laR+ I dibattiti

La pace di Locarno e quella del Bürgenstock

Per il prossimo anno, come già annunciato dai quotidiani, il nuovo sindaco Nicola Pini e il Municipio della città stanno preparando, con competenza e rigore storico, le manifestazioni per il centenario del Patto di Locarno.

Nella sua seduta del 10 aprile 2024 il Consiglio federale ha preso atto dell’esito della fase esplorativa riguardante la conferenza dedicata all’Ucraina e ha stabilito che sussistono sufficienti condizioni affinché essa sfoci in un processo di pace. La conferenza dovrebbe avere luogo nel mese di giugno 2024 sul Bürgenstock (Cantone di Nidvaldo).

Un “fenomeno da baraccone”: così il presidente russo Vladimir Putin ha definito l’evento programmato per il 15 e il 16 giugno, organizzato dal governo elvetico insieme a quello ucraino, a cui Mosca non parteciperà. “La Russia è pronta ai colloqui sull’Ucraina. Tuttavia non si lascia imporre posizioni non basate sulla realtà. Non abbiamo mai rinunciato alla soluzione pacifica delle controversie, anzi, eravamo propensi proprio a questo”, ha detto il capo del Cremlino al termine di un incontro con il presidente bielorusso Alexander Lukashenko. “Adesso si sta diffondendo l’idea di tenere una specie di conferenza in Svizzera alla quale non siamo invitati. Molti dicono che senza di noi è impossibile decidere qualsiasi cosa” Putin è convinto, come è ovvio e risulta chiaro nel trattato di Locarno del 1925, che il vertice, senza la partecipazione della Russia, è destinato a fallire.

Violando i principi imposti dalla neutralità, nel gennaio 2024 la presidente della Confederazione Viola Amherd (proprio la ministra che ha proposto l’acquisto per 6 miliardi di franchi di 36 aerei F-35 di cui alcuni, sembra, equipaggiati con un reattore farlocco), ha accolto a Berna il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per una serie di colloqui, garantendogli sostegno nell’organizzazione di una conferenza di pace “di alto livello” da noi. Il Consiglio federale ha con ciò dimostrato d’essersi uniformato al pensiero unico degli Stati Uniti e di sottomettersi al loro potere imperiale. Gli americani infatti, nel conflitto in corso, hanno dato procura al presidente ucraino di combattere per sconfiggere la Russia. Rammentando Napoleone e Hitler, per un modesto attore comico tramutato da Biden in un accattone planetario di armi come Zelensky vincere è evidentemente una missione impossibile.

Il proprietario del Bürgenstock è lo sceicco qatariota Nawaf bin Jassim bin Jabor Al-Thani. È stato condannato a metà gennaio, in un maxiprocesso in patria, dopo un’estesa indagine anti-corruzione nel governo. Il dibattito processuale ha visto finire alla sbarra 15 funzionari, tra i quali l’ex ministro delle finanze Ali Serif al-Emadi. Proprio per lui la condanna più dura a 20 anni di carcere e 16 miliardi di franchi di multa. I condannati hanno ancora la possibilità di ricorrere in appello, ma non è ancora chiaro se lo faranno.

Tornato di recente sotto i riflettori della cronaca per la conferenza di pace sull’Ucraina, il lussuoso resort del Bürgenstock ha fatto di nuovo parlare di sé. Il Consiglio federale ha respinto la domanda con cui la società a cui appartiene l’albergo di lusso chiedeva l’esenzione dalla Lex Koller per la vendita dei 67 appartamenti del Bürgenstock Resort, situati sull’omonima cima nidvaldese. È stato riconosciuto che la cessione non è nell’interesse superiore della Svizzera. Il Bürgenstock non è l’unica struttura di lusso in Svizzera di proprietà di Katara Hospitality. C’è anche l’iconico Hotel Schweizerhof di Berna, il Royal Savoy di Losanna e anche quello di Londra. Da considerare il fatto che la Confederazione è garante della Croce Rossa. Ciò non comprende l’impegno di assumere, oltre la difesa delle vittime di guerre, anche le conseguenze delle disavventure dei miliardari di petrodollari.

In questo contesto è opportuno oggi il ricordo di ciò che accadde nei primi anni dell’ultimo conflitto mondiale. Il consigliere federale Marcel Pilet-Golaz (1889-1958) in qualità di Presidente della Confederazione, in particolare nella trasmissione alla radio del 25 giugno 1940, subito dopo la capitolazione della Francia, parlando in nome del Consiglio federale citava l’Italia fascista e la Germania nazista come potenze confinanti che avevano scelto la “ricerca della pace”. Era tempo, anche per la Svizzera, di guardare avanti per ricostruire il mondo. Secondo Pilet-Golaz il tempo della rinascita era venuto per la ricostruzione e l’affermazione dell’“uomo nuovo”. Queste parole in Svizzera furono intese come propaganda nazista e fascista. In quel discorso erano assenti i termini di “resistenza”, “neutralità armata” e “indipendenza”.

Vi sono molte inquietanti analogie del politico Pilet-Golaz con l’attuale Ignazio Cassis. Entrambi sono liberali radicali ed entrambi ministri degli esteri. Tutti e due indifferenti alla tradizionale vocazione storica svizzera legata all’indipendenza, pronti a violare il mito di Tell e accanto all’abbandono della neutralità con l’inclinazione a sottomettersi acriticamente l’uno al regime nazifascista e l’altro alla NATO e, di conseguenza, all’imperialismo americano.

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