La condanna dell’ex maestro di Montagnola ha portato a galla comportamenti poco ortodossi e un clima di omertà fuori e dentro le aule scolastiche
Non solo maestro, ma anche sindaco e primo cittadino. Un ‘potere’ accentrato nel Comune, oggi di Collina d’Oro, in una sola persona per diversi anni. E il ‘potere’ si sa può anche fare male. Riverito e temuto in classe e a palazzo municipale, ma soprattutto fra le vie e le piazzette del borgo, dove tutti si conoscono, dove tutti sanno ma preferiscono non dire o portare giustificazioni di facciata. Fino a quando alcune coraggiose famiglie si rendono conto che l’omertà di un paese può ledere alla sana crescita dei propri figli e scoperchiano il tetto della scuola. In molti (abbiamo poi potuto appurare scavando nella ‘carriera’ del poco ortodosso docente) erano al corrente di quanto succedeva in quell’aula elementare. Un maestro ‘padrone’ che mal accettava la vivacità degli allievi e che utilizzava anche la sua posizione all’interno della comunità per colpire i più deboli minandone lo sviluppo psichico. Metodi da scuola dell’Ottocento giustificati dall’insegnante a processo con giochi di parole: “Non gridavo ma alzavo la voce”, “non legavo le alunne alle sedie ma le infiocchettavo”, “non picchiavo ma toccavo”.
A preoccupare in tutto questo la mancanza assoluta di pentimento, di scuse. Ma soprattutto l’assenza di una mano ferma, la mano di chi avrebbe potuto, e dovuto, fermare certi metodi, dopo peraltro essere venuti a conoscenza del precedente di una multa amministrativa per fatti analoghi. La sua nuova condanna (prima svizzera per questo tipo di reato che vede coinvolto un docente, fatto salvo il diritto alla presunzione di innocenza qualora vi fosse ricorso) dimostra, purtroppo si dovrebbe dire, che vi sono professioni che non possono esimersi dal rispetto della persona, ancor di più se bambino e confrontato con la necessità (e il diritto) di un’educazione valida. Non solo, il maestro di Montagnola ha fatto sì che il suo ruolo amministrativo comunale influisse nei rapporti con i genitori, intimiditi da tanta arroganza, la stessa mostrata davanti al giudice. Sentimenti da ‘intoccabile’ proferiti ancora una volta lo scorso 2 settembre, primo giorno di scuola. Lui sulle scale d’entrata, con la scusa di una visita all’archivio comunale (dove nel frattempo ha trovato impiego), guardava dall’alto al basso i bambini e le loro famiglie. Un gesto fuori luogo, palesemente di sfida, probabilmente naturale per chi nella vita ha fatto del proprio smisurato ego un’arma capace di infliggere, su un lungo periodo di tempo («la verità non va mai in prescrizione» ha detto una mamma) nell’animo di bambini di soli sette/otto anni dolore e frustrazione.