Secondo la Corte locale alcuni articoli dei trattati europei sono incompatibili con la Costituzione di Varsavia. Bruxelles minaccia il ritiro dei fondi
Si aggrava ancora la frattura tra Varsavia e Bruxelles sul rispetto dello stato di diritto con un nuovo scontro che potrebbe allontanare sempre di più i fondi del Recovery destinati alla Polonia, se non addirittura segnare un passo verso la ‘Polexit’. La Corte costituzionale polacca, guidata dalla giudice Julia Przylebska, ha decretato che alcuni articoli dei Trattati dell’Unione europea sono “incompatibili” con la Costituzione dello Stato polacco e che le istituzioni comunitarie “agiscono oltre l’ambito delle loro competenze”.
La sentenza, molto attesa sia a Bruxelles che a Varsavia, si infila nel contenzioso sulla riforma della magistratura voluta dal partito al governo Diritto e giustizia (Pis) del leader Jaroslaw Kaczynski - e in particolare sul nuovo sistema di disciplina dei giudici - che secondo l’Ue mina l’indipendenza del sistema giudiziario in Polonia e che è già oggetto di una procedura di infrazione. “Siamo preoccupati”, è stata la prima reazione della Commissione alla sentenza. "La nostra posizione è chiara. La legge dell’Ue ha il primato su quella nazionale.
La Corte di giustizia Ue è l’unica che può stabilire“ la compatibilità tra la legge Ue e quella nazionale, ed “è vincolante”, ha detto il commissario alla Giustizia Didier Reynders. “Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per proteggere” questi principi, ha ammonito. Sulla stessa linea il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli: "La sentenza di oggi in Polonia non può restare senza conseguenze”.
A Varsavia la decisione della Corte è stata al contrario accolta con favore dal governo di Mateusz Morawiecki: conferma “il primato del diritto costituzionale sulle altre fonti del diritto", ha sottolineato il portavoce Piotr Muller, spiegando che la sentenza si riferisce alle competenze dello Stato polacco che non sono state trasferite agli organi Ue. Fuori dalla sede del Tribunale, invece, una trentina di manifestanti hanno protestato contro la sentenza al grido di “Traditori” e "Benvenuti in Bielorussia”.
L’80% dei polacchi si ritiene infatti soddisfatto dell’ingresso della Polonia nell’Unione che dal 2004 ha erogato miliardi di sussidi al Paese dell’ex cortina di ferro. Adesso in ballo ci sono 58,7 miliardi di euro fra prestiti e sussidi del Next Generation Ue destinato a Varsavia, cui però Bruxelles non ha ancora dato il suo via libera. “La Commissione si adopera per far rispettare lo stato di diritto nell’Ue, tutti ne devono rendere conto e siamo preoccupati sulla situazione in alcuni Stati membri”, ha avvertito appena ieri il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, riferendosi a Polonia e Ungheria.
“La Commissione - ha assicurato - è determinata a difendere questi principi e questi valori". Ma la strada si prevede tutta in salita: da Varsavia e Budapest arriva l’ennesima doccia fredda con il veto alle conclusioni del Consiglio Ue Giustizia relative alla strategia della Commissione sui diritti dell’infanzia che prevedeva, tra le altre cose, misure per porre fine alle mutilazioni genitali, contrastare il bullismo online dei giovani Lgbtq e migliorare la libera circolazione delle famiglie arcobaleno. Ad annunciarlo, è stata la ministra ungherese della Giustizia, Judit Varga: "Continueremo a resistere alla pressione della lobby Lgbtq. Poiché alcuni Stati hanno insistito strenuamente affinché gli attivisti Lgbtq fossero ammessi nelle nostre scuole, io e il collega polacco abbiamo dovuto usare il veto”. (ANSA).