Il cantautore statunitense vuole ritirarsi dalla piattaforma di streaming a causa del controverso podcast di Joe Rogan
Neil Young e Joe Rogan: due nomi che non ti aspetti di trovare, nello stesso articolo. Da una parte uno dei grandi nomi della scena musicale americana con una carriera che dura da cinquant’anni; dall’altra un comico e ‘podcaster’ statunitense che dagli anni Novanta si è fatto un nome soprattutto negli ambienti “alternativi” e anticonformisti, guadagnando ulteriore popolarità legandosi ai movimenti antivaccinisti e negazionisti del Covid.
È Spotify a unire, o meglio a dividere, queste due figure del mondo dello spettacolo statunitense. La piattaforma di streaming audio ha infatti nella sua ricca offerta sia la musica di Neil Young, sia lo show ‘The Joe Rogan Experience’, ottenuto in esclusiva con un accordo pluriennale (pare) di cento milioni di dollari. Ma “possono avere Rogan oppure Young, non entrambi” ha scritto il cantautore in una lettera aperta ai suoi manager, denunciando la presenza di notizie false e pericolose sul Covid e i vaccini nel podcast di Joe Rogan. È il suo show che, in una recente intervista con il dottor Robert Malone, ha reso popolare l’idea che la pandemia sia in realtà una psicosi di massa indotta dai media ipnotizzando la popolazione. “Faccio questo – ha scritto Young – perché Spotify sta diffondendo false informazioni sui vaccini causando potenzialmente la morte di coloro che credono a quella disinformazione”.
‘The Joe Rogan Experience’ è molto probabilmente il podcast più seguito al mondo ed esercita un’enorme influenza. Spotify, si legge nella lettera di Young, “ha il dovere di mitigare la diffusione della disinformazione sulla sua piattaforma, anche se la società attualmente non ha un regolamento sulla disinformazione”. Il riferimento qui è a YouTube che ha implementato varie misure per contrastare la diffusione di notizie false e pericolose. Misure che hanno portato alla rimozione dalla piattaforma proprio di una puntata dello show di Joe Rogan. La rimozione di contenuti, così come la sospensione di account e messaggi di avviso – provvedimenti introdotti non solo da YouTube ma anche da Twitter e da Facebook – hanno ovviamente portato a numerose critiche sul potere mediatico detenuto da queste piattaforme. Oltre a critiche sulla reale efficacia di queste misure: forse qualcuno sarà messo in guardia da un asettico avviso che invita a rivolgersi a fonti ufficiali per avere informazioni sui vaccini e la pandemia, ma chi ha già poca fiducia nelle autorità (sanitarie e politiche) potrebbe convincersi ancora di più di un grande complotto che vuol mettere a tacere le verità scomode.
Questa iniziativa di Neil Young, se effettivamente porterà alla rimozione della sua musica da Spotify, dovrebbe in parte sfuggire a queste critiche, dal momento che si tratta dell’iniziativa personale di un artista evidentemente convinto che servizi come Spotify non siano piattaforme neutre ma abbiamo delle responsabilità. E se Young, anni fa, aveva già lasciato Spotify per la scarsa qualità dell’audio rassegnandosi poi a tornare dove la gente ascolta musica, adesso la questione pare più seria.
La lettera di Neil Young era indirizzata al suo manager Frank Gironda e a Tom Corson, copresidente e direttore operativo della Warner Records. Gironda ha confermato l’autenticità della lettera precisando che “è qualcosa che è molto importante per Neil: è molto arrabbiato. Stiamo cercando di capire cosa fare”.
Young non è il primo a puntare il dito contro Spotify per lo show di Joe Rogan. Lo scorso mese, circa 270 tra dottori, scienziati e addetti del settore sanitario hanno sottoscritto una lettera aperta affinché ci sia più controllo sulle false informazioni intorno alla pandemia. Spotify al momento non ha rilasciato alcuna dichiarazione.