Condannato a 3 anni e 6 mesi di carcere il 71enne che, lo scorso giugno a Sementina, aveva tentato di togliere la vita alla moglie con un coltello da cucina
Tre anni e sei mesi di carcere. Questa la sentenza pronunciata poco fa dal giudice Amos Pagnamenta nei confronti del 71enne cittadino svizzero che, la notte del 16 giugno a Sementina, aveva tentato di uccidere la moglie - mentre quest’ultima dormiva - con un coltello da cucina. La Corte delle Assise criminali di Bellinzona riunite a Lugano ha dunque ritenuto l’uomo colpevole del reato di tentato omicidio intenzionale, confermando la proposta di pena formulata questa mattina del procuratore pubblico Nicola Respini.
“Non possono essere seguite le spiegazioni secondo cui l’imputato avrebbe voluto solo spaventare o ferire la moglie”, ha detto il giudice prima di pronunciare la sentenza riferendosi alle versioni confuse e inconsistenti fornite dall’uomo. “L’imputato si è recato in camera munito di un coltello mentre la moglie dormiva, con la luce spenta per poterla sorprendere nel momento in cui era più vulnerabile: intendeva deliberatamente ucciderla”. Pagnamenta ha inoltre aggiunto che la futilità del movente "rende l’agire dell’imputato ai limiti dell’assassinio”.
Per la Corte, non è quindi stato possibile fare luce sul vero motivo che ha spinto l’uomo a compiere il fatto. “Verosimilmente si è trattato di una somma di tutti gli aspetti della vita quotidiana, insieme alla preoccupazione per la propria situazione finanziaria”, ha detto il giudice. Aspetti (gelosia e il sentore di essere preso in giro dalla moglie) messi in luce questa mattina dall’imputato durante la requisitoria. Secondo l’uomo, il brutto carattere della compagna aveva maturato in lui un profondo sentimento di rabbia. “È difficile individuare un vero e proprio motivo del gesto - aveva detto questa mattina il pp durante la requisitoria -: Ma forse la causa è proprio la rabbia che l’uomo portava dentro di sé, che si è poi manifestata”
Nella commisurazione della pena inflitta al 71enne, la Corte ha tenuto in considerazione la sua parziale collaborazione, l’età e soprattutto la scemata imputabilità medio-grave accertata dalla perizia psichiatrica al quale l’uomo (che soffre di un disturbo di personalità) si era sottoposto dopo l’arresto. La sentenza emessa impone un trattamento psichiatrico ambulatoriale che l’uomo inizierà in carcere, con l’auspicio della Corte che la cura possa portare dei frutti già prima del termine dell’espiazione della pena.