È la prima di una serie di sentenze. Proprietaria a Carì contestava l'ammontare deciso dall'Otr e il metodo previsto dalla Legge sul turismo
Dovranno mettersi il cuore in pace i proprietari delle residenze secondarie nel Bellinzonese e Alto Ticino che hanno ricorso contro il pagamento della tassa di soggiorno forfettaria intimata loro dal 2018 quando l’Organizzazione turistica regionale ha operato un giro di vite riverificando ogni singola proprietà in modo retroattivo dal gennaio 2015, anno in cui è entrata in vigore la nuova Legge cantonale sul turismo che impone alle quattro nuove Otr (Bellinzona, Locarno, Lugano e Mendrisiotto) il medesimo sistema di calcolo e fatturazione basato sul numero di posti letto dichiarato dai proprietari. Il Tribunale federale in una sentenza fresca di pubblicazione – la prima di una probabile lunga fila – ha infatti respinto il ricorso interposto dalla proprietaria di una casa di vacanza situata a Carì. Avendo segnalato la presenza di otto letti fino al 2018, poi saliti a 14, e avendo l’Otr fissato una tassa di 50 franchi per ogni letto in strutture non servite da strade (70 per tutte le altre), si è vista recapitare una fattura di 400 franchi annui dal 2015 al ’18 e di 700 per il 2019; in totale 2’300 franchi per cinque anni. Vistasi respingere un primo ricorso dal Tribunale amministrativo cantonale, si è poi rivolta alla massima istanza giudiziaria elvetica che rispedisce ora al mittente tutte le critiche.
La proprietaria censurava una violazione dei principi di uguaglianza e di proporzionalità. Partiamo dalla disuguaglianza: l'importo da pagare – veniva scritto nel ricorso – sarebbe nel suo caso molto più alto della tassa fatturata alla maggior parte degli altri proprietari leventinesi che hanno segnalato una media di tre letti. Differenza evidente, mentre a suo dire l’utilizzo dell’alloggio sarebbe simile: anzitutto perché i posti letto dichiarati dagli altri sarebbero “con ogni probabilità, nella maggior parte dei casi, inferiori al loro reale numero”; e poi perché la casa di vacanza della ricorrente sarebbe utilizzata da molte persone simultaneamente solo una o due volte all'anno, mentre il resto dell'anno sarebbe occupata da due o tre persone per volta alla stregua di una casa secondaria con uno/tre posti letto. La ricorrente indicava una disparità anche rispetto ai turisti che, ospiti di una struttura, pagano una tassa di soggiorno basata sul numero effettivo di pernottamenti.
Censure sul principio di uguaglianza che non trovano d’accordo il Tf: “In primo luogo – scrive nella sentenza – visto che la ricorrente possiede una casa di vacanza in Leventina e dispone dunque di un accesso privilegiato alle infrastrutture turistiche presenti nei dintorni, vi sono dei motivi oggettivi e sostenibili che permettono di porre a suo carico (e a carico degli altri proprietari di case di vacanza nella zona) la tassa di soggiorno, invece che a carico dell'insieme dei contribuenti”. In secondo luogo, considerando il principio della parità di trattamento in senso stretto, “disponendo di 14 posti letto la ricorrente non è nella stessa situazione di chi ne ha molti meno”. L'affermazione – prosegue il Tf – secondo cui la ricorrente utilizzerebbe la casa in maniera simile agli altri proprietari, cioè con pernottamenti limitati quasi sempre a poche persone per volta, “nulla toglie al fatto che la casa dispone di un numero di posti letto molto più elevato della media e che quindi la situazione della ricorrente non è paragonabile a quella dei proprietari di case con meno posti letto”. Inoltre l'uso che la ricorrente potrebbe fare della propria casa di vacanza, e quindi delle infrastrutture turistiche a disposizione nei dintorni, secondo il Tf “è potenzialmente più intensivo di quello degli altri proprietari, proprio grazie al maggior numero di posti letto a disposizione”. E il fatto che il metodo per calcolare la tassa di soggiorno di un proprietario e di un turista in affitto non sia lo stesso “non disattende il principio della parità di trattamento”.
