Mendrisiotto

‘Siamo un po’ tutti Cenerentola'

Dalla collaborazione fra Sociopsichiatria e Supsi a Casvegno è nato un nuovo momento teatrale capace di allontanare lo stigma del disagio psichico

Da ‘Danzare nella cenere’
(Ti-Press/Davide Agosta)
21 dicembre 2023
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«Il destino non guida, rivela». Un violino, quattro corde e le prime note della Cenerentola di Gioacchino Rossini. E il viaggio può cominciare, lì sul palcoscenico e in platea. Dimenticatevi, però, della favola popolare (quella reinterpretata da Walt Dinsey, per intenderci). Quest’anno il teatro Centro sociale del quartiere di Casvegno a Mendrisio ha fatto da sfondo a un altro racconto. La Cenerentola che ha trovato casa negli spazi dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (Osc) in fondo ha offerto solo il pretesto per portare in scena la realtà, non la fiaba. Accendendo, con lo spettacolo ‘Danzare nella cenere’, un riflettore sulle esistenze di chi convive con il disagio psichico, anche fra le mura di casa, anche nel rapporto con la propria madre. Ancora una volta gli studenti del Bachelor di Lavoro sociale e del Conservatorio della Svizzera italiana – diretti dal maestro Fabrizio Rosso – hanno colpito al cuore parlando di tematiche come il riscatto, la crescita, la rinascita e il perdono; riuscendo, in questo caso come negli anni scorsi, a scardinare il pregiudizio.

Del resto, quella di Cenerentola è una grande storia, come ha ricordato Lorenzo Pezzoli, professore in Psicologia applicata alla Supsi. «E in ognuno di noi abita una Cenerentola. A ciascuno può essere capitato, infatti, di finire nella cenere per una malattia, una difficoltà, una esclusione, un tradimento, una delusione. E di rialzarsi».

‘Le corde della vita’

I ragazzi e le ragazze della Supsi hanno fatto una scelta per la vita, quella di misurarsi con la sofferenza degli altri. E sanno bene, come sottolinea il loro professore, che il lavoro che venerdì scorso hanno proposto al pubblico è una sorta di restituzione di ciò che si riceve incrociando il cammino degli utenti dell’Osc. Due di loro, una settimana fa, erano in sala: il risultato di ciò che è stato rappresentato lo si deve pure a loro. «Le grandi storie, le fiabe come le leggende o le tragedie, ci accompagnano sempre – ha fatto presente il professor Pezzoli in occasione della rappresentazione –. Ci servono per capire un po’ chi siamo, a volte per leggerci dentro o trovare strade che non vediamo, o eludere inciampi e sotterfugi che la vita mette di mezzo. Non siamo liberi sul destino, ma sulla destinazione, su come ci giochiamo le corde che la vita ci ha dato».

‘Per lottare contro il pregiudizio’

Ecco che la collaborazione multidisciplinare stretta nell’ultimo decennio fra l’Osc e la Supsi si è rivelata preziosa quanto proficua. «L’approccio introdotto nel ‘Modulo metodi e tecniche di intervento col disagio psichico ha consentito di sviluppare un percorso che ha posto al centro storie di vita nostra, dei nostri utenti, del Club ’74 – ha spiegato dal canto suo Daniele Intraina, direttore dell’Osc –. Questi racconti, questi momenti di vita sono sempre stati splendidamente accostati e valorizzati da opere musicali e teatrali. Riuscendo soprattutto a dare voce a quelle persone a cui noi dobbiamo tutta la nostra attenzione, che si sono prestate a raccontare la loro esperienza all’interno di momenti segnati dal disagio psichico». E ciò, ha rimarcato, consegna uno strumento in più nella lotta alla stigmatizzazione e al pregiudizio, «che ancora oggi accompagnano dei percorsi di cura».

‘Siamo portatori di storie autentiche’

Certo, come ha fatto notare al pubblico Consuelo Rigamonti, copresidente con Rio Tonini del Club ’74 (parte integrante del progetto teatrale), «non è facile parlare del disagio, delle difficoltà, dei vari risvolti che la vita ci può porre di fronte». Qui gli utenti si sentono, però, «portatori di storie autentiche e di vissuti. Perché conosciamo i Servizi e siamo consapevoli dei loro pregi e dei loro difetti». C’è però la soddisfazione di vedere come l’intesa con la Supsi abbia dato modo di raggiungere obiettivi «che ci sembrano sempre più ambiziosi nel campo della formazione sulla salute mentale, nell’ambito divulgativo-espressivo e culturale».

‘È pazzo chi contrasta con le stelle’

E se per corpo docente e studenti della Scuola queste ‘esplorazioni’ che toccano l’anima rappresentano anche delle «occasioni di apprendimento importanti», come ha rimarcato Anna Piccaluga-Piatti, responsabile della formazione al Deass (Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale), come per il Club ’74 anche per Ingrado, Pro Mente Sana e il Gruppo teatrale Concreta sono delle collaborazioni impagabili. Per chi è parte di Concreta il lavoro portato in scena ha dimostrato che «non ci sono parole vuote nella condivisione di una esperienza; è un dato di fatto: e questo è il senso del teatro; per sentirci un po’ meno soli, un po’ più umani e accolti».

Una cosa è certa, i giovani protagonisti dello spettacolo, educatori in formazione, calato il sipario si sono ritrovati con un bagaglio più ricco di esperienze, come loro stessi hanno confermato in un video di presentazione. Perché, annota una studentessa, «la storia di Cenerentola tocca ognuno di noi nel profondo in qualche modo». Così c’è chi si porta a casa« l’importanza del lavoro di squadra, il fidarsi l’uno dell’altro». E chi si tiene stretto il «viaggio di esplorazione delle vite nelle quali abbiamo avuto il privilegio di poter entrare, anche se per poco». D’altro canto, «chinarsi sulle vite degli altri è anche chinarsi verso se stessi». Tanto da essersi messi in gioco come mai prima. A noi rimane una frase della pièce: «È pazzo chi contrasta con le stelle». Ma sarà davvero sempre così?

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