Negli ultimi vent’anni, i ricercatori hanno osservato la tendenza alla chiusura. I dati sono forniti dai satelliti Nasa
Il buco dell’ozono che si forma ogni anno sopra l’Antartide continua a ridursi: quest’anno, tra il 7 settembre e il 13 ottobre, ha raggiunto i 23,2 milioni di chilometri quadrati, un’area leggermente inferiore a quella dell’anno precedente che conferma il trend di chiusura osservato negli ultimi vent’anni.
I dati, ottenuti grazie ai satelliti della Nasa e dell’agenzia statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), mostrano inoltre che l’eruzione del vulcano Hunga Tonga nell’Oceano Pacifico, avvenuta a gennaio 2022 e che si temeva potesse influire negativamente sulla dimensione del buco, non sembra aver prodotto conseguenze. Lo stesso non era avvenuto nel 1991, con l’eruzione del Vulcano Pinatubo nelle Filippine, che aveva invece amplificato l’esaurimento dello strato di ozono a causa delle notevoli quantità di anidride solforosa rilasciate.
Lo strato di ozono, la porzione della stratosfera che protegge il nostro pianeta dai raggi ultravioletti del Sole, si assottiglia ogni settembre provocando il ben noto ‘buco dell’ozono’ sopra il Polo Sud. Questo perché, durante ogni inverno australe, molecole reattive di cromo e bromo presenti nell’atmosfera (che provengo da sostanze prodotte dalle attività umane) si attaccano alle nubi presenti in alta quota e, quando il Sole torna a sorgere alla fine dell’inverno, iniziano a distruggere l’ozono.
"I cambiamenti meteorologici e altri fattori fanno oscillare leggermente i numeri tra una settimana e l’altra, ma nel complesso il buco si sta richiudendo", commenta Paul Newman del Goddard Space Flight Center della Nasa. "L’eliminazione delle sostanze dannose per l’ozono – continua Newman – stabilita dal Protocollo di Montreal (entrato in vigore nel 1989) sta funzionando".