Una serie di strumenti supplementari per la lotta al terrorismo. Ma il caso dell'accoltellamento alla Manor conferma che anche la Svizzera non è al riparo
La portavoce della Polizia federale Catherine Maret ci conferma che il movente terroristico non è escluso e per questo sono a stretto contatto con la Polizia cantonale ticinese: «Lavoriamo insieme». Al momento però la procedura investigativa, ribadisce a 'laRegione', è in mano ai colleghi ticinesi: «Quando si avranno più informazioni è possibile che il dossier venga preso in mano dal Ministero pubblico della Confederazione. Qualora la pista terroristica non sarà invece confermata l'inchiesta rimarrà nelle mani del Ministero pubblico ticinese».
È la prima volta di un fatto simile in Svizzera? La portavoce ricorda i fatti di Morges, dello scorso settembre, con l’omicidio di un portoghese di 29 anni avvenuto nel canton Vaud, perché si sospettava fosse legato al terrorismo, o del 26enne mentalmente squilibrato e sospettato di radicalizzazione con doppia cittadinanza svizzero-turca incarcerato nell’aprile 2019 dopo aver tentato di dare fuoco a una stazione di servizio di Prilly, sempre nel Canton Vaud.
Se la matrice terroristica sarà confermata, la Svizzera può dirsi non al riparo da questi generi di atti? «Questo è chiaro. Abbiamo ora la possibilità di mettere in campo, con l'approvazione del disegno di legge in parlamento, delle misure preventive. Tutta una serie di strumenti supplementari per la lotta al terrorismo. Negli ultimi anni in Svizzera abbiamo investito molto nella lotta al terrorismo. Questo progetto di legge è l'ultimo di una lunga serie, dal piano di azione contro la radicalizzazione e l'estremismo violento all'adattamento del Codice di procedura penale, fino a queste ultime importanti misure di polizia. Ma, purtroppo, non possiamo mai dirci pronti!».