L’edificio per gli Istituti di ricerca scientifica a Bellinzona sarà ufficialmente inaugurato sabato. Intanto si sta già pensando a una struttura gemella
Sarà inaugurata ufficialmente sabato 26 novembre, ma la nuova sede degli Istituti di ricerca scientifica (Irb, Ior ed Eoc) a Bellinzona è già praticamente attiva al 100% e pure già piena. «Già ora non c’è abbastanza spazio per tutti», ha affermato il presidente dell’Istituto oncologico di ricerca Franco Cavalli durante un incontro con i media. Tuttavia, «sono fiducioso che riusciremo a realizzare un edificio gemello» sullo stesso terreno dell’attuale stabile, anche se «siamo solo all’inizio di questo processo». Dal canto suo il presidente dell’Istituto di ricerca in biomedicina Gabriele Gendotti ha sottolineato di essere «fiero di quanto ottenuto in questi anni: siamo già ora un polo di ricerca riconosciuto e prestigioso sia a livello nazionale, sia internazionale».
Tra studenti, ricercatori, tecnici e amministratori, oggi nella nuova sede degli Istituti di ricerca scientifica in via Chiesa lavorano già circa 250 persone provenienti da tutto il mondo. E infatti la lingua ufficiale che si parla nell’edificio è l’inglese. Entrando nello stabile alto due piani ci si ritrova in un ampio atrio, nel quale si osserva un viavai di gente indaffarata. Al pianterreno si trova da un lato la parte amministrativa (con ad esempio la ricezione), una caffetteria e una sala conferenze. Nell’altra ala si trovano invece macchinari avanzati e molto costosi che vengono condivisi dai vari istituti presenti, ottimizzando così le risorse. Al primo e al secondo piano si trovano invece in particolare tutti i laboratori. Oltre a ciò vi sono anche gli uffici delle direzioni e dei responsabili dei gruppi di ricerca, così come altre sale conferenze. Avere gli uffici dei dirigenti allo stesso piano dei ricercatori (nella sede precedente non era così) permette ai responsabili di essere ancora più vicini ai collaboratori, migliorando ulteriormente i rapporti e le sinergie. I laboratori sono ovviamente colmi di strumenti, come computer, microscopi, incubatori, fiale e provette dove ricercatori con camici bianchi preparano ad esempio campioni di cellule o Dna che verranno poi in parte analizzati con la strumentazione avanzata (gestita da appositi tecnici) al pianterreno e poi nuovamente studiati in laboratorio. A disposizione dei ricercatori vi sono ovviamente anche aree per la scrittura o la lettura, armadietti e altri camici bianchi appesi. L’ala nord dell’edificio è riservata allo Ior e all’Ente ospedaliero cantonale, mentre l’ala sud è completamente dedicata all’Irb. Infine sul tetto si trova una serie di pannelli solari, quasi indispensabili per un edificio rivolto al futuro e all’avanguardia.
Nella sala conferenze al pianterreno i direttori di Ior e Irb oggi hanno brevemente illustrato le attività che svolgono i due istituti. Carlo Catapano (Ior) ha sottolineato come oggi l’istituto abbia sette gruppi di ricerca. L’anno prossimo saranno otto e nel 2023 ne è previsto un nono. «Circa il 35% della nostra forza lavoro sono ricercatori e un altro 35% sono studenti (in particolare dottorandi). Vi sono quindi molti giovani che arrivano per proseguire la loro formazione qui a Bellinzona». Lo Ior studia gli aspetti biologici, genetici, molecolari dei vari tumori umani: «Lo scopo è quello di arrivare a definire nuovi approcci terapeutici e nuove strategie diagnostiche». E questo anche grazie all’immunologia, il campo di ricerca dell’Irb. In questo caso si cerca di capire meglio come «il nostro corpo riesce a difendersi da aggressioni esterne», ha spiegato il direttore Davide Robbiani, precisando che attualmente l’istituto conta su 13 gruppi di ricerca. Insomma, grazie alle scoperte della ricerca di base (come il nostro sistema immunitario riconosce ad esempio virus, batteri o tumori) si sviluppa la ricerca applicata, che porta a nuovi approcci diagnostici o terapeutici. Negli ultimi anni è così stato capito che «alcune delle terapie più efficaci contro i tumori sono basate sull’immunoterapia». Anche in questo caso sono fondamentali le collaborazioni con il mondo accademico svizzero e internazionale. In particolare l’affiliazione dell’Irb all’Università della Svizzera italiana, resa possibile grazie all’istituzione del Master in medicina e della Facoltà di scienze biomediche, permette di avere dei dottorandi per così dire, «in casa».
Sono poi intervenuti anche i presidenti dei due istituti. Gendotti ha sottolineato come, grazie a questo polo di ricerca, «a Bellinzona sono stati creati posti di lavoro e un importante indotto economico», precisando che attualmente «si versano circa 20 milioni di franchi di stipendi all’anno». Un settore con ancora «un grande potenziale di crescita». Tuttavia, per sfruttare questo potenziale è necessario «reperire le risorse finanziarie necessarie». E in questo senso il presidente dell’Irb ha chiamato in causa anche il Cantone: nei suoi «programmi strategici indica chiaramente che vuole puntare anche su una crescita nel settore della ricerca scientifica, in particolare nel settore delle scienze della vita». Un settore a cui Irb e Ior contribuiscono in modo determinante in Ticino. «Il sostegno a questi istituti non deve passare solo dai contributi per la gestione corrente». Un altro problema riguarda gli spazi: se da un lato vi è un potenziale per crescere ulteriormente, dall’altro è anche necessario avere abbastanza stabili con laboratori, uffici e così via per permettere questa crescita. E, in particolare per lo Ior, «il posto manca già adesso», ha rilevato Cavalli, aggiungendo che pure l’edificio in via Vela – ex sede dell’Irb, dove era presente anche lo Ior –, acquistato dalla Città di Bellinzona per permettere l’insediamento di attività relative a questo campo di ricerca, «è già praticamente tutto affittato». Costruire un edificio gemello a quello che sarà inaugurato sabato «non sarebbe dunque di troppo». Dal punto di vista pianificatorio «non dovrebbe essere un problema, in quanto il Piano regolatore di Bellinzona prevede già questa possibilità».
Ma il nuovo quartiere Officine a Bellinzona con il Parco dell’innovazione non potrebbe dare una mano in questo senso? «Aiuterà perché darà la possibilità di generare sinergie», ha affermato Gendotti. «Tuttavia, ci vorrà molto tempo prima che questo quartiere sia realizzato, e noi non possiamo permetterci di aspettare così tanto». Da parte sua Cavalli per il futuro punta ancora più in alto: visto che negli ultimi anni Bellinzona nell’ambito della ricerca nelle scienze della vita ha guadagnato sempre più prestigio e riconoscimento a livello nazionale e internazionale è pensabile che «la Confederazione faccia un investimento importante per ottenere anche nella Svizzera italiana qualcosa di equivalente ai Politecnici federali di Losanna e Zurigo». Come ad esempio «un finanziamento federale per un centro di ricerche biomediche o qualche progetto del Fondo nazionale svizzero a lunga scadenza».