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‘Bisogna avere le spalle larghe, ma a questo sono abituata’

La non rielezione, il nuovo ruolo, il futuro del partito, i rapporti con la base e il Ps: intervista a Lisa Mazzone, futura presidente dei Verdi Svizzeri

La 36enne ginevrina verrà eletta il 6 aprile presidente dei Verdi Svizzeri
(Keystone)
26 marzo 2024
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Borsa a tracolla, cartelline portadocumenti in una mano, nell’altra un bicchiere da asporto. Lisa Mazzone si presenta puntuale e sorridente all’appuntamento. Alle 17.30 di questo giorno di marzo i corridoi di Palazzo federale sono semideserti. Come tutti i martedì pomeriggio durante le sessioni parlamentari, riservati alle sedute dei gruppi. Quella dei Verdi si è appena conclusa. È da lì che viene la ex consigliera agli Stati.

Non è la prima volta che torna a Palazzo federale dopo l’inattesa, mancata rielezione dello scorso autunno. Ma è una delle prime che lo fa da presidente in pectore del partito. Essere qui in questa veste «è abbastanza strano», confessa a ‘laRegione’ la 36enne ginevrina. Seduta a un tavolo nell’ufficio del partito, al terzo e ultimo piano di Palazzo federale, Lisa Mazzone non nasconde un certo spaesamento. «Dopo otto anni qui – racconta – ci si sente un po’ come a casa. Conosco i parlamentari, il personale, i luoghi. All’improvviso, non ne fai più parte. Ora sono tornata, in un nuovo ruolo. Ma trascorro meno tempo a palazzo che fuori. E mi rallegro di avere questa possibilità, di poter andare a incontrare le persone che – ognuna a loro modo – fanno vivere la politica attraverso le loro attività quotidiane. Da parlamentare, tra una seduta e l’altra, resta poco tempo per far crescere questo legame tra la politica istituzionale e chi è impegnato nella ricerca, nell’economia, nella società civile, nella cultura. Sarà questo il mio nuovo lavoro. Mi si vedrà in giro qui, ma non resterò chiusa a Palazzo federale».

La non rielezione è stata un duro colpo, la prima battuta d’arresto in una carriera che fino a quel punto aveva conosciuto solo una direzione: verso l’alto. “Si impara a rialzarsi”, ha dichiarato al ‘Tages-Anzeiger’. Cos’ha imparato, da quest’esperienza?

Forse a sentire più forti ancora le mie convinzioni, ciò che mi anima come persona. Ho sempre vissuto la politica parlamentare come uno strumento, non come un obiettivo in sé. I miei valori adesso li posso sviluppare in altro modo. All’inizio si è abbattuti, chiaro. Poi però queste convinzioni e le sfide che ci aspettano mi hanno spronato a continuare a impegnarmi.

“Dovrebbe guidare i Verdi fuori dalla valle delle lacrime”, ha scritto di lei il ‘SonntagsBlick’. Che gruppo parlamentare ha ritrovato, dopo la batosta elettorale?

Un gruppo un po’ meno numeroso, ma non per questo abbattuto. Anzi: molto motivato, impegnato a fondo in un Parlamento meno aperto sulle questioni ecologiche e di parità. Nella passata legislatura il nostro gruppo ha contribuito a forgiare importanti compromessi: sulle energie rinnovabili, sull’economia circolare, sulla ridefinizione dello stupro. In questo quadriennio, purtroppo, la via parlamentare sarà probabilmente più spesso ostruita. Noi siamo pronti sia a lavorare in modo costruttivo dentro le istituzioni, come abbiamo sempre fatto, sia a percorrere la via del referendum, se sarà necessario.

Un referendum contro la nuova legge sul CO2, ad esempio?

Francamente, questa legge è deludente. Nel giugno dello scorso anno il popolo ne ha approvato una che stabilisce obiettivi chiari in materia di protezione del clima. E adesso arriva una legge che già ‘prevede’ di non raggiungerli. D’altro canto, questa rappresenta pur sempre un miglioramento. Per principio sono contraria a lanciare un referendum contro una legge che comunque ci fa fare un passo avanti rispetto allo status quo.

Torniamo alla presidenza dei Verdi. Il fatto di non essere più in Parlamento, lo vede come un handicap o piuttosto come un’opportunità?

