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Il ritorno del pianeta delle scimmie, poco ambizioso ma valido

È in sala ‘Il regno del pianeta delle scimmie’, diretto da Wes Ball. Tutto sommato un buon film d’azione spensierato

Un fotogramma dal film
15 maggio 2024
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Il franchise del pianeta delle scimmie, rinato al cinema con il primo film reboot, ‘L'alba del pianeta delle scimmie’, sta misteriosamente convincendo il pubblico. Da un punto di vista di incassi, ma anche di critica, che ha lodato i tre film usciti dal 2011. Un successo, appunto, misterioso perché da un lato la fanbase della saga è molto meno solida di altre; dall'altro, la gestione degli episodi è piuttosto complicata da seguire, forse anche a causa dei titoli molto simili tra loro, ma soprattutto visto il calderone formatosi tra la serie originale, i remake e i reboot, per un totale di ben dieci film. Insomma, nonostante le premesse, i film del pianeta delle scimmie hanno ottenuto ogni anno una candidatura agli Oscar, certo per gli effetti speciali, ma ciò denota un interesse ancora alto nei confronti dell'odissea che ha raccontato, principalmente, lo scontro tra Cesare, capo delle scimmie senzienti, e gli esseri umani. Ambientato secoli dopo, questo nuovo sequel, ‘Il regno del pianeta delle scimmie’, traccia probabilmente l'inizio di una nuova serie di film e con un nuovo protagonista, Noa, probabilmente destinati a un discreto successo all’interno del loro genere.

L'uovo

Diverse generazioni dopo la morte di Cesare, Noa è un giovane scimpanzé e membro di una tribù che, come occupazione principale, alleva aquile. Come segno di maturità, la scimmia, con gli amici Soona e Anaya, deve recuperare un uovo d'aquila, una sorta di rito di iniziazione sotto la supervisione e il giudizio del padre Koro, leader tra gli ammaestratori dei rapaci. Pattugliando il villaggio la sera, Noa incontra Mae, un'umana affamata che, dandosi alla fuga, lo urta, causando la rottura del suo uovo. Deciso a ritrovarne un altro entro l'alba, lo scimpanzé si imbatte in un gruppo di suoi simili mascherati che, seguendo il suo cavallo, giungono al villaggio, dove distruggono tutto, uccidono e imprigionano i suoi abitanti. Noa giura sulle spoglie del padre di riportare tutti a casa, quindi parte all'inseguimento delle scimmie mascherate, trovando aiuto nel tragitto da Raka, un orango pacifico e mite, nonché da Mae, con cui si crea un legame d'amicizia. La tribù rivale è capitanata da Proximus, autoproclamato nuovo Cesare e deciso a far evolvere le scimmie attraverso le tecnologie umane perdute, chiuse in un deposito ben sigillato. Noa dovrà dunque combattere per salvare la propria comunità e allo stesso tempo impedire che Proximus si impossessi delle armi umane, in grado di soggiogare e rivoluzionare le gerarchie del pianeta.

Intrattenimento

Sicuramente ‘Il regno del pianeta delle scimmie’ è un film difficile da sviscerare e valutare, per diversi motivi: oltre al citato collocamento nebuloso all'interno della saga, quest'ultimo film è interpretato con l'ausilio del motion capture, in maniera ancora più massiccia dei capitoli precedenti, rendendo difficoltoso anche valutare effettivamente il valore della recitazione. In più, gli aspetti di confronto sociale tra il mondo delle scimmie e quello umano, molto importanti nel primo iconico capitolo, sono sempre più labili, prediligendo maggiormente l'azione e quell'epica, sempre più virata verso l'estetica, divenuta ormai prassi nel modo di concepire e gestire i film d'azione contemporanei ad alto budget.

Nonostante esistano, dunque, svariati aspetti per cui la valutazione di questo film inizia da una posizione, si potrebbe dire, di svantaggio, è piuttosto sorprendente la riuscita finale del prodotto che, forse grazie all'essere stato progressivamente spogliato delle sue componenti ambiziose, più profonde, morali e riflessive, riesce a conservare le proprie fondamenta e, alla fine, risulta essere un ottimo film d'azione, con una grande capacità di intrattenimento e che supera sicuramente la media attuale dei film hollywoodiani con la loro ‘epica dell'assurdo’ (la saga di ‘Fast & Furious’ è forse un esempio calzante che evidenzia questo trend), fonte di tutta una moltitudine di prodotti senza ambizione e credibilità.

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