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Locarnese, 35 anni fa lo schianto sui monti di Mondovì

Nell’incidente aereo persero la vita 6 persone conosciute della regione. Il velivolo, decollato da Ascona e diretto in Spagna, perse la rotta nella nebbia

20 ottobre 2021
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Sono passati trentacinque anni, giorno più giorno meno, da quando un aereo bimotore privato decollato dall’aerodromo di Ascona e diretto in Spagna, a Gerona, con 6 persone a bordo, si schiantò sul costone di una montagna sulle Alpi al confine tra Piemonte e Liguria, in località Mindino, a circa 1’500 metri di quota. Perirono, nella disgrazia, i 6 occupanti, quattro svizzeri e due italiani: Orazio di Silvestro (40 anni), Francesco Lanzi (39 anni), Paolo Marazza (35 anni), Valerio Mottis (47 anni), Antonio Ragonesi (44 anni) e Luca Regazzi (33 anni). Sei amici diretti per una breve vacanza in Spagna, sei padri di famiglia, sei vite cancellate in un istante. I loro corpi vennero ritrovati diverse ore dopo l’allarme, nella folta vegetazione di quei crinali.
Ai comandi del velivolo, partito nel primo pomeriggio di giovedì 18 ottobre, Luca Regazzi, pilota con licenza privata di una certa esperienza e con parecchie ore all’attivo. Il velivolo, un bimotore turboelica Partenavia PN68, sorpreso e avvolto dalla nebbia, era sparito all’improvviso dai radar mentre stava sorvolando il Piemonte. Nessun contatto radio, momenti di grande apprensione e ricerche che, in Italia, scattarono subito. La zona dello schianto, in quelle ore, era infatti avvolta dalla nebbia. Il timore, fondato, era che il bimotore avesse perso la rotta e si fosse infilato in qualche zona montuosa a una quota di volo troppo bassa (300 metri circa sotto la cima della montagna, come venne appurato in seguito). La pessima visibilità, come emerse in seguito dalle inchieste sulla sciagura condotte dagli inquirenti italiani (la Procura di Mondovì) e dai loro omologhi svizzeri, tradì il pilota, che perse ogni riferimento visivo. Fu un Mirage dell’Armée de l’Air francese, impegnato in un volo di allenamento, a captare l’ultimo, disperato, SOS lanciato attorno alle 15.30. Dalle ricostruzioni effettuate venne esclusa l’ipotesi di un problema meccanico occorso durante il volo.
A guidare i soccorsi sui resti dell’aeromobile e dei 6 occupanti, tutti morti sul colpo, fu un cercatore di funghi. Raccontò ai giornalisti di averlo visto sorvolare i pendii poco sopra la punta degli alberi e di aver udito, qualche istante più tardi, un forte boato. Ma siccome nella zona degli addetti stavano procedendo al brillamento di mine, non aveva pensato al peggio.

Il recupero delle salme e i funerali

Ci vollero diverse ore – con tutti i mezzi di soccorso confluiti in zona – per raggiungere il punto esatto. Nebbia e maltempo non aiutarono certo il primo intervento. Carabinieri, Vigili del fuoco e membri della Croce Verde locale lavorarono fino a notte fonda (e con mezzi limitati) sul luogo dello schianto. Constatarono subito che non c’erano superstiti. Le 6 vittime furono trasportate a valle in spalla. Le salme vennero dapprima trasferite e composte nel camposanto di Mondovì, per il riconoscimento dei familiari giunti dal Ticino e da lì poi rimpatriate, per i funerali solenni che si tennero a Locarno.
Quanto accaduto quel triste giorno di ottobre di 35 anni fa rappresenta una delle pagine più nere che ha colpito il Ticino. Una ferita indelebile nella memoria collettiva anche per il gran numero di nuclei familiari direttamente toccati dalla disgrazia. La presenza, alle esequie celebrate dall’allora vescovo Eugenio Corecco, di un gran numero di esponenti delle istituzioni locali e di una folla di parenti, colleghi e amici degli scomparsi testimoniarono il dolore che scosse la comunità. Un ricordo che lega i vivi, con un feeling sottile eppure tenace, alle vittime di quel disastro aereo di un pomeriggio di 35 anni fa. D.L.