Il business della musica è cosa per editori: senza più live, e con la miseria che arriva dallo streaming, gli autori monetizzano. In principio fu Michelino...
(Prologo) New York, Cbs Television Studios, anno 2009. «Che tipo è Michael Jackson?», chiede David Letterman a Paul McCartney. L’uomo che scrisse ‘Yesterday’ pensando alle uova strapazzate, scevro da implicazioni moralistiche derivanti dalla fresca morte del Re del Pop (titolo che si presterebbe a essere discusso), risponde: «Un tizio simpatico. Un giorno mi telefonò: “Hi, I’m Michael (imitandone il tono bambinesco, ndr), ti andrebbe di fare qualche hit?”. Gli dissi di sì. Venne a casa mia e facemmo due dischi insieme. Una volta mi chiese anche qualche consiglio di lavoro e io gli suggerii di occuparsi di edizioni, perché è un’attività molto redditizia. Lui rispose: “Intendi le tue, di edizioni?”. Pensavo scherzasse». Di lì a poco, il 10 agosto del 1985, Michael Jackson avrebbe acquistato dall’australiana Atv ben 251 canzoni dei Beatles più altri 4mila brani e una libreria di effetti sonori per la cifra di 47,5 milioni di dollari. «Fu una cosa un po’ losca», dice Sir Paul a Letterman, confessando che lui e Michelino non si sarebbero più visti così spesso come nei giorni di ‘Say, Say, Say’, pur restando Michelino «persona amabile ed estremamente talentuosa. Una grande perdita».
'L'uomo che si è comprato il mondo' (Billboard)
Anno 2021, Londra, il Telegraph: “Non mi dispiacerebbe possedere il catalogo dei Beatles”. È una delle più ambiziose dichiarazioni rilasciate alla stampa dal canadese-americano Merck Mercuriadis. Ma è da tempo che il 57enne neo-magnate dell’editoria musicale, già manager di Beyoncé, Elton John, Iron Maiden, Morrissey e Pet Shop Boys va raccontando il suo sogno. Chi, in fondo, non vorrebbe godere dei proventi derivanti dallo sfruttamento commerciale delle canzoni dei Fab Four? Chi non vorrebbe passare all’incasso a ogni ricorrenza funebre dell’ex Beatle morto ammazzato (John), morto ammalato (George), ancora in vita (Ringo e Paul), a ogni decennale di tutto, da ‘Please Please Me’ a ‘Let It Be’, a ogni rigurgito della Swingin’ London?
Mercuriadis, folgorato sulla via della musica nel 1975 da un concerto dei Kiss (capita), è il fondatore dell’Hipgnosis Songs Fund che sta acquistando i cataloghi di molti grandi della musica. E di annoverare tra i suoi – a oggi, giorno più giorno meno – attuali 57mila titoli anche ‘Yesterday’ con tutte le sue implicazioni avicole e tutto il resto scritto dai quattro di Liverpool, il co-founder di Hipgnosis andrebbe fiero. Come i fratelli Jake ed Elwood Blues, Mercuriadis vide la luce nel 2016 mentre si occupava di mantenere attraente la carriera di Nile Rodgers, l’uomo che ancora ci fa cantare “Freak out, le freak c’est Chic”, ma anche l’uomo capace di fondare un proprio suono, il suono Neil Rodgers, applicato a Bowie, Madonna, Duran Duran, Al Jarreau, Depeche Mode e Max Pezzali (o Pèzzali, l’uomo che cambia gli accenti). Mentre Mercuriadis lavorava nell’ombra, la luce illuminava Rodgers, il compositore “alla base del totem”, dice lui a MusicWeek, ultimo anello (il compositore) di una catena che non si chiude.
Il Mercuriadis pensiero, per punti essenziali: 1. “La musica ha più valore dell’oro e del petrolio”; 2. “Se prendiamo una canzone come ‘Sweet Dreams’ degli Eurythmics o ‘Livin’ On A Prayer’ dei Bon Jovi, stiamo parlando di quattro decadi d’introiti garantiti”; 3. “Le canzoni di successo sono un investimento stabile perché le loro entrate non sono influenzate dalle fluttuazioni dell’economia”; 4. “Se le persone vivono una bella vita, di norma ne fanno una colonna sonora”; (e, allo stesso modo) 5. “Confrontate a quello che stanno sperimentando in questi giorni, cercheranno rifugio o evasione nelle grandi canzoni”; 6. “La musica è sempre stata consumata, e ha sempre generato profitti”.
Non è mai abbastanza noto, nemmeno a chi fa questo mestiere, quali e quanto fondamentali siano le implicazioni editoriali in campo musicale, quale sia il vantaggio rappresentato dal detenere (‘possedere’ è verbo che meglio ne definisce l’onnipotenza) le edizioni di una canzone, quali i pericoli per l’artista nell’affidare ad altre braccia le proprie creature (le canzoni, è noto, sono ‘piezz’e core’ come i figli, soprattutto se l’autore non ha figli). Con la giusta autostima, infatti, si può firmare un contratto editoriale per scrivere canzoni convinti che un giorno a cantarle sarà Barbra Streisand e invece, quando quel giorno arriverà, a cantarle potrebbe essere Cicciolina. Che non è certo il peggiore dei mali, visto che nell’album ‘Ilona Staller’, anno 1979, l’attrice ungherese canta ‘Cavallina a cavallo’ scritta addirittura da Ennio Morricone (è tutto vero). Non è nemmeno il peggiore dei mali, pensando agli incassi Siae, avere scritto ‘Muscolo rosso’, album di Cicciolina uscito nel 1988 e il cui autore è Jay Horus, pseudonimo di Paolo Rustichelli, uno che ha suonato con Miles Davis e Carlos Santana.
