Il presidente granata e consigliere comunale di Bellinzona a ruota libera dopo la lunga assenza causata dall’emorragia cerebrale seguita dalla terapia
«Sto lentamente tornando alla normalità, che non sarà più quella di prima e che giocoforza mi porterà a rivedere le priorità». A quattro mesi esatti dall’emorragia cerebrale che lo ha portato a un passo dalla morte, Paolo Righetti, Pol per gli amici e per il popolo granata, il 24 dicembre è tornato nella sua casa di Bellinzona insieme alla compagna Cinzia Corda e alla loro figlioletta Tara di due anni e mezzo. Il presidente dell’Associazione Calcio Bellinzona e consigliere comunale Plr ha subìto due delicati interventi alla testa e dopo l’ospedale Civico di Lugano ha trascorso tre mesi alla Clinica Hildebrand di Brissago «dove la riabilitazione si è rivelata da subito un percorso intenso che ha sollecitato le mie risorse con il chiaro obiettivo di riprendere possesso, il più possibile, della mia autonomia. Ci sto pian piano riuscendo. Ora la terapia prosegue in regime di day hospital sempre a Brissago e credo che saranno necessari ancora diversi mesi per raggiungere una completa riabilitazione. Che raggiungerò, ne sono certo, lo voglio. Arriverà allora il tempo di riflettere sul mio futuro, con la premessa che nessuno è indispensabile».
Se oggi Paolo Righetti accetta d’incontrare la redazione della ‘Regione’ lo fa per parlare della sua rinascita. Sorride quando spiega che ha perso qualche chiletto, che riesce a «parlare abbastanza bene e a capire tutto», mentre al momento fatica ancora un po’ a leggere e ad approcciare la vista agli spazi esterni e luminosi. «Ho imparato – attacca – a sdrammatizzare e a relativizzare i problemi secondari, a non vedere nero e ad avere la battuta pronta. Anche perché mi considero un miracolato! I medici mi hanno infatti spiegato che nelle mie condizioni, nonostante la giovane età di 43 anni, se la cava solo una persona su cinque, se presa in tempo. Perciò, eccomi qua a guardare avanti con fiducia». Il pensiero di gratitudine corre poi «a tutti coloro, e sono tantissimi, che in questo difficile lasso di tempo, durante il quale ho vissuto in una bolla sospendendo ogni contatto esterno, mi hanno espresso il loro sostegno. Purtroppo essendo stato un po’ fuori gioco e totalmente sconnesso dal mondo senza cellulare e posta elettronica, non ho potuto rispondere alle centinaia di e-mail e messaggi inviatimi. Ma ho percepito un’incredibile vicinanza che mi ha dato la carica».
A proposito di vicinanza, quella dimostrata dai familiari «ha giocato un ruolo fondamentale. A cominciare dalla mia compagna. Quando quella mattina di fine agosto si è accorta che stavo male ed ero sconclusionato parlandole in dialetto mentre di solito con lei dialogo in italiano, la sua reazione immediata è stata decisiva per la mia sopravvivenza. Dopo due ore ero già sotto i ferri. Sono seguiti mesi molto difficili per lei. Ha tenuto duro quando era invece facile scoraggiarsi. Infatti durante le prime settimane di ricovero non sapevo nemmeno dove mi trovassi e cosa mi fosse capitato. Hanno reagito con forza i miei genitori e mia sorella, con i quali la ‘normalità degli affetti’ che c’è in ogni buona famiglia è stata travolta da ‘qualcosa’ che ha reso importante dimostrare quell’affetto anche con piccoli gesti concreti, quelli che nel tempo si tende un po’ a tralasciare. Da loro mi sono sentito dire che forse non sarei tornato quello che ero prima, ma migliore. Tutto questo mi ha spronato a credere in me stesso. E no, non ho mai temuto di non farcela. Anche perché ho subito capito che i medici e i terapisti non erano lì ‘tanto per’, ma lavoravano con me e lo facevano molto bene».
Febbraio 2020: Paolo Righetti col vice Flavio Facchin alla consegna ufficiale delle nuove maglie Acb Settore giovanile (Ti-Press)
Lo sguardo si sposta inevitabilmente sul suo ‘essere Paolo Righetti’ prima e dopo l’emorragia cerebrale: «Mi ritengo una persona alla vecchia maniera. Sono sempre stato un bellinzonese che vuole poter dare e fare qualcosa di concreto per la propria città. Ecco perché ho dato anima e corpo all’Acb, dapprima per dodici anni come responsabile delle giovanili e negli ultimi otto come presidente». Sentirsi parte trainante di quel contesto calcistico che ha portato in alto il nome di Bellinzona durante l’ultimo secolo e che dal 2013 cerca un riscatto dopo le difficoltà subentrate col fallimento, «è e rimane una missione. Fino alla scorsa estate la salute mi ha sempre permesso di ‘stare sul pezzo’ anima e corpo. Di spingere per superare le avversità. Mi ritenevo uno di quelli a cui non può capitare nulla di negativo. Ora valuterò cosa fare. Cosa implicherebbe per me proseguire con la presidenza. O se non sia preferibile un ruolo più defilato. Di sicuro la scala delle priorità è cambiata, la salute richiede attenzione e soprattutto desidero dedicare più tempo agli affetti e alla famiglia, senza tuttavia rintanarmi in casa. Come detto, al momento opportuno farò le mie valutazioni considerando anche l’assetto societario che è radicalmente cambiato con l’entrata in scena, lo scorso luglio, della Supergoal Sa il cui apporto mi auguro possa contribuire a consolidare la squadra dal profilo sportivo e finanziario dopo il lungo e stressante periodo durante il quale ci siamo fatti in quattro mirando all’obiettivo, tutt’oggi confermato, di tornare in Challenge League». Lo stress accumulato così a lungo, chiediamo, può avere inciso pesantemente sulla salute? «Può logicamente avere influito, sebbene il problema principale sia genetico». Quanto alla promozione, «attendiamo di vedere se il Breitenrain primo in classifica con zero sconfitte riuscirà a trovare una soluzione logistica confacente per il suo stadio», in assenza della quale l’Acb, attualmente seconda, potrebbe forse beneficiare di una corsia preferenziale. «Una promozione sarebbe il coronamento di un percorso cominciato dal basso con tanta umiltà e fatto tutto in salita, ciò che per quanto mi riguarda chiuderebbe il cerchio di un’esperienza incredibilmente intensa e impegnativa sotto più punti di vista».
Quindi la politica attiva: «Come il calcio, fa parte di quel ‘sentirmi bellinzonese’ e mettermi a disposizione. Non vorrei rinunciarvi. Presiedere la Commissione della legislazione in Consiglio comunale, dove siedo dal 2015, valorizza quanto ho appreso lavorando nella Segreteria del Gran Consiglio. È un ambito interessantissimo. Deciderò a tempo debito, se proseguire o rinunciare». Molto dipenderà anche dai tempi di recupero della completa capacità di leggere e parlare, sulla quale come detto sta lavorando nell’ambito della terapia: «In questo senso, confido che raccontare agli amici quanto capitatomi potrà aiutarmi. Di sicuro non mi annoierò! E d’altronde, è così bello poter essere ancora qui a parlarne».