Sul fronte del documento finale, la novità più rilevante consiste nel mantenere il riscaldamento globale sotto gli 1,5 gradi dai livelli pre-industriali
Ma cosa si è deciso alla fine in due settimane di conferenza sul clima a Glasgow? Sul fronte del documento finale, la novità più rilevante è che i paesi del mondo puntano adesso a mantenere il riscaldamento globale sotto gli 1,5 gradi dai livelli pre-industriali. L’Accordo di Parigi del 2015 metteva come obiettivo principale i 2 gradi, e 1 grado e mezzo come quello ottimale. Con Glasgow, 1,5 gradi diventa l’obiettivo principale, e 2 gradi soltanto il Piano B.
Il documento fissa anche l’obiettivo minimo di decarbonizzazione per tutti gli stati firmatari: un taglio del 45% delle emissioni di anidride carbonica al 2030 rispetto al 2010, e zero emissioni nette intorno alla metà del secolo. Il testo invita i paesi a tagliare drasticamente anche gli altri gas serra (metano e protossido di azoto) e a presentare nuovi obiettivi di decarbonizzazione (Ndc, National Determined Contributions) entro la fine del 2022.
Il documento invita i paesi ad accelerare sull’installazione di fonti energetiche rinnovabili e sulla riduzione delle centrali a carbone e dei sussidi alle fonti fossili. La Cop26 riconosce l’importanza di giovani, donne e comunità indigene nella lotta alla crisi climatica, e stabilisce che la transizione ecologica debba essere giusta ed equa.
Altro risultato importante della Cop26 è aver finalmente varato le linee guida per tre previsioni dell’Accordo di Parigi che finora erano rimaste inattuate: il mercato globale delle emissioni di carbonio (articolo 6), il reporting format con le norme con cui gli stati comunicano i loro risultati nella decarbonizzazione (trasparenza) e le norme per l’attuazione dell’Accordo di Parigi (Paris Rulebook).
Dove la Cop26 ha mancato l’obiettivo è sugli aiuti ai paesi meno sviluppati per affrontare la crisi climatica. Il documento invita i paesi ricchi a raddoppiare i loro stanziamenti, e prevede un nuovo obiettivo di finanza climatica per il 2024. Ma nel testo non è fissata una data per attivare il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno in aiuti per la decarbonizzazione. Uno strumento previsto dall’Accordo di Parigi e mai realizzato, visto che i paesi ricchi non vogliono tirare fuori i soldi. Anche dopo Glasgow, il fondo rimane una promessa.
Il documento finale non prevede poi un fondo apposito per ristorare le perdite e i danni del cambiamento climatico nei paesi vulnerabili. Uno strumento chiesto a gran voce a Glasgow dagli stati più poveri. Il testo prevede solo che si avvii un dialogo per istituirlo.
Sul fronte degli accordi internazionali raggiunti durante la Cop26, la novità più eclatante è il patto di collaborazione fra Usa e Cina sulla lotta al cambiamento climatico. Le superpotenze rivali accettano di lavorare insieme su tutti i dossier che riguardano il clima, dalle rinnovabili alla tutela degli ecosistemi.
Poi ci sono l’accordo fra 134 paesi (compresi Brasile, Russia e Cina) per fermare la deforestazione al 2030, con uno stanziamento di 19,2 miliardi di dollari, e quello per ridurre del 30% le emissioni di metano al 2030 (ma senza Cina, India e Russia). Venticinque paesi hanno deciso di fermare il finanziamento di centrali a carbone all’estero, e altri 23 di cominciare a dismettere il carbone per la produzione elettrica.
Oltre 450 aziende, che rappresentano 130’000 miliardi di dollari di attivi hanno aderito alla coalizione Gfanz, che si impegna a dimezzare le emissioni al 2030 e ad arrivare a zero emissioni nette al 2050. Una trentina di paesi e undici produttori di auto si sono impegnati a vendere solo auto e furgoni a zero emissioni entro il 2035 nei paesi più sviluppati, ed entro il 2040 nel resto del mondo.