David Crosby: 'In un momento come questo in cui non possiamo lavorare, l’accordo con Iag è una benedizione per me e la mia famiglia' (Keystone)
Cicciolina – i cui vinili sono peraltro oggetto di quotazioni stratosferiche – compare in questo articolo per stemperare i toni sì, ma anche a dimostrazione di cosa significhi, in quanto autore, essere soggetto a un contratto editoriale. Cicciolina spiega anche la risposta di David Crosby a chi in rete si è lamentato con lui per le ultime scelte professionali: “E adesso mi tocca ascoltare la musica dei grandi di sottofondo alla pubblicità”, gli scrive il fan; e la risposta del membro di Crosby Stills Nash & Young (CSN&Y), fresco di vendita del proprio catalogo all’Iconic Artists Group (Iag) di Irving Azoff, è: “Se avessimo ancora la possibilità di essere retribuiti per i dischi e per suonare dal vivo, non avremmo mai venduto la nostra musica”. Dichiarazione realistica, quella di Crosby, ancor più se presa nel suo insieme: “In un momento come questo in cui non possiamo lavorare, l’accordo con Iag è una benedizione per me e la mia famiglia”. Quella di Crosby – due volte nella Rock and Roll Hall of Fame, con CSN&Y e con i Byrds – era una vendita annunciata. Nei giorni degli accordi multimilionari tra Bob Dylan e la Universal e tra Lindsey Buckingham e Hipgnosis, l’artista twittava: “Non lavoro e lo streaming mi ha rubato tutto quello che avevo. Ho un mutuo da pagare, non ho altre opzioni se non quella di vendere. Immagino che per gli altri sia lo stesso”. E in risposta a chi gli augurava di portare a casa quanto Dylan, l’artista rispondeva di non farsi illusioni (l’accordo di Crosby, così come per Dylan, è secretato).
Con un salto artistico che va da Cicciolina a Neil Young, a dimostrazione che la musica è un linguaggio davvero universale (a volte anche troppo), torniamo a Mercuriadis, che ha rassicurato i fan del rocker canadese: “Non ci sarà mai un ‘Burger Of Gold’”, dove ‘Burger Of Gold’ è un’ipotetica versione per fast food di ‘Heart Of Gold’, storia di cercatori d’oro contenuta su ‘Harvest’ che Hipgnosis potrebbe cedere alla multinazionale con la emme gialla per farci uno spot, per esempio, sui cercatori di gadget all’interno degli Happy Meal. E invece, “tutti continueremo ad ascoltare le canzoni di Neil negli stessi contesti in cui le abbiamo sempre ascoltate”, garantisce il magnate. “Ho comprato in mio primo album di Neil Young quando avevo sette anni, ‘Harvest’ mi ha fatto compagnia, conosco intimamente ogni nota, ogni parola, ogni pausa e ogni silenzio. La musica di Neil Young – che ora è sua, per metà – è stata la mia compagna di vita”.
Merck Mercuriadis: 'Continueremo ad ascoltare le canzoni di Neil Young negli stessi contesti in cui le abbiamo sempre ascoltate' (Nella foto Keystone, Neil Young)
Tra gli ultimi acquisti della Hipgnosis Songs Fund Limited c’è l’intero catalogo – 259 canzoni e le royalties derivanti dalla produzione dei film ‘8 Mile’ e ‘Get Rich Or Die Tryin’ – di Jimmy Iovine, con Lennon in ‘Walls And Bridges’ e ‘Rock & Roll’, con Springsteen in ‘Born To Run’ e ‘Darkness On The Edge Of Town’, con Patty Smith in ‘Easter’ (l’album di ‘Because The Night’), con Tom Petty & The Heartbreakers in ‘Damn The Torpedoes’, coi Dire Straits in ‘Making Movies’, con gli U2 in ‘Under A Blood Red Sky’ e dietro le carriere di Tupac, Dr Dre ed Eminem. Risale allo scorso 18 marzo, invece, l’acquisto per 10 milioni di dollari del catalogo di Carole Bayer Sager, autrice di ‘A Groovy Kind Of Love’ (simile ad ‘Agnese dolce Agnese’ di Ivan Graziani, causa poi vinta da Muzio Clementi, 1752-1832) e ‘Arthur’s Theme’.
Non ascolteremo ‘Burger Of Gold’, ed è un bene. Ma, insieme ai sandwich, potremmo ascoltare ‘You Can Call Me Mac’, parafrasando una delle hit dell’album ‘Graceland’: cosa succederà a Paul Simon – 79 anni, un discutibile lifting e un inarrivabile buon gusto nello scrivere canzoni – che ha appena venduto le sue canzoni a Sony Music Publishing? I presupposti per un utilizzo rispettoso di alcune delle pagine più nobili del canzoniere americano ci sono tutti: “Ho cominciato la mia carriera a Columbia/Sony Records – ha comunicato il singer songwriter congiuntamente all’annuncio di Sony – e mi sembra la naturale estensione lavorare con la divisione editoriale. Sono felice che siano i custodi delle mie canzoni per i decenni a venire”. Quelli in cui lui non ci sarà più, ma le sue canzoni sì. E per i milioni venuti (si parla di centinaia, come per Dylan, ma anche qui gli atti sono secretati), Sony Publishing per bocca del Ceo Jon Platt parla di “un incredibile onore”.
Rallegriamoci, dunque: ci sono buone probabilità che ‘The Boxer’ non accompagnerà mai lo spot di un cibo per cani, ‘The Sound Of Silence’ la nuova pubblicità di Amplifon e ‘Bridge Over Troubled Water’ quella del ponte sullo stretto di Messina.