Un anziano pensionato ex autista di mezzi pubblici è accusato di aver approfittato di alcune ragazzine costringendole a subire abusi di ogni sorta
Per oltre 25 anni (dal 1994 all'autunno dell'anno scorso) ha costretto quattro ragazzine minorenni a toccarlo nelle parti intime. Le ha baciate, palpeggiate e accarezzate sulla bocca e nelle zone erogene sopra e sotto i vestiti. Talvolta si è spinto oltre e le ha masturbate con le mani e la lingua facendosi mettere le mani sul pene. Altre volte invece era lui che si strofinava il suo organo sessuale sul sedere, sul seno e sulla vulva delle minorenni. Gli episodi sarebbero stati ben 104. Allora frequentavano le scuole elementari o le medie. I reati a sfondo sessuali sono stati commessi mentre svolgeva il suo lavoro di autista dell'autopostale nel Luganese per il trasporto di allievi, nella sua abitazione o nelle case delle ragazzine quando i genitori o altri familiari erano assenti. Le voci degli utenti dei mezzi pubblici giravano parecchio quando lui era ancora attivo professionalmente. Alcuni autisti suoi colleghi hanno dichiarato a verbale che ogni tanto l'uomo addirittura conduceva tirando fuori il pene. Tuttavia, il 'vaso di Pandora' è stato scoperchiato soltanto quando una delle prime vittime ha avuto il coraggio di denunciarlo all'inizio di quest'anno.
È una storia inimmaginabile quella che sta emergendo stamattina dall'aula penale di Palazzo di giustizia a Lugano. Sul banco degli imputati c'è un anziano di 77 anni cittadino svizzero, pensionato, divorziato (da alcuni anni residente nel sud Italia) accusato di atti sessuali ripetuti e in parte tentati e di ripetuta coazione sessuale. Oggi, durante il dibattimento ha in parte ammesso i fatti, ha sostenuto che può essere capitato ma è passato talmente tanto tempo che non ricorda bene. Alcune situazioni le ha negate sostenendo che non gli è mai piaciuto farsi toccare dagli altri. Dichiarazioni, queste, parzialmente in contrasto con quanto dichiarato negli interrogatori durante l'inchiesta penale. Le vittime si sentivano obbligate a ubbidire a fare quello che lui diceva senza riferirlo ad altre persone ("altrimenti avrebbero subito gabole") perché avevano paura di lui che incuteva soggezione. L'imputato ha approfittato dell'attaccamento, del legame affettivo e della sua superiorità fisica esercitando pressioni psicologiche sulle ragazzine, si legge nell'atto d'accusa firmato dal sostituto procuratore generale Nicola Respini. L'uomo, difeso dall'avvocato Marie Zweiger ha sostenuto di non essere arrabbiato con chi lo ha denunciato.
La presidente della Corte delle Assise Criminali di Lugano è presieduta da Francesca Verda Chiocchetti, assessori giurati Aurelio Facchi e Monica Sartori-Lombardi. Al dibattimento sono presenti anche quattro avvocati, rappresentanti delle accusatrici private: Emanuele Verda, Stefano Genetelli, Sandra Xavier e Massimo Quadri. La giudice sta ricostruendo i particolari di una vicenda raccapricciante e per certi versi inquietante. Le dichiarazioni rilasciate a verbale e negli interrogatori dalle vittime sono circostanziate. L'imputato in aula ha cambiato versione cercando di minimizzare il periodo, il numero, la frequenza e la durata degli abusi, in particolare sulla figlia dell'ex moglie. «Ammetto di aver fatto cose gravi. Mi dispiace tanto, ho anche chiesto scusa e sono dispiaciuto per i familiari. Allora, però non mi rendevo conto di quello che facendo. Quando mi sono reso conto della gravità delle cose che facevo, ho smesso», ha detto l'imputato in aula rispondendo alle domande della giudice. Era importante che lui non toccasse più la figlia della moglie, ha continuato l'uomo. Un pentimento, il suo, che però non gli impedito di continuare ad abusare della ragazza e delle altre giovani.