cda della rivista satirica ‘Nebelspalter’ (il cui caporedattore è Markus Somm, ex direttore ed editore della ‘Basler Zeitung’ nonché biografo di Christoph Blocher): la ‘Aktion für freie Meinungsbildung’ (Azione per la libera formazione dell’opinione), che durante la Guerra fredda con regolari, provocatorie inserzioni nei quotidiani attaccava – in chiave nazionalista e anti-comunista – obiettori di coscienza, stranieri e Comunità europea; e un’iniziativa popolare per abolire il canone radiotelevisivo, abortita nel 1994 allo stadio della raccolta delle firme.

Il milionario Weigelt oggi è uno degli otto investitori (sugli altri sette, interpellato da ‘Republik’, tace) del portale online ‘Die Ostschweiz’, di cui è pure presidente del Cda. Durante la pandemia il portale ha ospitato numerosi – e ben cliccati – contributi redatti da oppositori delle misure anti-Covid. In uno di questi, la politica del Consiglio federale in materia di vaccinazioni viene paragonata a un tentativo di genocidio. Weigelt è costretto a scusarsi pubblicamente. Alla fine del 2021 il Cda, assieme alla redazione, decide di “chiudere a chiave” il tema coronavirus. Meglio non parlarne. Anche perché nel frattempo un nuovo nemico era già stato trovato: dallo Stato ai ‘media finanziati dallo Stato’, il passo è breve.

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