Cassa pensione dello Stato, Vitta (Dfe) propone alla Gestione di riflettere su una via che, a caldo, trova l’apertura a discuterne di tutti i gruppi
Non più il finanziamento tout court temuto da alcuni, ma un prestito. E di 700/750 milioni di franchi, non di circa due miliardi come previsto in prima battuta. È questo lo scenario proposto stamattina alla Commissione parlamentare della gestione dal direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta per uscire dall’impasse riguardo al risanamento dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino, la denominazione attuale della Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato. I soldi ricevuti in prestito dal Cantone saranno investiti per trent’anni dall’Ipct, il quale procederà al proprio risanamento grazie ai guadagni sul mercato e allo stesso tempo ripianerà il proprio debito con lo Stato.
Compiti delle vacanze per i commissari della Gestione, quindi. Una presa di posizione è attesa infatti per settembre. Assieme alla risposta definitiva a una domanda non da poco: la via del prestito farà in modo di evitare la spada di Damocle rappresentata dalla possibilità di chiamare un referendum espressa a più riprese dalla Lega? «Penso di sì», risponde intanto alla ‘Regione’ il granconsigliere leghista Michele Foletti: «Noi eravamo contrari al fatto che i cittadini contribuenti ticinesi, con le loro imposte, salvaguardassero le rendite privilegiate acquisite degli statali. Se si trova un altro sistema di finanziamento che tutela, però, anche i cittadini contribuenti da parte nostra la volontà di discuterne c’è». Gli fa eco da via Monte Boglia il deputato e membro della Gestione Michele Guerra: «Il gruppo della Lega ne discuterà in seguito, ricordando che ha già preannunciato un referendum qualora si dovesse procedere con la proposta iniziale e non con varianti in grado di tutelare al massimo il cittadino». Come questa su cui la Gestione rifletterà durante la pausa estiva. Ad ogni modo, Guerra ricorda che «come noto, il tema è stato analizzato per sei mesi da parte della nostra sottocommissione finanze che, facendo capo anche a esperti, è giunta a stilare un rapporto tecnico oggettivo e non politico, condiviso però da tutti gli schieramenti». In questo rapporto, sottolinea Guerra, «abbiamo identificato cinque possibili vie per affrontare il problema: una di queste, era proprio un risanamento più strutturale che non rappresentasse un mero cerotto in grado di tamponare solo momentaneamente la ferita. Quanto stiamo discutendo e approfondendo in questi giorni rispecchia proprio questa via. Bisognerà ora capire dopo gli approfondimenti se è una via concretamente percorribile».
La soluzione del prestito è figlia della proposta di istituire un fondo sovrano da investire nel mercato formulata dal deputato Udc Paolo Pamini che, da noi interpellato, manifesta la sua soddisfazione: «Non è ripresa uno a uno dalla mia idea, ma questa proposta di prestito è sicuramente interessante. All’inizio avevo parlato, come ordine di grandezza, di due miliardi di franchi di debito da mettere in questo ipotetico fondo sovrano. Ora effettivamente - prosegue Pamini - dalle ultime discussioni sembrerebbe che la cosa potrebbe stare in piedi anche con 750 milioni». Il motivo sta nel fatto che «il costo del finanziamento potrebbe essere molto minore di quanto ipotizzato: dal 2% l’anno di interesse passivo da pagare, si potrebbe passare a uno 0,5%. Questo fa si che servono meno soldi per generare lo stesso guadagno tra trent’anni». Soddisfatto, certo. Ma Pamini avverte sulle prossime tappe: «I dettagli finali, la messa a punto dovrà essere minuziosa. Le valutazioni sulla gestione e sugli investimenti dovrà essere attenta».
Detto della destra, anche a sinistra c’è (parecchia) apertura verso la possibilità del prestito. Il capogruppo socialista Ivo Durisch uscito dalla riunione della Gestione ci spiega che «la soluzione per noi può andare bene. Ma bisogna comunque sincerarsi in un qualche modo che una parte di questi soldi vengano garantiti comunque alla cassa pensione, per evitare che a pagare lo scotto siano gli assicurati». Rilevato che «è importantissimo scongiurare un referendum», Durisch guarda al futuro e annota che «occorre si facciano investimenti sostenibili sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista sociale: chiederemo questa sicurezza perché per noi questa deve essere espressa come volontà del parlamento». Se Pamini è scettico su questa possibilità, la coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin tiene fermo il punto: «Lo diciamo da tempo: noi siamo per una presa di coscienza globale del problema. Quello della cassa pensione è un problema di modello, non singolare ma di sistema e se non lo risolviamo andiamo a dissanguare i giovani attivi. Parallelamente - continua Bourgoin -, con questo nuovo credito e il prestito legato andiamo a incidere su un aspetto fondamentale: la responsabilità sociale e ambientale delle casse pensioni. Con i soldi della popolazione e dello Stato si possono fare investimenti ‘puliti’ a beneficio di tutta la comunità».
Apre al prestito anche la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella: «Per il Plr è sempre stato importante trovare soluzioni nel limite del possibile definitive, non cambiali in bianco. Bisogna che siano messi in chiaro anche i prossimi passi per dare, anche alla cittadinanza, una prospettiva sul lungo termine». Quindi la via esposta oggi da Vitta «di principio si può approfondire, sono veramente soddisfatta che dopo lunghe discussioni siamo riusciti a trovare uno scenario più percorribile».
Per il popolare democratico Lorenzo Jelmini «tutto quello che può aiutare a risolvere il problema a me sta bene, e tutto quello che può aiutare lo Stato in un momento di difficoltà finanziaria a trovare soluzioni più ‘votabili’ e interessanti le condivido». Aveva avvertito del pericolo di politicizzare la questione, Jelmini. Il fatto che il prestito allontani il referendum leghista lo soddisfa? «Stiamo dimostrando come commissione di evitare il più possibile il muro contro muro, con il dialogo costruttivo si può ottenere molto».