Ticino

Ticino, al confine tra incertezze e posti di blocco

Sulla frontiera della paura da coronavirus: il flusso di frontalieri non si è interrotto, ma il transito è calato, si stima, del trenta per cento.

Infografica ©laregione
10 marzo 2020
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Un lunedì speciale sulla frontiera della paura da coronavirus: il flusso di frontalieri non si è interrotto, ma il transito è calato, si stima, del trenta per cento.

Dogana di Chiasso Strada, 9 marzo: il ‘flusso’ non si è interrotto. Il via vai al confine – tra Lombardia e Ticino, in quella che, calendario alla mano, è o dovrebbe essere una giornata lavorativa normale – c’è. Ma in maniera ridotta. Lo spiega bene il volto di una Guardia di confine: dopo averci fatto capire di non essere autorizzata a parlare, alla domanda se questo è un lunedì come gli altri concede poche parole: «È qui da vedere». Le macchine passano, ma il transito, si stima, è diminuito di almeno un 30%. Numeri che conferma anche un militare della Guardia di finanza, dopo aver cercato di aiutare due donne che, qualche ora prima, sono state ‘respinte’ al valico. Tanti, però, i «non so come aiutarla» che abbiamo sentito in pochi minuti di conversazione.

Da un lato regna un po’ di incertezza sulle disposizioni: «Non abbiamo limitazioni per quel che concerne l’area Schengen – si lascia sfuggire il funzionario italiano – e di conseguenza noi non possiamo fermare i frontalieri”. Dall’altro, tuttavia, vi sono le recentissime misure adottate dal governo italiano e da quello ticinese: chi lascia la Lombardia per recarsi in Ticino lo può fare unicamente per recarsi al posto di lavoro. Ergo: permesso G alla mano ed eventualmente anche contratto o almeno un attestato del proprio datore di lavoro.

Ecco allora i posti di blocco approntati nel pomeriggio dalle nostre forze dell’ordine a poche centinaia di metri dalle dogane, per esempio quelle di Chiasso, Gaggiolo, Bizzarone e Seseglio. Arterie principali del frontalierato. Per gli agenti della Polizia cantonale si tratta di fare un controllo minuzioso, capillare. L’ordine? Fermare ogni auto immatricolata in Italia e verificare che conducenti e passeggeri si stiano spostando in Svizzera per lavorare. In quel caso sì, le code non mancano. E sebbene le ‘regole’ siano state sufficientemente chiarite dalle autorità italiane e da quelle elvetiche, non mancano i ‘dietrofront’. Diversi gli automobilisti invitati dai poliziotti – previa registrazione del numero di targa nel rapporto – a invertire il senso di marcia.

A Berna il consigliere agli Stati democentrista Marco Chiesa, con una mozione, chiede che la Confederazione “limiti l’accesso in Ticino dei lavoratori provenienti dalle Regioni e dalle Province italiane isolate alle figure professionali indispensabili, tra cui gli addetti del settore sociosanitario, invitandole a rimanere sul nostro territorio”.

Si soggiorna in albergo

Tra i frontalieri e gli imprenditori attivi nel Mendrisiotto (e non solo) si teme anche che le autorità possano arrivare a chiudere le frontiere. E allora c’è chi, durante il fine settimana, ha elaborato un piano affinché la produzione delle aziende non si fermi. Così ha fatto un’azienda con sede a Castel San Pietro. Da domenica i dipendenti provenienti dalla Penisola alloggiano in alberghi della zona: chi a Chiasso, chi a Lugano. Un provvedimento che durerà almeno sino a venerdì. Con una promessa: “Con la Direzione stiamo valutando le azioni da intraprendere per premiare lo sforzo che stiamo chiedendo alle persone”.

‘Polcom subordinate alla Cantonale’

Ieri mattina il municipio di Monteggio ha scritto a quello di Caslano chiedendogli “di voler dare disposizioni al Corpo di polizia strutturata affinché tutte le forze disponibili vengano destinate al controllo degli ingressi al confine, in ossequio alle decisioni assunte dal Consiglio di Stato domenica”. In particolare “si chiede di coordinare con la Polizia cantonale il controllo nelle quattro dogane sul territorio del nostro comprensorio: Ponte Tresa, Ponte Cremenaga, Fornasette e Cassinone”.

Afferma il sindaco di Monteggio e consigliere nazionale Udc Piero Marchesi, da noi interpellato: «Spero che Caslano, comune sede della polizia intercomunale, della quale ha la responsabilità diretta, e gli altri municipi convenzionati diano seguito alla nostra istanza per far sì che la misura presa ieri (domenica, ndr) dal governo venga effettivamente attuata: stamattina (domenica, ndr) nel nostro comprensorio solo a Ponte Cremenaga ci sono stati dei controlli nel senso indicato dal Consiglio di Stato».

In base alla Legge ticinese sulla collaborazione tra Polizia cantonale e polizie comunali, ricorda Dimitri Bossalini, presidente dell’Associazione delle polcom (Apcti), ”per la gestione di situazioni come quella che stiamo vivendo le polizie comunali sono subordinate alla Cantonale. I corpi locali vengono pertanto integrati in un dispositivo cantonale di sicurezza per far fronte a un evento maggiore. La Polizia cantonale può quindi disporre l’impiego delle polizie comunali per compiti finalizzati alla tutela della popolazione”.

E per quanto attiene alle mansioni ordinarie, come si regolano i corpi locali visto che una parte dei loro agenti è o potrebbe essere impegnata sul fronte dell’emergenza coronavirus? “Ogni polo di polizia comunale sta verificando e valutando quali compiti possono essere per il momento ridotti o assegnati temporaneamente a società di sicurezza private. E ciò proprio per dare priorità agli interventi legati a questa particolare e del tutto nuova situazione”.