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Roman Josi, basta il nome. ‘Non devo parlare per forza’

Domani pomeriggio la Svizzera tiene a battesimo il Mondiale, con le sue star sul ghiaccio. ‘Jetlag da smaltire, ma io e Nino abbiamo russato per bene’

‘Io capitano? Non spetta a me dirlo, decide Fischer’
(Keystone)
9 maggio 2024
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Ha un che di storico la vigilia del debutto dei rossocrociati sul ghiaccio di Praga, dove domani alle 16.20 la Svizzera di Patrick Fischer tiene a battesimo il torneo affrontando la Norvegia. Infatti non era mai successo che la Nazionale potesse esordire a un Mondiale schierando in pista quelle che sono le sue tre principali star Nhl, ovvero Nino Niederreiter, Nico Hischier e quel Roman Josi che nei corridoi della O2 Arena è sulla bocca di tutti, dopo che mercoledì sera era arrivato l’annuncio ufficiale che lui il trentatreenne difensore bernese aveva ottenuto luce verde dai Nashville Predators per indossare la maglia rossocrociata ai Campionati del mondo, cosa che non gli capitava più dal 2019.

«Sono partito martedì da Nashville e ho messo piede in albergo a Praga attorno alle 17.30», esordisce un Josi che avrà bisogno di un po’ di tempo per riprendersi dal jetlag. «Mi ha fatto bene rimettere i pattini – spiega –. Era da venerdì scorso che non andavo sul ghiaccio, ed è stato un bene tornare a sudare, perché è vero che ho dormito profondamente stanotte, ma il jetlag non è facile da smaltire». Tra l’altro, Josi ha scelto di condividere la camera con Nino Niederreiter. «Abbiamo russato per bene – ride –. È da un sacco di tempo che non dormivo con qualcuno, infatti in Nhl ognuno ha la propria camera quando si va in trasferta, ma è davvero cool stare in camera con Nino».

Negli ultimi giorni, dopo la bruciante eliminazione nel primo turno dei playoff a opera dei Vancouver Canucks di Pius Suter, per Roman Josi tutto è andato davvero in fretta. «Sapete, ogni volta che si chiude una stagione ci sono sempre un sacco di cose da fare, burocratiche soprattutto. Ci sono i meeting d’uscita e i test fisici, e se dopo aver parlato con il General manager, Barry Trotz, le cose sono andate più speditamente, prima c’erano un sacco di dettagli da sistemare. Se sarò capitano? Ah, questo non lo so, sarà ‘Fischi’ a decidere, ma io lo farei molto volentieri. Di sicuro, voglio essere un leader per questo gruppo, in cui però c’è gente dell’esperienza di un Ambühl, di un Genoni o di un Berra che ai Mondiali ha un sacco di partite alle spalle. Tuttavia, come a Nashville (dove è capitano dal 2017, ndr) cercherò di essere me stesso: non c’è bisogno che dica qualcosa ogni volta, ma se è necessario lo farò, dipenderà dalle sensazioni del momento».

E la sensazione del momento, pensando a debutto con la Norvegia, è che la squadra sia pronta. «Direi proprio di sì – dice Josi, senza esitazioni –. Sappiamo che non sarà facile, ma abbiamo la fiducia nei nostri mezzi e vogliamo cominciare bene il torneo. Ho l’impressione che in questo gruppo ci sia un bel mix tra giocatori molto tecnici, gente che sa giocare in velocità e diversi elementi grandi e grossi, che sanno essere duri e che possono produrre un lavoro in forechecking asfissiante per gli avversari. Alcuni di questi ragazzi li conosco, altri invece no, e non vedo l’ora di cominciare».

Dando per buone le linee dell’allenamento odierno, Josi domani suderà a fianco del ventottenne losannese Andrea Glauser, mentre le altre coppie difensive saranno composte da Löffel e Siegenthaler, da Marti e Kukan e da Jung e Fora. Quanto all’attacco, i terzetti dovrebbero essere quelli di Andrighetto, Niederreiter e Jäger, di Thürkauf, Hischier e Kurashev, di Herzog, Senteler e Simion e di Scherwey, Haas e Ambühl, con Bertschy nel ruolo di tredicesimo e Bader in soprannumero. «Sì, giocherò con Glauser», conferma Josi. E a chi gli chiede se sarà lui oppure Glauser a dover tornare per primo nel caso in cui ci sia del panico sotto porta, col sorriso il bernese risponde così: «Lo farà chi di noi due non si troverà davanti».

