Figlio di un giardiniere del re etiope si spacciava per erede al trono. Denunciato da tre ticinesi per truffa è il papà di tre concorrenti del GF Vip
Il principe cerca rogne. E le trova pure. Anche perché non sarebbe un principe. Lo ha fatto credere a tutti a tal punto da crederci lui stesso, che è poi il modo migliore di convincere gli altri. Finora gli era sempre andata bene, ma le sue parole e i suoi documenti non hanno convinto la polizia lussemburghese e il tribunale di Lugano. Ora il sedicente principe d’Etiopia Aklile Berhan Makonnen Hailé Selassié dovrà passare almeno i prossimi tre mesi in carcere in compagnia di Giulio Bissiri, cioè se stesso. Questi nomi insieme contengono talmente tante bugie e inganni da far apparire la vicenda un infinito gioco di scatole cinesi, o meglio, etiopi. C’è il raggiro genealogico, la truffa storica, l’imbroglio televisivo, in un mix che sembra una caotica partita a Trivial Pursuit in cui possono coesistere la Repubblica di Weimar, il Rastafarianesimo e il Grande Fratello Vip.
Tom Waits, che non è un altro alias del principe, ma il grande cantautore americano, in “Whistlin’ Past The Graveyard” cantava: “I never told the truth so I can never tell a lie”. Non ho mai detto la verità così non potrò mai dire una bugia.
Giulio Bissiri, a quanto pare, ha iniziato a mischiare le due cose molto presto, da quando frequentava – quello sì – le stanze e soprattutto i giardini del negus Hailé Selassié, l’originale, imperatore d’Etiopia, autoproclamato Re dei Re, Potenza della Trinità e Ras Tafari, incarnazione di Dio sulla Terra per i rastafariani. Bissiri – questo il cognome che compare nel mandato d’arresto del 5 marzo – nato in Etiopia e figlio del giardiniere italiano di Sua Maestà, era talmente benvoluto a corte da mischiarsi spesso con i nipoti di Selassié, di cui era compagno di giochi. Quella contiguità non bastava al piccolo Giulio, che crescendo si mette in testa di diventare uno di loro fino ad assumerne l’identità e firmare lettere e documenti con il nome Aklile Berhan Makonnen Hailé Selassié preceduto – come se non bastasse – dalla sigla H.I.H., Sua Altezza Imperiale.
Inserirsi all’interno di una famiglia potente e numerosa (Selassié aveva sei figli) non è facile, conquistarne la fiducia è difficile, eppure Bissiri comparirebbe come quarto nella linea di successione al potere. Una lista d’attesa al momento inutile, visto che anche il titolare Zera Iacob Amhà Selassié – a oggi – è costretto a sedersi non sul trono ma in panchina. Dal 1991 l’Etiopia è una repubblica democratica e non c’è spazio per una dinastia di imperatori.
Il Negus Hailé Selassié (Keystone)
Il re senza corona è nato nel 1953, Bissiri è del 1956: i due, insomma, erano compagni di giochi nei giardini del Negus, poi ciascuno ha preso la sua strada mentre in Etiopia accadeva di tutto. Hailé Selassié, rientrato dall’esilio nel 1941 dopo gli anni dell’occupazione fascista, era rimasto al potere fino alla guerra civile del 1974. Nella sua lunga vita non ha fatto in tempo a vedere l’omaggio contenuto nell’album “Rastaman Vibration” di Bob Marley, datato 1976, in cui il cantante utilizzò parti di un suo vecchio discorso all’Onu per il testo della canzone “War”.
Deposto dal nuovo governo comunista, Selassié fu ucciso un anno più tardi su ordine del “Negus rosso” Menghistu Hailé Mariàm con un epilogo da dramma teatrale più che da dittatore africano, soffocato con un cuscino. Il suo corpo venne poi sepolto sotto uno dei bagni del palazzo presidenziale e riesumato solo nel 1991 con l’arrivo della democrazia.
Nel frattempo Bissiri, diventato Sua Altezza Imperiale, scala la gerarchia familiare, come ha spiegato il settimanale italiano Oggi: “Rientrato in Italia ha vissuto il sogno di recuperare l’immenso tesoro del Negus. Fu così che convinse alcuni discendenti legittimi di Hailé Selassié, ormai poveri in canna che vivevano in vari Paesi, a firmargli una delega e a chiudere un occhio sulla sua affermata discendenza dal duca di Harar, secondogenito dell’imperatore. Riuscendo infine a far modificare i suoi documenti”.
Le informazioni su Bissiri restano frammentarie, ci sono alcune interviste in italiano e in inglese in cui talvolta l’interlocutore si rivolge a lui chiamandolo “Vostra Altezza”, testi firmati in cui parla dell’Etiopia e del suo ruolo nella comunità internazionale; su alcuni siti specializzati il suo lungo e regale nome etiope è legato a tre società tutte con sede nel Regno Unito, l’ultima è la Dnknesh Asset Management Limited, attiva dal 2012. Sulla sua pagina Linkedin, l’imprenditore con mire da imperatore si dilunga con un messaggio che mette insieme etica e futuro, mettendo l’accento sulla “grande nazione etiope”, la sua storia millenaria, il suo popolo fiero.
Le tre sorelle nella casa del GF Vip (Grande Fratello)
Se le accuse che l’hanno portato all’arresto dovessero essere comprovate ci sarebbe poco da andare fieri, Bissiri-Selassié avrebbe infatti estorto oltre 10 milioni di franchi a tre facoltosi ticinesi che si erano fidati di un affare che sembra uscito da una sceneggiatura cinematografica: il denaro, infatti, sarebbe servito a finanziarie una fantomatica trattativa che l’uomo sosteneva di avere avviato con lo Stato tedesco per l’incasso di vecchi bond del 1922 emessi per rispettare gli impegni assunti con il Trattato di Versailles dopo la sconfitta nella Prima guerra mondiale.
Una storia, questa dei bond della Repubblica di Weimar, che ogni tanto viene fuori: eppure basta una veloce ricerca su internet per trovare articoli che parlano di goffi tentativi di truffa e dell’impossibilità di trarre guadagni da quei vecchi pezzi di carta. Dopo tre anni di tanti bonifici e pochi risultati, gli svizzeri avrebbero deciso di denunciare l’uomo, che – spiega Oggi – per corroborare la sua storia avrebbe ostentato lussi di ogni tipo. Bugie su bugie su bugie che a forza di stratificarsi hanno seppellito ogni verità.
La notizia dell’arresto dell’uomo è arrivata anche alle figlie Clarissa, Jessica e Lucrezia, vistose concorrenti del Grande Fratello Vip entrate nella casa laureate e principesse e ora spogliate di entrambi i titoli. Smascherate tra le mille polemichette in cui sguazza il programma presentato da Alfonso Signorini, la laurea se l’erano inventata loro, la discendenza nobile l’ha inventata il padre. Non sempre in eredità si lascia un trono.