Ticino

‘Da Berna arrivino scenari sulla riapertura delle attività’

Il presidente del Plr Speziali condanna una politica 'rigida e paralizzata'. E chiede di superare i lockdown, 'non solo per l'economia ma per tutta la società'

Archivio Ti-Press
4 febbraio 2021
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«Dal Consiglio federale manca una strategia d’uscita. Non solo per l’economia, ma anche per la società. Servono scenari per le riaperture». È questo l’appello lanciato direzione Berna dal presidente del Partito liberale radicale Alessandro Speziali questa sera, durante la riunione del Comitato cantonale via web. Una strategia d’uscita che è necessaria perché «abbiamo bisogno di prospettive, che sono importanti per le aziende, ma anche per le persone in carne e ossa. La politica federale però - annota Speziali - non sa darci ancora un orizzonte temporale certo. E questa mancanza di prospettive crea incertezze e paure». L’insofferenza «diffusa a livello internazionale» per questi lockdown o semi-lockdown, per il presidente del Plr «non è presente solo tra negazionisti e complottisti, ma pervade sempre di più la società. L’insicurezza per il posto di lavoro mina la propria autonomia finanziaria e quindi la fiducia nel futuro, e questo comporta pressione psicologica, ansie, paure. Aumentano le percentuali di chi soffre di depressione, una malattia che non si debella con una risata liberatoria».

‘Dobbiamo finirla con la caccia alle streghe’

Che fare, quindi? Speziali sposa la tesi del filosofo tedesco Markus Gabriel il quale «ha ammonito che la politica deve concentrarsi su come tornare il prima possibile alla vita sociale e alla sua normalizzazione, dove alla salvaguardia della salute si legano le esigenze dello sviluppo individuale, culturale e sociale. Dobbiamo liberarci dell’atmosfera accusatoria e di caccia alle streghe». Gli scenari per una riapertura delle attività, non solo economiche ma anche culturali, devono insomma «essere pianificati». Perché, riprende il presidente liberale radicale, «la scienza non appartiene solo ad alcuni medici, occorre la cooperazione di tutti i saperi e di tutte le scienze affinché si possa pianificare il futuro. Che non potrà di nuovo cadere come un castello di carte al prossimo aumento dei contagi. Ribadire il ruolo dell'economia non è avidità, ma avere consapevolezza».

‘Servono regole ragionevoli di convivenza con il virus, impensabili chiusure dopo febbraio’

Con questo, Speziali assicura e scandisce: «Relativizzare l’assolutezza degli esperti della salute fisica non significa minimizzare la scienza, ma aumentare le scienze che ispirano la politica, con una pluralità di prospettive, per convincere la gente che non servono solo i divieti e le ordinanze, o ancora le multe». Bensì, «servono regole ragionevoli di convivenza con il virus, anche con le aperture. In questo senso, un lockdown di cui non si vede la fine non serve a nulla, è controproducente. Questa è una politica rigida, paralizzata, sempre meno compresa dalla popolazione. E non possiamo permetterci che i cittadini non si identifichino con le proprie istituzioni». E quindi arriva la staffilata al consigliere federale Alain Berset: «Se aprire prima della fine di febbraio non è realistico, non è nemmeno pensabile protrarre le chiusure in tanti settori dopo febbraio. Il rischio sarebbe di ammalare la società di mali altrettanto pericolosi. O forse ancor più pericolosi».

I giovani particolarmente colpiti

Perché per Speziali c’è «un allarme silenzioso, che segnala problemi sempre più evidenti tra i nostri giovani». Un allarme che riguarda «lacune scolastiche e riguardo gli apprendistati che preoccupano», gli ospedali e le cliniche che «in tutta la Svizzera si stanno riempiendo di ragazze e ragazzi, perché la società chiusa e intermittente ha l'insidia di acuire patologie fisiche e psichiche. Aumentano i tentativi di suicidio, aumenta anche l’abuso di psicomedicinali, così come cresce la violenza da frustrazione». I problemi si moltiplicano, per il presidente del Plr. Perché «le denunce di abusi su minori raggiungono numeri mai registrati, durante i confinamenti le cifre sono salite a livelli record. Un giovane su tre che vive problemi gravi. Come detto e scritto più volte, a pagare di più l’onda lunga della pandemia sono i giovani». Ma non solo: «Il discorso tocca sempre più persone di varie età. Le statistiche del virus non concernono solo le ospedalizzazioni e i contagi, ma c’è molto altro».

Infatti, rimarca Speziali, «l’Università di Losanna dallo scorso giugno sta analizzando le conseguenze di questo mondo disincarnato, sempre più virtuale, dove distanziamento e mascherine sono fondamentali ma hanno conseguenze. La salute del corpo biologico è più visibile, la degradazione della salute mentale, relazionale e spirituale invece è meno appariscente. Ma non per questo le sofferenze sono minori». E a sostegno prende in prestito quanto dichiarato dal sociologo Sandro Cattacin: «È molto pertinente. Dice che per troppo tempo a centro del dibattito politico c'è stato un modello bio-medicale che esclude il vero concetto di salute pubblica, e che abbiamo parlato tanto della malattia e poco del malato in tutte le sue sfaccettature sociali».