Bellinzonese

Disturbare il gipeto mette a rischio la covata

Un drone in una località delle Tre Valli ha provocato l’abbandono temporaneo del nido. Roberto Lardelli di Ficedula: ‘Lasciamo tranquilli questi uccelli’

Il grande avvoltoio delle Alpi (foto: Ficedula)
10 febbraio 2022
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Anche quest’anno il tentativo di nidificazione in Ticino del gipeto rischia di fallire. E questo in particolare a causa «del disturbo da parte dell’essere umano», precisa a ‘laRegione’ Roberto Lardelli, presidente di Ficedula, l’Associazione per lo studio e la conservazione degli uccelli della Svizzera italiana. Alla fine di gennaio il volo ripetuto di un drone in una località delle Tre Valli ha infatti provocato l’abbandono temporaneo del nido per almeno due volte: «Se la femmina in cova lascia il nido perché si sente minacciata, l’uovo rischia di raffreddarsi e in tal caso la covata è persa», spiega Lardelli. Ficedula ha quindi deciso di lanciare un appello alla popolazione e in particolare a chi utilizza questi velivoli telecomandati: «Chiediamo di lasciare tranquilli questi uccelli, stando a distanza dalle pareti rocciose, dove nidificano».

Un primo tentativo di riproduzione è sfumato nel 2021

Per molti anni in Ticino non è più stato possibile osservare questo grande avvoltoio. Un ultimo esemplare, una giovane femmina, era stato catturato e ucciso nel 1869. Poi, grazie a un progetto di reintroduzione iniziato negli anni 80, il gipeto ha ricominciato a nidificare sulle Alpi 25 anni fa, ma non in Ticino. Nel cantone solamente nel 2021 è stato nuovamente osservato un nido. Ma purtroppo la covata non è andata a buon fine: «Al disturbo provocato dall’essere umano si è aggiunta una situazione meteorologica estrema», rileva Lardelli. «Più precisamente una nevicata straordinaria ha coperto abbondantemente il nido, facendo sfumare il tentativo di riproduzione». La speranza è quindi che questa sia la volta buona per un evento che in Ticino manca da oltre 150 anni.

Diversi altri esemplari nei cieli ticinesi

Il presidente di Ficedula non esclude che vi siano già altri nidi di gipeto sul territorio, che si stanno peraltro minuziosamente cercando. Di certo vi è il fatto che nei cieli ticinesi volano diversi altri esemplari di questo avvoltoio. Tuttavia, una parte di questi non ha ancora raggiunto la maturità sessuale, ovvero i sette anni. Visto che vivono fino a 25 anni, vi è però ancora tempo per vedere moltiplicarsi questo uccello raro. In questo senso Lardelli spera che il prossimo nido sarà localizzato nel Locarnese: «Si tratterebbe di una sorta di ritorno a casa, visto che gli ultimi individui dell’Ottocento furono osservati in val Lavizzara».

Possibili conseguenze legali

In ogni caso non è facile trovare i nidi, essendo costruiti su pareti rocciose verticali, in zone impervie. Il volo ripetuto di un drone nelle Tre Valli è infatti stato osservato e segnalato da una persona che da mesi sta seguendo la nidificazione. «Si tratta dell’unico nido conosciuto e osservabile da un punto che si trova a oltre un chilometro di distanza». Resta il fatto che con i droni è oggi possibile raggiungere anche zone difficilmente accessibili. In questo caso specifico si suppone che l’intenzione di chi stava pilotando questo velivolo fosse quella di scattare foto del territorio, o magari anche del gipeto visto che le immagini di questa specie in Ticino non sono numerose. Lardelli ricorda tuttavia che se quest’ultima fosse la spiegazione un simile atteggiamento può essere considerato un reato. Infatti, stando alla legge federale sulla caccia, la protezione dei mammiferi e degli uccelli selvatici, è perseguibile penalmente chiunque, intenzionalmente e senza autorizzazione, “disturba uccelli che covano”. «Non criminalizziamo chi utilizza questi apparecchi, talvolta necessari, ma invitiamo allo stesso tempo a usare prudenza per evitare che, nel caso di cui si discute, si perda la covata anche quest’anno». Infatti «il drone viene riconosciuto come una minaccia che fa quindi lasciare il nido a questi volatili, con il rischio del fallimento della nidificazione». Ovviamente questi velivoli non disturbano solo i gipeti, ma anche tutti gli altri uccelli e la fauna in generale: «Se si perde una covata di una specie comune è grave ma per il gipeto è un problema ancora maggiore perché si tratta di una specie particolarmente rara che tenta di reinsediarsi».

‘Contiamo sulla crescita della sensibilità’

Oltre ai droni, anche gli escursionisti oppure chi vola con un deltaplano, un parapendio o altri velivoli può recare disturbo a questi animali. Ma «non si può impedire alle persone di muoversi sul territorio: Ficedula è impegnata perciò nell’opera di sensibilizzazione cosicché uomo e natura possano convivere senza troppi problemi», sottolinea Lardelli, ricordando che di recente è stata allestita una rete di zone di quiete per tutelare le regioni e gli habitat più pregiati. Ma non sarebbe utile segnalare la presenza del gipeto in determinate zone? «Il rischio è che si generi una dinamica opposta: invece che proteggerli, almeno in questa fase si potrebbe aumentare ulteriormente il disturbo. Contiamo sulla crescita della sensibilità», spiega il presidente di Ficedula.

La rivalità con l’aquila

Per potersi insediare il gipeto deve anche confrontarsi con l’aquila: «Le due specie tentano infatti di rubarsi i nidi a vicenda». Tuttavia questo non rappresenta un grande problema, visto che «spesso vince il gipeto: anche se non ha una zampa ugualmente artigliata, è più grosso e inoltre utilizza rami o pezzi di legno per tenere a distanza la specie rivale». Un problema lo potrebbero invece rappresentare le pale eoliche: stando a uno studio dell’Università di Berna il 77% dell’habitat del gipeto in Svizzera presenta un potenziale rischio di collisione tra il volatile e una ipotetica centrale eolica.

L’ultimo anello della catena di riciclaggio delle carcasse

Ma perché è importante la presenza del gipeto nei cieli ticinesi? «È un elemento della nostra fauna che ha una funzione ecologica ben precisa: è l’ultimo anello della catena di riciclaggio delle carcasse», sottolinea Lardelli. Il gipeto si nutre quasi esclusivamente di ossa di animali uccisi ad esempio dalle valanghe. «Gli agricoltori non devono dunque preoccuparsi della sua presenza. Per troppo tempo ha subito persecuzioni a causa di pregiudizi, da qui il nome ‘Avvoltoio degli agnelli’».

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