Per la seconda volta in quattro anni alla Pm Ecorecycling vanno in fumo 5mila pneumatici. La Città attende l'esito dell'inchiesta di Polizia
Alla luce del giorno in via Campagna Adorna 21B a Mendrisio restano le 'macerie' del rogo, i fumi acri e la stanchezza dei pompieri. Per una ventina di ore hanno lottato contro il fuoco che ha avvolto gli pneumatici - circa 5mila secondo una prima stima di uno dei proprietari - accatastati nel deposito della Pm Ecorecycling. Ci sono voluti 45 uomini del Centro soccorso cantonale Pompieri del Mendrisiotto, coadiuvati da 14 mezzi, per avere ragione delle fiamme, che hanno cominciato a bruciare verso le 22 di sabato e hanno potuto essere dichiarate sotto controllo ormai verso le 6 di domenica. A quel punto si è proceduto a tappe, fino alle 17.30 di ieri, per spegnere definitivamente i focolai dell'incendio - che per diverse ore ha bloccato il traffico stradale e ferroviario - e procedere con la messa in sicurezza del sito, a cominciare dalla demolizione della tettoia, che ha avuto la peggio. Il comandante Corrado Tettamanti non ha esitazioni: «Di sicuro - spiega a 'laRegione' - è stato un intervento molto impegnativo». Negli occhi c'è ancora il rogo di solo quattro anni prima.
Ciò che si è presentato davanti agli occhi dei pompieri prima e degli esperti della Sezione protezione aria, acqua e suolo (Spaas) poi - e, ieri mattina, degli specialisti della Scientifica e della Polizia giudiziaria, ma oggi ne sono attesi altri -, è uno scenario simile a quello che, giusto quattro anni orsono, si era proposto a militi e agenti. Tant'è vero che sul posto, a vedere di persona, si sono recati pure il sindaco Samuele Cavadini, il capo dicastero Sicurezza pubblica Samuel Maffi e la municipale Françoise Gehring.
In effetti, per l'azienda questa non è la prima volta. Difficile, quindi, non evocare gli interrogativi della politica, a livello comunale e cantonale. Politica che si è subito infiammata, memore dei problemi che l'incendio del 2 dicembre 2016 aveva portato con sé; in cima alla lista le polveri fini schizzate, allora, alle stelle a tal punto da compromettere ulteriormente la qualità dell'aria. All'epoca, evidente la presenza di un numero eccessivo di copertoni - se ne erano contati circa 20mila -, le autorità (cantonali per prime) avevano assicurato che la situazione sarebbe stata monitorata. È stato così?, si domandano oggi consiglieri comunali e deputati facendo piovere interrogazioni sull'esecutivo della Città e il Consiglio di Stato. Di sicuro, da quanto appreso, a fine novembre i responsabili della Spaas erano lì per delle verifiche.
Il sindaco Cavadini ha voluto, quindi, toccare con mano la situazione. La sua urgenza adesso è capire cosa è successo. «È necessario che l'inchiesta faccia il suo corso per vedere cosa ne scaturirà», dice con chiarezza. Ciò che risulta, oggi come ieri, è che dal 2003 l'azienda possiede le licenze richieste. Sebbene dopo il primo rogo abbia dovuto ridurre il numero di gomme stipate: da oltre 20mila, troppe, a 14mila; una decisione presa di concerto fra Comune e Cantone. A quel punto, si era precisato, si sarebbe data la priorità alla prevenzione. A maggior ragione ora andrà compreso se tutto era conforme, si lascia intendere. «Abbiamo bisogno di conoscere i dettagli - sottolinea il sindaco -. Non potremo, infatti, non riflettere su questo tipo di deposito. Non è più accettabile una situazione così visto che in quattro anni si sono verificati due incendi. Valuteremo, insomma - ci anticipa -, come intervenire, anche per evitare che una tale attività sia presente all'interno dell'abitato». Trovare una soluzione non sarà facile, ma è indubbio, ci conferma Cavadini, che si dovrà ragionare anche in termini di Piano regolatore.
