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Riforma fiscale, un passo avanti per il Ticino

La riforma fiscale è (molto) meglio di come viene dipinta. È per questo che approfitto dell’ospitalità de ‘laRegione’ per provare a insinuare qualche dubbio in chi ha già fatto propria la tesi per cui si tratterebbe «del solito regalo per i ricchi».

Parliamo, invece, di una modifica di legge a vantaggio di gran parte della popolazione, lo dimostrano le numerose misure sulle quali tutti – ma proprio tutti! – sono d’accordo: l’aumento della deduzione delle spese professionali (di cui beneficiano tutte le lavoratrici e i lavoratori), l’adeguamento dell’imposta di successione (che considera le famiglie ricomposte e permette successioni più attrattive e competitive alle piccole e medie imprese) e la più equa tassazione delle prestazioni in capitale della previdenza. Sia il rapporto di maggioranza sia quello di minoranza della Commissione parlamentare della gestione, con alcune sfumature, avevano mostrato una convergenza totale su queste misure. Tant’è che il Partito socialista ha già depositato un’iniziativa parlamentare elaborata che le ripropone.

E allora, dove sta il problema? Come da almeno tre decenni, il tema che accende la controversia sono i cosiddetti «sgravi fiscali» – o, per essere più precisi, la riduzione (a tappe) dell’aliquota massima sul reddito. Una paralizzante contrapposizione sulle aliquote elevate non solo blocca ogni riforma tributaria ma riduce a una questione fiscale il tema, invece molto più vasto, dei fattori di competitività del Ticino.

Il tema è così emotivamente carico che mi sembra buona cosa mettersi d’accordo sulle cifre. Il Ticino ha una fiscalità a progressione estremamente sociale, con deduzioni che non hanno eguali a livello svizzero: sfido chiunque a sostenere il contrario. Oggi moltissimi contribuenti (circa il 26%) non pagano del tutto le imposte – cosa che qualche anno fa su queste colonne era stata criticata perfino da un commentatore progressista come Ronny Bianchi. Anche il ceto medio ticinese, nel confronto intercantonale, beneficia di una tassazione moderata. Detto altrimenti la fiscalità ticinese è estremamente sociale e attenta ai bisogni delle famiglie dei ceti meno abbienti.

Il punto è che questo approccio ha un costo, e siccome in politica e nella vita non esistono pasti gratis qualcuno deve pur pagare per queste scelte. Questo qualcuno sono i contribuenti facoltosi, che in Ticino sono tassati nettamente più che negli altri Cantoni. Basti pensare che una famiglia sposata con 2 figli e un reddito lordo annuo di 60mila franchi ha in Ticino la tassazione più vantaggiosa della Svizzera, mentre la stessa famiglia – ma con un reddito lordo superiore al mezzo milione – è agli ultimi posti nel confronto intercantonale.

La riforma tributaria, senza stravolgere la situazione attuale, cerca solo di attenuare la differenza eccessiva di trattamento fra persone che vivono pur sempre nello stesso Cantone. Senza dimenticare che il Ticino fa parte di uno Stato federalista e la concorrenza fiscale (piaccia o meno) è una realtà con la quale dobbiamo convivere – in primis rispetto al Grigioni.

Concludo ricordando che l’eventuale bocciatura della riforma fiscale, come espressione di voto contro la riduzione dell’aliquota massima, riguarderebbe solo l’1,8% del gettito totale delle imposte cantonali e comunali. Non è un importo per il quale vale la pena di paralizzare il Ticino e mettere a rischio molte misure a beneficio di tutti i contribuenti, ad esempio il non aumento generalizzato delle imposte del 3%.

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