laR+ Sedici Euro

La sera in cui la sfortuna prese di mira gli olandesi

Nel torneo del 2000, quando parevano lanciati verso l’approdo in finale, i padroni di casa si arresero all’Italia di Toldo e a una buona dose di malasorte

In sintesi:
  • La bravura e la buona sorte toccata a Francesco Toldo, portiere dell'Italia, fecero in modo che l'Olanda uscisse sconfitta dalla semifinale più folle della storia degli Europei
  • La sera del 29 giugno 2000, a Rotterdam, contro l'estremo difensore della Fiorentina vennero calciati in tutto sei rigori, uno solo dei quali finì in rete
  • Gli Azzurri vennero poi sconfitti in finale dalla Francia di Zidane e Deschamps grazie al pareggio di Wiltord (1-1) nei minuti di recupero e al golden goal di Trezeguet ai supplementari
24 aprile 2024
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Un bel giorno, dopo averlo spasmodicamente atteso e averne tanto parlato e scritto, arrivò davvero anche l’anno Duemila. A lungo, era stato considerato qualcosa di lontanissimo, ubicato in un futuro immaginifico e irraggiungibile, come fosse un’entità astratta, una dimensione che esisteva soltanto nei romanzi e nei film di fantascienza.

E invece, una mattina, ci risvegliammo nel nuovo millennio, felici che il temutissimo bug informatico avesse marcato visita, ma delusi perché subito capimmo che in fondo non era cambiato nulla, e i difetti del mondo erano ancora tutti lì. Come, ad esempio, la Guerra dei Balcani – che dopo quasi un decennio e con tutte le sue emanazioni pareva finalmente terminata col conflitto in Kosovo del 1999 – ma che in realtà si sarebbe di nuovo riaccesa per un ultimo colpo di coda nel 2001, con la questione macedone. In Vaticano invece, dove l’arrivo del Duemila probabilmente non faceva piacere a nessuno, nell’ambito del Giubileo si decideva – in puro stile millenarista – di canonizzare i veggenti pastorelli di Fatima e di rivelare infine il Terzo segreto della Vergine lusitana. Intanto però, se soltanto si fosse affacciato, il papa avrebbe visto sfilare sotto le sue finestre il primo Gay Pride di dimensioni e respiro planetari, forse l’unica novità – a livello sociale – durante quei primi vagiti del ventunesimo secolo.

L’ambito in cui invece il Duemila fu davvero foriero di maggiori cambiamenti – forse scatenati da rarissime congiunzioni astrali – fu il mondo del pallone, dove si registrò la vittoria del campionato svizzero da parte del San Gallo dopo quasi cent’anni, ma anche il trionfo in Italia della Lazio a 26 anni dal suo primo successo, e soprattutto l’affermazione nella Liga del Deportivo La Coruña – che mai fin lì era stato campione – imitato la primavera seguente dai portoghesi del Boavista, anch’essi laureati per la prima volta.

Più canonico, malgrado la novità dell’organizzazione per la prima volta affidata a due nazioni anziché una – si confermò invece il Campionato europeo per nazioni, che si concluse con una finale ‘classica’ fra Francia e Italia, e che come unica sorpresa regalò l’eliminazione già al primo turno di Germania e Inghilterra, che nel girone B si fecero gabbare da Portogallo e Romania. Dei due Paesi ospitanti, il Belgio fu subito eliminato, mentre l’Olanda – dopo aver messo in fila Francia, Repubblica Ceca e Danimarca – nei quarti di finale aveva surclassato 6-1 la Jugoslavia e ora si ritrovava in semifinale contro l’Italia, squadra un po’ meno brillante di lei ma comunque solida: aveva dapprima preceduto la Turchia, i belgi e la Svezia, mentre nei quarti si era sbarazzata 2-0 dei rumeni. Gli Oranje, a ogni modo, erano piuttosto ottimisti, se non altro perché avrebbero goduto, giocando in casa, di un tifo strepitoso.

E infatti quel 29 giugno a Rotterdam, almeno fino al 40’, tutto lasciava supporre che la fortuna avesse deciso di concedere i suoi favori proprio ai Tulipani: supremazia in ogni zona del campo, un palo colpito da Bergkamp e Azzurri in 10 già dopo mezz’ora per doppio giallo a Zambrotta. E poi, poco prima dell’intervallo, pure l’occasione di portarsi in vantaggio e ipotecare l’accesso alla finale grazie a un rigore inesistente avuto in dono dall’arbitro tedesco Merk. Cos’altro potevano chiedere gli olandesi alla fortuna? Nulla, onestamente.

I primi due errori

Ma invece avrebbero dovuto, perché la sorte, si sa, è capricciosa. Si offende, se non viene implorata e invocata. E rivolge le sue attenzioni altrove. Nella fattispecie, sul portiere italiano Francesco Toldo. Il destino si è dimostrato con lui benevolo già una volta, proprio alla vigilia dell’Europeo, quando un infortunio a Buffon gli ha spalancato la porta azzurra. Ma il ragazzo pare ancora in credito con la dea bendata, che gli suggerisce da quale parte buttarsi sul rigore calciato da Frank de Boer. Il padovano si lancia con l’anticipo di un fico fiorone, neutralizza il tiro ed esulta appendendosi alla traversa. Al capitano olandese, invece, crolla il terreno sotto i piedi. Tutti intuiscono che il vento è girato: quella sera all’Italia andrà tutto benissimo, mentre i Paesi Bassi vivranno il peggiore dei loro incubi.

