BASKET

La spinta è arrivata dagli svizzeri, stranieri destabilizzanti

La stagione dei Lugano Tigers si è conclusa con l'amarezza in bocca per un post-season sfuggito per biscotti altrui

Si è chiusa sabato la stagione dei Lugano Tigers con un nono posto che sa di beffa: poteva essere un meritatissimo sesto posto, ma la classifica avulsa, nata dal doppio biscotto dei compiacenti Neuchâtel e Vevey, ha messo la parola fine. Un Lugano che era partito con evidenti difficoltà finanziarie che l'avevano costretto ad avere solo tre stranieri, dopo l’ingaggio di due pedine svizzere, Zinn e Warden, che risulteranno fondamentali.

Sin dall’inizio si era visto che Ross sarebbe stato una spina nel fianco: in altri tempi, a ottobre sarebbe stato portato alla Malpensa, ma quando si fan le nozze con i fichi secchi, ci si tiene anche i semi. Così è iniziato un calvario che si è protratto sino alla fine, con infortuni a iosa in ogni dove, dagli stranieri agli svizzeri, costringendo Valter Montini a lavori di equilibrismo tattico e gestionale di non poco conto. Un Lugano che il coach ha fatto crescere, assecondato da una società con la quale ha operato scelte non sempre in sintonia con le sue direttive gestionali, ma funzionali alla squadra. Si sa che quando c’è una mela marcia nel cesto la contaminazione è facile, per cui si sono fatte scelte non proprio in sintonia con le logiche di spogliatoio, ma funzionali alla ristrettezza in ogni dove.

In queste condizioni, il gruppo è cresciuto, con due a tirarlo, Zinn e Warden, due, Ross ed Hamilton, ad arrancare in un modo o nell’altro, e un gruppo di giovani in crescendo. Fino ad arrivare al quinto posto, prima di scivolare nell’ultimo mese fino al nono posto, con l’uscita di scena definitiva di Hamilton e quella parziale di Ross. Un punticino, nella classifica avulsa, a definire il distacco dopo 30 gare, un assurdo, ma è lo sport.

A Montini un esame del gruppo: «Un vero peccato, i ragazzi avrebbero meritato i playoff, ma su altri campi si è deciso diversamente, ognuno ha scelto il suo posto».

Partiamo dai giocatori... «Direi che Zinn e Warden sono stati gli esempi migliori per tutti: professionalità, seppur con qualche capriccio, impegno e tanti minuti di campo come mai avevano avuto. Due che hanno dato esempi positivi e la crescita della squadra, nelle difficoltà, ha in loro due protagonisti. Ne han beneficiato tutti e si poteva avere anche di più».

E cioè? «Cominciamo da Ross, un giocatore che si è rivelato subito un egoista individualista, incapace, per lunghi tratti di stagione, di interagire con gli altri: solo per qualche settimana ha giocato di squadra e abbiamo vinto 6 gare su 8, poi di nuovo il buio, con un finale disastroso».

Hamilton e Lawrence? «Due buoni giocatori, certamente: il primo ha faticato, ma si è inserito diventando un buon centro. L’altro, fino all’infortunio, era diventato il top scorer e un terminale importante: con questi tre eravamo ben messi quanto a occupazione dei ruoli chiave, ma se non c’è unità d’intenti diventa difficile. Poi l’infortunio di Lawrence ci ha tolto un terminale ed è stata dura».

Però sono cresciuti i ticinesi... «Certamente, questo è un segnale per il futuro: li accomuno tutti perché hanno lottato sino alla fine e sono diventati più responsabili in campo, prendendosi le loro responsabilità. Non va dimenticato che han cambiato tre allenatori in tre anni e ciò complica la crescita: ogni allenatore ha le sue fisime e le sue esigenze, adeguarsi non è mai facile. Però occorre che possano sviluppare le loro qualità anche da un punto di vista mentale: per crescere, oltre a qualche chilo, bisogna avere la giusta mentalità al sacrificio, all’ascolto e alla voglia di migliorarsi, senza la giusta testa, non si cresce. Dell’Acqua e Mina devono mettere qualche chilo per poter difendere con i pari ruolo, Alì ha avuto una bella crescita a soli 18 anni: Bernardinello e Matasic hanno avuto molti infortuni e Bracelli il solito su e giù. Ma credo veramente che loro possano essere un buon futuro per la società».

E il tuo futuro? «Vedremo nei prossimi giorni: io mi sono trovato in sintonia con la società, abbiamo fatto scelte funzionali per non destabilizzare un ambiente non facile: confermerei tutti gli svizzeri per non ripartire da zero e facendo scelte più oculate degli stranieri».

A Montini non si può che dire grazie per il lavoro fatto: ha portato una squadra senza succo a buoni traguardi, con alcune gare da incorniciare. Poi, si sa, le concessioni sono sempre un modo per tenere gli equilibri quando non possono essere i soldi a definire regole precise per tutti.

Chiudiamo con il presidente Alessandro Cedraschi: che stagione è stata? «Difficile in ogni ambito e finita in maniera indigesta, perché avremmo meritato i playoff per tutti i sacrifici fatti. Ma ai ragazzi, i nostri, non posso che dire grazie».

Discorso diverso per gli stranieri... «Erano un bel mix, ma le teste sono più importanti di altre qualità tecniche e quindi abbiamo pagato comportamenti inadeguati, capricci, lamentele, infortuni, disagi dentro e fuori il campo. Persone che han destabilizzato troppo».

Contratti capestro? «Ci sono regole scritte e altre no, diventa difficile gestire le situazioni, ma per il futuro staremo più attenti. Ora dobbiamo pensare al futuro, giriamo pagina e via alla ricerca di sostegni finanziari».

La musica, in fondo, non cambia e quindi bisognerà aspettarsi un’estate di grande impegno per non gettare al vento quanto di buono è stato fatto in questa stagione.

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