Gli effetti della crisi sono stati attenuati dall'intervento pubblico. Sostegno finanziario per oltre 2,2 miliardi di franchi
«Stiamo uscendo dalla crisi causata dalla pandemia e il Ticino ha le carte in regola per affrontare le sfide future acuite anche dal Covid». Così il professor Mauro Baranzini, già decano e professore emerito di economia all’Università della Svizzera italiana a proposito delle prospettive economiche per i prossimi mesi. «La Svizzera è tra i primi della classe per quanto riguarda le misure messe in campo per contrastare gli effetti economici negativi causati dal Covid-19. È il Paese Ocse che ha avuto la minore contrazione del Pil nel 2020 e registrato una buona ripresa nel corso del 2021 e in prospettiva per il prossimo anno», continua l’economista ticinese. Anche il livello di disoccupazione è rimasto contenuto in confronto con le principali economie, Stati Uniti ed Eurozona in primis, come pure la percentuale di deficit rispetto al Pil (-4% nel 2021) e il rapporto tra debito pubblico e Pil (35-38% nel 2021). «Dati che nonostante gli interventi finanziari importanti durante la pandemia restano in linea con i parametri di Maastricht. Questo dimostra che l’economia svizzera – e con essa quella ticinese – è solida e resiliente», afferma ancora Baranzini.
Per rimanere al solo Ticino, l’intervento pubblico (prevalentemente federale) è stato pari a 2,2 miliardi di franchi, circa l’8% del Pil cantonale (30 miliardi, ndr). I soli aiuti per i cosiddetti casi di rigore ammontano a oggi a circa 100 milioni di franchi.
La gran parte di questi aiuti sono andati a sostenere i redditi grazie alle indennità di lavoro ridotto. Misure che hanno moderato l’aumento dei disoccupati. «Tra marzo dello scorso anno a marzo scorso, le indennità erogate sono stati pari a 793 milioni di franchi per una media di oltre 42 mila lavoratori toccati e circa 5’900 imprese», ha ricordato Claudia Sassi, responsabile della Sezione del lavoro del Dfe.