La Gestione chiede al Municipio di essere coinvolta nella costruzione dei preventivi: bella idea ma priva di un’intesa comune su ‘cosa’ e ‘come’
“Così non si può più andare avanti”. In tempi recenti lo ha detto Christian Vitta riferendosi ai rapporti ritenuti sempre più insoddisfacenti fra Ticino e Confederazione, additando quest’ultima e non le istituzioni cantonali. Idem, due settimane dopo, i Municipi delle cinque città ticinesi che lamentano scarso feeling operativo con le autorità superiori, accusate di crescente incuranza delle esigenze locali. Lo stesso sta capitando ora con la Commissione della gestione del Consiglio comunale di Bellinzona che ‘pretende’ un nuovo modus operandi con l’esecutivo nell’elaborare i preventivi. A sua volta il sindaco Mario Branda, presentando il P25 contraddistinto da un disavanzo record di 14 milioni, ha esternato insofferenza per lo scaricabarile reiterato da Palazzo delle Orsoline ai danni di Palazzo civico.
Dal macrosistema confederale al microcosmo turrito, a tutti i livelli monta il prurito verso le soluzioni calate dall’alto, probabilmente figlie anche dell’atavico sentimento – un tempo ben radicato nell’ultraconservatrice mamma Elvezia – secondo cui lo Stato pensa a tutto e decide tutto (poi si va a votare a ritmi esemplari, ma non di rado su principi inapplicabili e riforme troppo coraggiose). Inoltre è da mettere in conto che intensificare i rapporti ai vari livelli costerà (o costerebbe, perché non è detto che effettivamente si riesca a cambiare qualcosa nelle modalità) tempo e impegno, specialmente laddove la politica è di milizia quasi pura.
Il vicesindaco Fabio Käppeli ha reagito alla sollecitazione della Gestione aprendo la porta ma pronunciando un altolà: lo si faccia a patto che il lavoro d’assieme miri a ridurre il disavanzo, non ad aumentarlo. Perché questo è il nocciolo della questione: da qualsiasi angolazione la si guardi, la coperta è sempre più corta e il letto sempre più affollato. Inoltre non di rado dai rapporti di maggioranza della Gestione (quelli riferiti a preventivi e consuntivi) è emersa negli ultimi anni scarsa linearità, con vari capitoli redatti da più consiglieri politicamente agli antipodi anche solo nello stile di scrittura, ciò che ha reso i testi dei rebus irrisolvibili (si distingue l’Mps finora affidatosi a una sola mente).
Se le premesse sono queste, allora c’è da tirare una riga e ripartire su nuove basi. Più facile a dirsi che a farsi vista la crescente polarizzazione e frammentazione in seno al legislativo. La ricerca del compromesso, sulla quale mamma Elvezia (la stessa di prima) ha costruito una fetta del suo successo, fa sempre più parte del passato e la capitale del Ticino non fa eccezione. Inoltre l’esercizio annunciato e voluto presuppone che vi sia una certa visione comune delle cose, fra i vari gruppi politici, soprattutto quando ci si pone di fronte al Municipio come un collettore di idee e soluzioni.
Non bisogna chiamarsi Mago Otelma per predire che l’esercizio, voluto all’unanimità dalla Gestione, fallirà se alla base mancherà – e vi sono buone probabilità che finirà così – la capacità di capirsi tutti, e non solo a maggioranza, sulle priorità. E su come far quadrare i conti. Perché è di questo che si sta parlando. In parole povere: tagli. Perché le riforme fiscali (irreversibili) stanno mostrando i loro effetti sui conti pubblici, il moltiplicatore (il più elevato dei centri ticinesi) non può essere alzato, e le sopravvenienze d’imposta (che trasformano l’acqua in vino) non sono infinite. Sempre che il Cantone non accetti di cambiare metodo con i Comuni e Berna col Ticino. E siamo da capo.