‘Una volta fuori dai playoff ho subito pensato a Praga’

Anche se nell’ultima settimana per lui il tempo è volato, Josi dice di aver potuto almeno riprendere fiato, prima di salire nuovamente su un aereo per tornare in Europa. «I playoff da noi sono molto intensi, con quel continuo avanti e indietro da un posto all’altro. Fortuna che prima di venire qui ho potuto trascorrere un paio di giorni a casa: mi ha fatto bene, dopo una stagione tanto estenuante, pur se un paio di giorni dopo l’eliminazione con Nashville avevo già la testa ai Mondiali di Praga».

Segno che Josi ha ancora fame, dopo la bruciante eliminazione nei playoff. «Quella sconfitta in gara 4, quando siamo stati sconfitti all’overtime dopo essere stati in vantaggio 3-1 a due minuti dalla fine, ci ha fatto davvero male, e anche in gara 6 è stata tiratissima (1-0, con gol di Suter tra l’altro, a un minuto e mezzo dalla sirena conclusiva, ndr). Alla fine non abbiamo vinto neppure una partita alla Bridgestone Arena, e questo è stato il problema: se non vinci in casa, nei playoff è dura. Tuttavia – aggiunge – direi che possiamo essere fieri di ciò che abbiamo fatto. A mente fredda possiamo dire che è stata un’ottima stagione, affrontata con un nuovo Gm, con un nuovo allenatore e con tanti giocatori nuovi. All’inizio ne abbiamo pagato il prezzo, con 10 sconfitte nelle prime 15 partite, poi però siamo riusciti a rimediare, crescendo come squadra. Credo che non tutti avrebbero immaginato che saremmo arrivati ai playoff, eppure anche nella postseason abbiamo fatto bene, e due di quelle partite contro Vancouver le abbiamo perse immeritatamente: sarebbe anche potuta andare diversamente».

Va’ dove ti portano i piedi

Pur se in queste ore si parla praticamente solo di lui, Roman Josi per la Nazionale non è soltanto un brand. Autore di una stagione da ben 85 punti, suo secondo miglior risultato di sempre in Nhl, e un bilancio +-/ di +45 che l’ha nuovamente piazzato tra i principali candidati al Norris Trohpy che già riuscì a vincere nel 2020, il capitano dei Nashville Predators arriva al Mondiale in forma a dir poco smagliante. Anche perché quella con i ‘Preds’ è stata la miglior preparazione possibile, per così dire, visto che Fischer ha in testa un tipo di gioco dal Dna molto simile al sistema messo in pratica oggigiorno nel Tennessee, dove l’obiettivo ora è quella di avanzare il più velocemente possibile, spingendosi nel terzo offensivo fin dove ti portano i piedi. «Un tempo, dal punto di vista tattico Nashville era una delle squadre più conservatrici dell’intera Nhl. Poi è arrivato Andrew Brunette, il nuovo coach, che ha scatenato la rivoluzione, e ora ci siamo noi tra i giocatori più scattanti e veloci della Lega. Adesso il disco viene immediatamente portato in avanti, e gli attaccanti mettono pressione con un forechecking incessante. Non c’è nessuna pausa, nessun passaggio dietro la porta, e neppure si aspetta più che arrivi una seconda o una terza ondata: l’obiettivo è accelerare il gioco per non dar tregua all’avversario. Questo ha significato un cambiamento per tutti, me compreso: infatti nessun’altra squadra Nhl lavora duramente come noi, e se è vero che c’è un po’ meno possesso del disco, è un tipo di gioco molto divertente. E poi è bello imparare cose nuove». E chissà, chi immagina di poter vedere all’opera sul ghiaccio di Praga il miglior Roman Josi di tutti i tempi, magari non si sbaglia.

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