Sabato Filippo Colombo partirà alla volta del Giappone, dove gareggerà il 26: ‘Bel percorso, molto completo. Mi sono allenato su un facsimile costruito in Francia’
Quando lo scorso 9 maggio ad Albstadt, in occasione della prima gara di Coppa del mondo (e di selezione), era rovinosamente finito a terra, procurandosi una frattura alla parte alta del bacino, sembrava che il sogno olimpico dovesse rimanere tale: un sogno, almeno fino al 2024. E invece, grazie a una guarigione molto più rapida del previsto, alla lungimiranza di Swiss Cycling e alla mancanza di alternative alle sue spalle, sabato Filippo Colombo prenderà il volo alla volta di Tokyo per i suoi primi Giochi. Dopo la caduta che sembrava avergli definitivamente rovinato la stagione, il biker di Bironico è tornato a gareggiare su una bici da mountain bike dieci giorni fa in occasione della prova di Coppa del mondo a Les Gets, in Francia. «Si trattava più che altro di rientrare e di mettere un po’ di fatica nelle gambe, anche per capire la risposta del bacino di fronte a grosse sollecitazioni. La gara è stata disputata in condizioni estreme, le peggiori che potevano esserci, ho messo il mio corpo sotto sforzo, così come la parte infortunata, e la reazione è stata positiva».
Anche se il risultato non è stato quello atteso, per quanto, in fin dei conti, fosse il fattore meno importante di tutta l’equazione… «È stata una classica giornata no. Considerando che arrivavo da un periodo senza competizione, la short-track del venerdì era andata piuttosto bene, con un 15º posto in una gara che, per il suo sviluppo chilometrico ridotto e l’intensità richiesta, è quella nella quale si paga maggiormente la scarsa abitudine allo sforzo massimale. Nel cross-country di domenica sono partito bene, senza voler strafare, e mi sono ritrovato attorno alla decima posizione, ma poi, complice sicuramente il freddo intenso, si è spenta la luce, non riuscivo più a spingere e a portare il fisico al limite. Trattandosi dell’ultima gara prima delle Olimpiadi, una prestazione positiva sarebbe stata assai più incoraggiante, ma non dispero: so dove sono, vedo i progressi compiuti in allenamento, per cui tutto mi sembra in linea con i piani di recupero».
All’assegnazione del titolo olimpico mancano 13 giorni (si gareggerà il 26) e dopo la prova di Les Gets, Colombo è rimasto in Francia e si è trasferito nei Vosgi, dove ha sede la sua squadra, la Absolute Absalon… «Lì abbiamo testato tutto il materiale, in modo da giungere a Tokyo con un set up praticamente pronto. Inoltre, abbiamo potuto usufruire di un atout che potrebbe rivelarsi molto importante. Il mio allenatore, infatti, ha ricostruito un percorso il più possibile simile a quello che troveremo a Tokyo, per cui ci è stata data l'opportunità di prendere confidenza con tutte le particolarità del tracciato. È un fattore che permette di accumulare meno stress al momento dell’arrivo in Giappone, a maggior ragione per chi, come me, non ha avuto la possibilità di partecipare al test event. Il secondo vantaggio degli allenamenti svolti in Francia è rappresentato dalle temperature: a Tokyo troveremo molto caldo e grande umidità, nei Vosgi fa sensibilmente più caldo rispetto al Ticino e l’adattamento al calore potrebbe risultare un fattore piuttosto importante nell’economia della gara olimpica».
Per capire ciò che lo aspetta a Tokyo, Colombo ha a disposizione soltanto qualche filmato in internet e il tracciato allestito in Francia… «Mi baso essenzialmente sul facsimile. In Giappone mi aspetto un percorso lungo il quale sarà necessario giocare molto con il mezzo tecnico: salite corte e intense, con un susseguirsi di ostacoli artificiali, salti e paraboliche, dove occorre essere estremamente fluidi nella conduzione della bicicletta. Il mio giudizio è che si tratti di un percorso molto bello, adatto a me. Alla fine, non vincerà chi saprà unicamente andare di forza e spingere più watt, ma chi avrà una padronanza perfetta del mezzo tecnico, vale a dire ci saprà dimostrarsi un biker completo. Il fatto che le salite sono brevi, significa che brevi saranno pure le discese, ciò che limiterà i tempi di recupero. In sostanza, bisognerà spingere dall’inizio alla fine. Questo, per lo meno, è ciò che mi è sembrato di capire, una volta sul posto le indicazioni saranno più precise».