Non potrò più svolgere quel lavoro di negoziazione fine al quale ero abituata in Parlamento. Potrò invece portare nelle sedute del gruppo uno sguardo più distaccato, meno focalizzato sui dettagli dei dossier e sulla meccanica parlamentare. Stare un passo indietro, o a lato, permette di vedere le cose da una prospettiva diversa, più ampia. In questo modo si rafforza anche il ruolo differente della presidenza, che sarà una sorta di ‘tango’ con la presidente del gruppo [la consigliera nazionale Aline Trede, ndr]. Più slegata dell’attività parlamentare, avrò anche più tempo per il lavoro sul terreno, per andare a vedere le persone nelle diverse regioni del Paese.

Abita a Ginevra, lontano dai centri del potere politico e finanziario della Svizzera tedesca. Traslocherà a Berna?

I nostri due figli sono all’asilo nido a Ginevra. Per il momento la questione non è all’ordine del giorno. E poi credo sia giusto mostrare che, tra i partiti nazionali, c’è ancora spazio per una presidente ‘latina’ in un Paese che fa della diversità la sua ricchezza, ma nel quale le decisioni che contano vengono prese spesso nella Svizzera tedesca.

Vive appunto a Ginevra, “nel cuore del femminismo di sinistra” (‘SonntagsBlick’). Cos’avrà da dire a un appenzellese?

Viviamo a Servette, un quartiere popolare ‘misto’. Molte delle questioni cruciali del nostro tempo le ritrovo qui, su scala micro: il traffico, l’inquinamento, la povertà, l’accesso ai servizi pubblici, i problemi di uguaglianza, eccetera. A due passi da noi, ogni settimana una lunga coda di persone anziane si forma davanti a una chiesa protestante che distribuisce cibo e altri beni di prima necessità. Io rappresento questa Svizzera diversificata, anche sul piano socio-economico. Ma ho una nonna svizzero-tedesca, e amo tutta la Svizzera. Mi rallegro come presidente dei Verdi di poter entrare in contatto con le persone al di là del ‘Röstigraben’, sia in città che nelle zone rurali. Due anni fa ero alla Landsgemeinde di Glarona, assieme al presidente del Consiglio degli Stati: si discuteva di domeniche senz’auto. Sembrava di stare a Ginevra [ride].

I Verdi sono poco presenti in alcuni cantoni della Svizzera centrale e orientale. Come riuscirete a parlare agli abitanti delle zone rurali del Paese?

Per chi vive in campagna, magari in zone discoste, l’accesso ai servizi pubblici – a un’offerta di qualità e conveniente di bus e treni, in particolare – è essenziale. Lo è anche l’agricoltura, un’agricoltura di prossimità, il più possibile al riparo dagli effetti nefasti della concorrenza internazionale, così come da quelli del cambiamento climatico. Su questi e altri temi, i Verdi hanno molto da dire. Però abbiamo un grande lavoro da fare anche nei centri urbani, dove si sente forte questo vento contrario alla protezione dell’ambiente e del clima.

Pochi membri, pochi soldi, un segretariato centrale piuttosto sguarnito: i Verdi sono un partito dalla struttura fragile. Lei stessa ha dichiarato di volersene occupare. Da dove pensa di cominciare?

Dal 2019 abbiamo guadagnato molti membri. La questione che si pone ora è come mobilitarli, come farli incontrare: come rafforzare il senso d’appartenenza al partito? Stiamo pensando di organizzare, già quest’estate, un evento nazionale ‘federatore’, in collaborazione con le sezioni cantonali e altre forze ecologiste. Al di là di questo, esiste un handicap strutturale: il fatto di non essere rappresentati al Consiglio federale comporta un certo numero di svantaggi, in termini di accesso all’informazione e di risorse finanziarie. Il sistema favorisce i grandi partiti.

L’attuale presidente, Balthasar Glättli, citando un ex politico zurighese ha detto che il presidente di un partito è come un lampione: sopra deve illuminare, sotto tutti gli fanno la pipì contro. Il ‘mestiere’ è esigente, ingrato.

Non condivido questa interpretazione. Vedo piuttosto un’opportunità nel poter comunicare il progetto di un partito. Certo, il lavoro è impegnativo. Bisogna avere le spalle larghe. Ma a questo ormai sono abituata.

Glättli riceve 28mila franchi all’anno. Lei ha già detto che non sono sufficienti. A che punto siete?

La questione è sul tavolo. La presidenza del partito sarà la mia attività principale. E i Verdi si sono sempre battuti per una corretta remunerazione del lavoro politico, anche quando a svolgerlo è una donna. Sarà la prossima direzione del partito a decidere, dopo la mia elezione [il 6 aprile, ndr].