Il secondo atto della tragedia neerlandese si consuma al 62’, quando Edgar Davids si ritrova – chissà come – in posizione di centravanti. E, come se fosse un numero 10 nato invece di un manganellatore, stoppa benissimo col petto e riparte col sinistro. Mark Iuliano, che del Pitbull è compagno di risse alla Juve, si sente oltraggiato e lo falcia quando è ormai dentro l’area. Il penalty, stavolta, è sacrosanto. Siccome De Boer è ancora groggy, sul dischetto si presenta Kluivert: batte benissimo, spiazza Toldo, ma la sfera si stampa sul palo e l’Italia è di nuovo graziata.

Tutto si decide dal dischetto

Buona sorte, sprechi olandesi e guanti di Toldo mantengono la rete azzurra illibata fino al 120’, malgrado l’uomo in meno e l’assedio arrembante dei padroni di casa. Si va dunque ai rigori. Il primo a battere è Di Biagio, che aspetta quel momento da due anni, da quando cioè al Mondiale francese – sempre dagli 11 metri – mandò la palla sulla traversa regalando ai francesi il passaggio in semifinale. Van der Sar, portiere arancione, fa il giullare cercando di mandarlo in tilt. Il romano però rimane freddo e spedisce il cuoio dove il gigante non potrebbe arrivare mai. Anche Frank de Boer scalpita per prendersi la rivincita dopo l’errore a inizio serata. Il problema è che è ancora steso sul lettino dello psicanalista, e così corona il giorno peggiore della sua vita calciando basso, lento e centrale, così Toldo respinge facilmente: tre rigori subìti, zero gol.

Poi tocca a Gianluca Pessotto poggiare il pallone sul cerchio di gesso. È un ragazzo ancora solido, determinato, invincibile. E neanche di striscio immagina i terribili fantasmi di cui cadrà preda sei anni più tardi, quando tenterà di suicidarsi. E infatti segna in scioltezza. Chi invece si arrende alla pressione è il gladiatore Jaap Stam, che pochi giorni prima non aveva fatto una piega – a bordocampo – mentre un medico dalla mano tremante gli applicava quattro punti di sutura fra occhio e sopracciglio. Era tornato in campo e aveva continuato a giocare. Stavolta a tremare è lui, e spara un’ogiva troppo alta.

C’è poco da fare, ormai: in una serata simile, capace che i rivali provino pure a sfotterti calciando un rigore a cucchiaio. L’azzardo porta la firma di Totti, e ovviamente va a buon fine. Sul dischetto, ora, torna Kluivert, pure lui in cerca del perdono dopo l’errore commesso in partita. Toldo è talmente sicuro che Patrick sbaglierà di nuovo che nemmeno si muove: se ne sta impalato sulla linea, in attesa che il pallone finisca in curva. È pretendere troppo, naturalmente, ma al portiere sarebbe bastato allungare un braccio a sinistra per neutralizzare l’esecuzione timorosa del ragazzo del Suriname. ‘Fà nagott’ – pensano gli italiani – ora ci penserà Maldini ad archiviare la pendenza. Ancor più rilassato di Totti, il capitano azzurro, destro naturale, decide di battere col piede mancino il rigore più importante della sua carriera. E Van der Sar glielo para, ma in fondo è giusto così: il destino prevede che quella sera non possa essere un gol italiano a regalare agli azzurri la finale, ma un altro errore olandese. A provvedere – scrivendo la parola ‘fine’ sulla partita più folle della storia degli Europei – è Paul Bosvelt, che quasi inciampa sul pallone e mette l’autografo sulla serata di maggior gloria nella vita di Francesco Toldo, superato una sola volta su sei tentativi dagli 11 metri.

Un conto salatissimo

L’occhio complice della fortuna avrebbe continuato a posarsi su Toldo fino al 4’ minuto di recupero della finale contro la Francia, quando gli italiani, in ogni angolo del Paese, stavano già stappando il prosecco. Gli Azzurri infatti erano avanti 1-0 e lo svedese Frisk stava per dare il triplice fischio che avrebbe regalato a Dino Zoff, dopo il Mondiale e l’Europeo vinti in campo, anche il titolo continentale conquistato dalla panchina. Ma quando la buona sorte emette la fattura, esige interessi altissimi. Il boia è il francese Wiltord, che infila Toldo con l’ultimo pallone giocabile e manda tutti ai supplementari. Il colpo di grazia invece, al minuto 104’, lo porta Trezeguet col golden goal che consegna per la seconda volta ai francesi il trofeo intitolato al loro connazionale Henri Delaunay.

Questa è l’undicesima di sedici puntate sulla storia degli Europei di calcio che ci accompagnerà fino alla vigilia di Germania 2024.

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