Per il suo rientro alle competizioni, Filippo Colombo si è affidato anche alla bicicletta da corsa, prendendo parte ai campionati svizzeri e al Gp Ticino… «Gli “svizzeri” erano un’ottima occasione, in quanto rappresentavano una messa in modo meno traumatica rispetto alla mountain bike. Per quanto riguarda il Gp Ticino, ho potuto svolgere un allenamento molto produttivo. D'altra parte, avevo già in programma un’uscita d'allenamento di cinque ore, per cui mi sembrava più intelligente divertirmi in gara, piuttosto che pedalare da solo».
Come detto, la partenza è prevista per sabato… «Prenderemo il volo da Kloten alla volta di Tokyo. È previsto un volo diretto, ma la capitale nipponica non sarà la tappa finale del nostro viaggio. Da lì, infatti, ci aspettano ancora circa 5 ore di macchina per giungere a Izu, a sud di Tokyo, dove avranno sede le competizioni di mountain bike e pista».
Quella che attende il ticinese e gli altri biker, lontani dal centro degli eventi e, quindi, anche dal villaggio olimpico, sarà un'Olimpiade piuttosto particolare. Sarà, in definitiva, come disputare una gara di Coppa del mondo… «È vero, la pandemia ha sconvolto questi Giochi e le restrizioni in atto sono importanti. Ad esempio, ci sarà l’obbligo di due test Pcr e di un’applicazione di tracciamento anche per chi ha già ricevuto due dosi di vaccino. Inoltre, dovremo abbandonare le nostre camere già il giorno della gara, in quanto occorrerà far spazio agli atleti della pista. E poi non prenderemo parte nemmeno alla cerimonia d’apertura: la trasferta da Izu a Tokyo e ritorno rappresenterebbe un’unitile perdita di energie. E, come se non bastasse, si gareggerà in condizioni di assenza praticamente totale di pubblico. Insomma, non sarà certamente un’Olimpiade normale, ma resta comunque un’Olimpiade. Da quando ho iniziato a gareggiare in mountain bike, il sogno è sempre stato legato ai Giochi. Come per tanti altri sport minori, la gara a cinque cerchi rappresenta indubbiamente l’appuntamento più sentito. È la competizione per antonomasia, quella che ti permette di uscire dalla ristretta cerchia di appassionati della mtb per proporti a un pubblico molto più vasto. Un'occasione per farsi conoscere».
Come ogni quattro anni, la Nazionale rossocrociata giunge all’appuntamento olimpico nel ristretto novero delle squadre da battere, D'altra parte, ha un titolo da dover difendere, quello conquistato nel 2016 da Nino Schurter a Rio de Janeiro… «Credo che Schurter non stia vivendo la sua migliore stagione, ma lui è un atleta fenomenale nel sapersi preparare per un singolo evento, per un giorno x. Ha dalla sua una grande esperienza e un tracciato come quello di Tokyo dovrebbe essergli congeniale, per cui avrà senz'altro la sua da dire. Poi, nutro grandi speranze in Mathis Flückiger, al momento il biker numero uno e che in stagione ha ottenuto ottimi risultati. Ma, mi rincresce dirlo, i due favoriti principali per me rimangono i due stradisti, a patto che giungano all’appuntamento in perfette condizioni: Thomas Pidcock e Mathieu van der Poel sono gli uomini da battere. Il britannico, passato non da molto alla mtb, dal profilo tecnico non ha punti deboli ed è molto bravo proprio nel giocare con il mezzo tecnico: per quanto riguarda l’olandese, al Tour de France ha dimostrato di andare molto forte e dopo il suo ritiro dalla Grande Boucle ha avuto tutto il tempo per riconvertirsi alla mountain bike. Quando l’avevo visto al via del TdF mi era sorto qualche dubbio legato alla possibilità che volesse portare a termine le tre settimane di corsa e poi passare subito alla gara olimpica di cross-country, un tour-de-force difficile da reggere. Il fatto che si sia ritirato dimostra invece l’intenzione di preparare a fondo quell’appuntamento olimpico che in più occasioni ha affermato essere il suo obiettivo stagionale».
E le ambizioni personali di Colombo? «In Giappone non vado certamente per far vacanza. Di certo posso godere del vantaggio di non avere alcuna pressione, a differenza di Nino e Mathias. Penso che un diploma olimpico rappresenti un obiettivo realistico».