Ultimo rinnovo del Consiglio federale, mancata alleanza alle elezioni cantonali a Basilea-Città: da qualche tempo le relazioni tra Verdi e Ps si sono raffreddate. Tensioni passeggere, oppure sintomi di un malessere più profondo?

Bisogna distinguere. Sul piano dei contenuti (giustizia sociale, parità, protezione del clima, eccetera), il Ps è il nostro partner principale. Ma quando si tratta del potere, non dobbiamo farci illusioni: il Ps è il secondo partito svizzero e difende anzitutto i propri interessi, anche a costo di sacrificare la possibilità di avere un governo più a sinistra. Noi dobbiamo difendere meglio i nostri, di interessi, senza soggezione. E far parte del Consiglio federale è nel nostro interesse: non per partecipare al cartello del potere, ma perché da lì si possono far muovere un sacco di cose.

Lei è una ciclista appassionata. Non la disturba che sia un socialista a presiedere Pro Velo, o l’Associazione traffico e ambiente (Ata)?

Anche su questo piano, nella società civile, i rapporti di forza contano. Come Verdi, però, siamo tuttora ben rappresentati in queste associazioni. Io stessa sono stata vicepresidente dell’Ata per diversi anni, e ho lavorato per Pro Velo. La collaborazione è stretta. Come membro delle commissioni parlamentari dell’ambiente e dei trasporti, sono sempre stata in contatto con loro. Questa rete di conoscenze potrà essermi utile da presidente dei Verdi.

Molti progetti elaborati sulla scia della legge urgente per sviluppare il ‘solare alpino’ sono stati respinti in votazione popolare. Il ‘Solaexpress’ è lungi dal fare l’unanimità, anche in seno alla base del suo partito. Non è stato un errore sostenerlo in Parlamento?

No. Perché consacra il ruolo del fotovoltaico, a lungo sottovalutato, nella transizione energetica, a fianco in particolare dell’idroelettrico. Certo, il potenziale del solare sul ‘costruito’ è enorme. Purtroppo non viene sfruttato. Il ‘Solarexpress’ ci ha permesso di avanzare anche sul ‘Mantelerlass’ [la legge per lo sviluppo delle energie rinnovabili, sulla quale si voterà il 9 giugno, ndr], che definisce le condizioni quadro per lo sviluppo futuro del fotovoltaico, anche per quanto riguarda i privati. Importante, per noi, è che la legge urgente sul solare – nella quale siamo riusciti a inserire delle garanzie – sia limitata nel tempo [resta in vigore fino alla fine del 2025, ndr] e che poi si torni alle procedure ordinarie, quelle previste nel ‘Mantelerlass’.

Anche su quest’ultimo però i Verdi rischiano di alienarsi una parte di coloro che si battono per la difesa dell’ambiente e del paesaggio. Non rimpiangete di aver puntato così tanto su questo progetto in Parlamento?

No. Il ‘Mantelerlass’ è il grande compromesso che siamo riusciti a raggiungere nell’ultima legislatura. Senza di noi non avremmo le garanzie che ora sono nella legge: la natura e il paesaggio sarebbero stati sacrificati. Questo lo posso dire tranquillamente. All’assemblea dei delegati il progetto – sostenuto dalle principali organizzazioni di difesa dell’ambiente – ha ottenuto un consenso praticamente unanime. La legge fissa obiettivi chiari circa lo sviluppo delle rinnovabili e definisce gli strumenti per raggiungerli: se venisse respinta in votazione popolare, i fautori del nucleare sono già pronti a infilarsi nella breccia.

Il ‘vostro’ consigliere agli Stati Mathias Zopfi ha dichiarato di essere pronto a scommettere: “Tra 12 anni avremo un consigliere federale dei Verdi”. È pronta a fare la stessa scommessa?

Ehm… Ha detto 12 anni?

Sì, però non ha precisato quando verrà eletto.

Non prende rischi… A me sembra una scommessa troppo poco ambiziosa [ride].

chi è

Lisa Mazzone

  • 36 anni, di Versoix (Ge), nazionalità svizzera e italiana
  • già consigliera nazionale (2015-2019) e consigliera agli Stati (2019-2023)
  • già vicepresidente dei Verdi svizzeri (2016-2020)
  • debutto in politica: 2011, nel Consiglio comunale di Grand-Saconnex
  • studi in letteratura francese e latina all’Università di Ginevra
  • mamma di due bambini di 3 e 5 anni, vive con la famiglia a Ginevra