Aveva 70 anni. Il suo film più celebre, del 2003 aveva alimentato il fenomeno della Ostalgie. Nel 1988 aveva vinto il Pardo d'Oro a Locarno con ‘Farfalle’
È morto a 70 anni il regista tedesco Wolfgang Becker. A renderlo celebre era stato soprattutto il film del 2003 “Good Bye, Lenin!”, in cui il protagonista, il giovane Alex interpretato da Daniel Brühl, ricrea la DDR comunista nella camera da letto della madre, fervente adepta del regime, per evitarle lo shock al risveglio dal coma dopo la caduta del Muro di Berlino. Con "Farfalle" aveva vinto, inoltre, il Pardo d'Oro al Festival del Cinema di Locarno nel 1988.
Becker è morto giovedì dopo una grave malattia, ma comunque inaspettatamente, secondo l'agenzia Just Publicity. “Lascia la moglie Susanne e la figlia Rike. La famiglia chiede che venga rispettata la loro privacy”.
Il regista era nato nel Sauerland (nella città di Hemer, in Westfalia), aveva studiato a Berlino, dal 1974 al 1979 alla Libera Università di Berlino e dal 1981 alla German Film and Television Academy Berlin (dffb).
Ha fondato la società di produzione “X Filme” con Tom Tykwer, Dani Levy e Stefan Arndt. Fra le altre sue opere, la tragicommedia “Das Leben ist eine Baustelle” con Jürgen Vogel e la satira “Ich und Kaminski”, ancora una volta sull'inganno.
Becker, in occasione del suo 65° compleanno, aveva raccontato all'agenzia Dpa che nelle interviste su “Good Bye, Lenin!" la domanda che gli veniva spesso posta per prima è se fosse un tedesco dell'Est o dell'Ovest: domanda alla quale rispondeva: "Potete cercarlo su Google".
Il regista ha dichiarato che in “Good Bye, Lenin!” ha voluto far soffiare il vento della storia in un piccolo appartamento prefabbricato: la storia contemporanea come sfondo, una famiglia in primo piano. E una menzogna ad aleggiare su tutto.
Becker affermava inoltre che il termine “Ostalgie” (nostalgia della Germania dell'Est) si è diffuso dopo la realizzazione del film, soprattutto attraverso i programmi televisivi, ma che lo trovava “per nulla appropriato” in relazione ad esso. E a chi lo accusava che il film avesse una “visione rosea e ostalgica della DDR”, con una sorta di idealizzazione retrospettiva o di romanticizzazione di un regime ingiusto, rispondeva “allora posso solo dire: non avete veramente visto il film”.
L'Ostalgie aveva comunque un significato diverso per gli ex cittadini della DDR. “Non si trattava di una nostalgia della vecchia DDR, ma della difesa delle proprie conquiste e del proprio passato”.