Gli utenti del trasporto pubblico lombardi e ticinesi lanciano l'sos. Elettrificare la linea potenzierebbe i collegamenti Tilo a cavallo del confine
Sulla cartina allungare sino a Lecco la linea dei pendolari che corre lungo la strada ferrata fra Ticino e Lombardia appare semplice quanto naturale. Insomma, se da Mendrisio si è arrivati a Varese, perché mai i treni Tilo che puntano su Como non potrebbero andare oltre? L'interrogativo fra gli utenti-frontalieri rimbalza da tempo. In fondo, per far proseguire i convogli fino al capolinea, toccando tredici Comuni lariani e un bacino di 250mila persone, basterebbe elettrificare un tronco della linea ferroviaria esistente, quello tra Albate-Camerlata e Lecco, lungo 37 chilometri. Del resto, il progetto ha già dei padrini istituzionali convinti, di sicuro da questo lato del confine. Il Dipartimento del territorio, prima, e l'Ufficio federale dei trasporti (Utp), poi, hanno messo nero su bianco il loro interesse. La prova è nelle missive recapitate di recente (la lettera di Berna è giunta nei giorni scorsi) all'Astuti, l'Associazione ticinese degli utenti del trasporto pubblico. Associazione che si è mobilitata, al fianco della consorella Utp, l'Associazione degli utenti del trasporto pubblico Lombardia, a difesa di questo collegamento. Il rischio che possa finire in un cassetto oggi è più che mai concreto. Il nodo gordiano? Ancora una volta è la disponibilità finanziaria. All'appello mancano, infatti, circa 80 milioni di euro. Un ostacolo che i pendolari lombardi confidano si possa superare. E per questo hanno chiesto una mano ai colleghi ticinesi.
I collegamenti tra Svizzera e Italia - in particolare fra Ticino e Lombardia - sono strategici. E alla direzione dell'Ufficio federale dei trasporti lo sanno bene. Non a caso, sottolinea il direttore Peter Füglistaler nello scritto indirizzato ad Astuti, "sulla scia del progetto Alptransit, nel 1999 i ministeri italiano e svizzero hanno formalizzato la propria collaborazione costituendo un comitato direttore". È stato il primo passo verso un 'memorandum of understanding' firmato nel 2012 aprendo così la via a un "ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria italiana con Alptransit". D'altro canto, questa intesa ha dato modo, si fa notare ancora, "di aumentare la capacità delle linee di accesso, di realizzare terminali intermodali e di uniformare gli standard d'esercizio quali la lunghezza e il peso dei treni". In un certo senso la Como-Lecco chiuderebbe il cerchio della Mendrisio-Varese. Certo senza elettricità, su quella linea i treni Tilo non potranno viaggiare.
Le aspirazioni politiche, in effetti, vanno oltre. Tant'è che, come ribadisce lo stesso Uft, i ministeri dei due Paesi sono intenzionati a continuare a coltivare questa collaborazione con l'obiettivo di sottoscrivere un nuovo memorandum, orizzonte temporale il 2035. "In questo contesto - annota il direttore dell'Ufficio - il Cantone Ticino e la Regione Lombardia hanno evidenziato la necessità di valutare un’estensione della rete regionale ticinese verso Lecco ed Erba". Di conseguenza, si conferma, "l'elettrificazione della linea Como-Lecco sarà pertanto sottoposta a un'analisi socio-economica, sulla quale si baserà la scelta dei progetti da realizzare nel quadro del 'MoU 2035'". E qui la questione si complica. Anche perché, si rammenta, il progetto di elettrificazione si trova "completamente su territorio italiano". Quindi, la decisione finale spetta al ministero italiano.
Parlarne ai pendolari lombardi (che fanno capo a un Comitato) fa persino male. La possibilità di attingere al pacchetto di investimenti destinati alle infrastrutture d'accesso alle località che ospiteranno le Olimpiadi invernali del 2026 - si parla di circa 474 milioni di euro - è sfumata definitivamente. L'annuncio è calato sull'ultimo incontro fra Astuti e Utp, assieme all'amarezza che quei fondi saranno spesi quasi per intero nelle strade. In effetti, ha spiegato Giovanni Galimberti del Comitato pendolari ai colleghi di entrambi i lati della frontiera, a differenza di quanto dichiarato l'estate scorsa, la Como-Lecco non è stata inserita fra le opere fondamentali legate ai giochi olimpici di Milano-Cortina, bensì fra quelle accessorie: come dire niente da fare. A quel punto, si lascia intendere, è partito il rimpallo di responsabilità fra autorità lombarde e centrali. Tanto più che ai lettori più attenti non è sfuggito che l'elettrificazione della Como-Lecco è scomparsa dagli ultimi documenti di Rfi, Rete ferroviaria italiana, persino alla voce 'opere future'.
Adesso al di là del valico sperano sia possibile far capo alla legge di bilancio dello Stato italiano, all'interno della quale il ministero potrebbe trovare quegli 80 milioni necessari a realizzare i lavori. D'altro canto nel 1999, ricordano da Utp, si era trovato un angolino per l'elettrificazione delle linee briantee. Certezze, è indubbio, al momento non ve ne sono, ci si lamenta: le istituzioni d'oltrefrontiera non hanno messo nero su bianco il proprio impegno. E allora che fare? Gli utenti del trasporto pubblico in terra di Lombardia sono pronti a richiamare i governi lombardo e centrale alle loro responsabilità.
Loro, i pendolari a cavallo del confine, a quella linea ci credono, eccome. Il potenziale per trasferire un buon numero di frontalieri - e ve ne sono parecchi che arrivano dal Lecchese - dalla strada alla rotaia c'è tutto, si insiste perorando la causa della Como-Lecco. Ed è questo il messaggio che intendono veicolare là dove si prendono le decisioni politiche. Certo, si ammicca, se le autorità svizzere potessero dare una spinta - si tratta pur sempre di collegamenti transfrontalieri -, aiuterebbe.