L’AlternativA – Verdi e Sinistra insieme non fa sconti e va dritta al punto, così come lo aveva fatto già nel 2016. Non a caso torna con forza a chiedere la chiusura di un insediamento inserito in una zona densamente popolata e iscritta a Piano regolatore come area edificabile che ammette 'attività artigianali e industriali leggere'. "È inconcepibile che un’attività di questo tipo sia ancora tollerata", ribadisce con forza l’AlternativA, sollecitando il Municipio a "mettere un punto finale a questo insediamento nel comparto".
La preoccupazione, d'altro canto, è condivisa dall'intero arco parlamentare. "Questi eventi - ricordano il capogruppo Plr in Consiglio comunale Giovani Poloni e i colleghi Tiziano Calderari e Gabriele Ponti -rappresentano dei pericoli importanti, generati verso la aziende limitrofe e tutta la popolazione abitante nel quartiere adiacente la zone industriale". Quanto basta per voler conoscere, sollecitano, le cause di questo secondo rogo. Cause sino a sabato notte sconosciute.
Ecco che la fame di sapere e la necessità di avere trasparenza danno voce a tanti interrogativi sulle conseguenze per l'ambiente, il suolo e l'aria; sul rispetto delle disposizioni emanate a suo tempo, nel 2017, e sui quantitativi di gomme presenti nel deposito. Il Ppd, per mano di Davide Rossi, va oltre e chiede al Municipio se "i responsabili dell’impianto saranno tenuti ad assumersi tutti i costi degli interventi e dei danni causati"; e se ritiene "siano ravvisabili nell’evento componenti penali". Non ci si spinge, però, a rivendicare la chiusura, ma piuttosto a domandare se "non sia opportuno imporre lo spostamento di questa attività al di fuori dell’abitato".
Colleghi di partito, preoccupati, come Giorgio Fonio, Maurizio Agustoni e Luca Pagani si rivolgono, invece, al governo cantonale, consapevoli della collocazione della ditta, delle ricadute dell'incendio e memori delle parole scritte, a suo tempo, dal Dipartimento del territorio in risposta a Massimiliano Robbiani (Lega) su controlli e regole. Tanto da richiamare i termini dell'autorizzazione. La stessa di cui nel 2016 l'azienda aveva ribadito il possesso e che ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile su richiesta, comportando una verifica complessiva. Di fronte a quanto accaduto, i tre deputati vogliono capire, dunque, "quali misure possono essere messe in atto per evitare il ripetersi di questa situazione, che è potenzialmente pericolosa per la salute dei cittadini del Mendrisiotto". E soprattutto se "esistono situazioni analoghe potenzialmente pericolose" nel Distretto.
Restando a Mendrisio, il consigliere indipendente Tiziano Fontana si chiede e domanda, a sua volta, al Municipio della Città se l'azienda, protagonista di due roghi, rientri ancora tra le attività artigianali e industriali leggere a cui fa riferimento il Piano regolatore. E qui Fontana, Plr e l'AlternativA introducono un altro tema per nulla trascurabile, quello pianificatorio. "Alla luce dei ripetuti incendi che hanno coinvolto questa ditta e questo settore - esordisce Fontana - non è opportuno rivedere il Piano regolatore e inserire nelle relative Norme di attuazione il divieto esplicito di simili attività in zona edificabile AC artigianato e commercio?". Il Plr, da parte sua, interroga l'esecutivo su "come intende gestire queste attività pericolose adiacenti a zone residenziali" e su quali "strumenti legali vi sono per limitare i rischi verso la popolazione". Sinistra e Verdi non hanno dubbi, occorre "avviare un’ampia riflessione a livello pianificatorio. Quella interessata è infatti una zona residenziale che deve convivere con attività artigianali e industriali compatibili con edifici di abitazioni". D'altro canto, rammentano ancora, coerente con l'impegno preso per uno sviluppo sostenibile, l'autorità comunale dovrebbe attivarsi "concretamente, facendo sempre più propria una visione strategica che tenga in considerazione il benessere della popolazione e la qualità dell’ambiente. E, nel caso specifico, puntando su realtà produttive compatibili con il comparto in cui sono insediate".