Quanto alla lamentata violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente nel ricorso la correlava al tipo di calcolo fatto (tot franchi per letto), mentre a suo dire vi sarebbero altri metodi “più proporzionati alla situazione effettiva”, come ad esempio una tassa fondata sul numero di locali o sulla superficie abitabile. In più aggiungeva che i 50 franchi a letto a lei applicati (70 in caso di casa raggiungibile via strada) non sarebbero proporzionati all'offerta turistica della zona; località turistiche di altri Cantoni ben più grandi prevederebbero del resto tasse molto più modeste. Ma anche qui il Tf mostra pollice verso: “In primo luogo non si vede che influenza abbiano sulla proporzionalità della tassa di soggiorno i metodi utilizzati in altri Cantoni”. L'ammontare e le modalità di calcolo di un contributo del genere sono “anzitutto una decisione politica e il fatto che un'imposta sia più elevata in un Cantone che in un altro non significa che essa sarebbe incostituzionale”. In secondo luogo, lamenta il Tf, non è chiaro in cosa sarebbe più proporzionato alla situazione effettiva fondare tale tassa sul numero di locali o sulla superficie abitabile, anziché sui letti: “Ciascuno di questi criteri è infatti un indicatore fedele delle possibilità di utilizzo di una casa di vacanza e del potenziale sfruttamento delle infrastrutture turistiche a disposizione nei dintorni”. Quanto poi alla cifra in ballo, in media 460 franchi all’anno, “non appare sproporzionata e men che meno insostenibile”. Inoltre la casa di vacanza in questione “è situata nei pressi della stazione sciistica di Carì e la zona dispone di un'importante rete di itinerari pedestri, della cui manutenzione si occupa l'organizzazione turistica”. Perciò la tassa così fatturata, che è appunto destinata in particolare al finanziamento delle infrastrutture turistiche, “si appalesa ragionevole e proporzionata e non appare in nessun caso arbitraria”.
Su questo ultimo punto il Tf espone quindi una serie di ulteriori spiegazioni utili a comprendere il contesto generale: “Per costante giurisprudenza – scrive – i contributi di questo tipo sono destinati a coprire spese specifiche causate da determinate persone o dalle quali traggono beneficio in modo più diretto alcune categorie di persone invece che la maggioranza dei cittadini. La cerchia dei contribuenti comprende in quest'ottica le persone sulle quali la collettività pubblica può, per motivi ragionevoli e oggettivi, porre in priorità le spese in questione invece che sull'insieme dei contribuenti, a prescindere dal fatto che esse ne traggano un vantaggio individuale particolare”. Per motivi pratici, tale tassa “può essere fissata in base a criteri forfettari e schematici (ndr: numero letti), che fanno astrazione dalle circostanze concrete (ndr: utilizzo reale), a condizione che essa cerchi però di avvicinarsi il più possibile alle stesse”. Una tassa di soggiorno forfettaria indipendente dall'effettivo utilizzo dell’abitazione secondaria “è quindi di per sé ammissibile, in particolare nell'ottica del principio di uguaglianza”.
Un’eventuale modifica del sistema dovrebbe quindi semmai intervenire sulla Legge turismo. Ciò che non è avvenuto, in prima battuta, lo scorso 15 marzo quando il Gran Consiglio ha votato il messaggio governativo che regolarizza il prelievo sugli Airbnb modificando la Legge su turismo e quella sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione, ma mantiene invariato il capitolo della riscossione dei forfait letti per le case secondarie. A questo riguardo, ricordiamo, è tuttavia ancora pendente la petizione promossa dall’Unione proprietari rustici e immobili secondari (Upris): depositata alla Cancelleria cantonale nell’autunno 2019 e sottoscritta da 1’255 cittadini, chiede una modifica della legge abolendo il criterio d’imposizione per letto e sostituendolo con un’autocertificazione “indicante il numero dei pernottamenti reali oppure altri criteri finalizzati ad una tassa equa”. Risale invece al gennaio 2018, ed è pure ancora pendente, l’iniziativa parlamentare dell’allora granconsigliere leghista Fabio Badasci che propone di rendere più blando il capoverso 5 dell’articolo 21 della Legge sul turismo, affinché la tassa forfettaria per letto sia riscossa presso i proprietari di case secondarie solo qualora affittino l’alloggio per più di tre mesi consecutivi allo stesso locatario. Il principio del forfait letti era peraltro già sancito nella vecchia Legge sul turismo in vigore dagli anni 2000. Ma ha cominciato a far parlare di sé quando l’Otr-Bat ha avviato l’aggiornamento dei dati nel 2018 chiamando alla cassa proprietari in passato mai assoggettati a causa delle negligenze dei precedenti enti turistici, oppure assoggettati in modo inferiore al previsto.