Sui devastanti incendi australiani si sono sovrapposte molte informazioni, spesso di difficile verifica. Per questo torna comodo uno scritto diffuso su Facebook da Giorgio Vacchiano, ricercatore nell'ambito della selvicoltura e della pianificazione forestale presso l'Università degli Studi di Milano, e ripubblicato dal quotidiano online ilPost.
Dall'autore del volume 'La resilienza del bosco' si imparano diverse cose:
- il cambiamento climatico c'entra eccome: contribuisce all'aumento di aria secca sull'Oceania, favorisce uno spostamento dei venti che accresce il rischio di incendi estesi, e dunque ha un ruolo nell'estate più calda e secca dal 1900.
- A loro volta gli incendi contribuiscono al fenomeno, aumentano il rischio idrogeologico, portano all'iscurimento dei ghiacciai neozelandesi che dunque rischiano di sciogliersi più rapidamente.
- la politica australiana favorevole all'industria carbonifera è una causa solo indiretta del problema: nel senso che il clima globale è interconnesso, quindi il consumo di carbone in loco conta quanto l'inquinamento che generiamo noi dall'altra parte del mondo.
- Metà delle accensioni sono causate da fulmini, soprattutto quelle con conseguenze più devastanti. La 'caccia al piromane' è fuorviante, un po' perché rischia di far dimenticare le cause climatiche, un po' perché si rischia di confondere il dolo con l'errore umano, infine perché "il problema qui non è cosa accende la fiamma, ma cosa la fa propagare una volta accesa".
- Dire che l'intera Australia è in fiamme è scientificamente discutibile, dato che da ottobre a oggi gli incendi hanno percorso 8 milioni di ettari: il doppio della superficie bruciata in Siberia e Amazzonia nel 2019 – ed è molto preoccupante –, ma su un totale di 769 milioni di ettari.
- Non si deve ignorare la propensione naturale del bush australiano a bruciare: in parte, dunque, l'intero ecosistema australiano – inclusi gli animali – è 'abituato' al fenomeno almeno finché si presenta con le entità abituali. Anche la stima di mezzo miliardo di animali uccisi, secondo Giorgio Vacchiano, è "grossolana" e difficile da confermare.
- Poi naturalmente c'è il rischio per l'uomo: almeno 25 morti, aria inquinata, danni per miliardi di dollari, erosione,
- Cosa possiamo fare? "Ridurre le nostre emissioni con comportamenti collettivi ad alto impatto".
Qui di seguito il post completo di Vacchiano, che merita un'attenta lettura: