Processo per l'assassinio di Monte Carasso: in aula l'imputato conferma i fatti. L'idea, sottolinea, è stata però della consorte
"Ero abbastanza sottomesso". Nella prima mattinata del processo per l'uccisione dell'ex moglie a Monte Carasso nel 2016, l'imputato sta ripercorrendo gli anni tra la separazione dalla prima consorte e il matrimonio con una 40enne russa conosciuta su un sito d'incontri, anch'essa alla sbarra perché ritenuta la mente e l'istigatrice dell'assassinio, anche se lei nega tale addebito. Sono stati proprio la paura di perdere la nuova moglie e il timore che lei tornasse nel suo paese d'origine a condizionare i comportamenti dell'uomo, un 50enne domiciliato a Minusio. Al punto che nonostante le ristrettezze finanziarie sopraggiunte in particolare dopo il cambio di domicilio conseguente al nuovo posto di lavoro - da pompiere al centro di intervento del San Gottardo a un nuovo ruolo nel Locarnese perché alla consorte non piaceva vivere in Leventina - non ha mai osato dire di no alle sue richieste di continue spese, in particolare per trattamenti estetici, corsi di equitazione, regali, ecc, per lei stessa e le sue due figlie. "Se avevamo pochi soldi sul conto e lei voleva una camicetta, la acquistava comunque", ha raccontato al giudice Amos Pagnamenta con voce tremante.
L'imputato reo confesso ha confermato dinanzi alla Corte delle assise criminali i fatti elencati nell'atto d'accusa stilato dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli. "L'idea è stata della mia nuova moglie", ha sottolineato mentre la donna seduta alle sue spalle in lacrime stringeva tra le mani una cartolina a sfondo religioso. "Non avendo trovato altre soluzioni per paura di perderla ho deciso di aderire alla sua richiesta di uccidere la mia ex moglie", ha sottolineato. Il movente? Come emerso in sede d'inchiesta è di natura economica: l'imputato ha simulato il suicidio dell'ex moglie per evitare di pagarle 3'000 franchi di alimenti mensili. Un piano andato a buon fine, se non avesse confessato due anni dopo i fatti il crimine in preda ai sensi di colpa e dopo essersi rivolto a un prete.