Lanciato ufficialmente il referendum contro la riforma fiscale. Riget (Ps): ‘Presenteremo un’iniziativa parlamentare con i tre punti non contestati’
«L’abbiamo detto subito dopo il voto di martedì del Gran Consiglio: sulla riforma fiscale non è detta l’ultima parola». Tira dritto la sinistra, che pochi giorni dopo l’approvazione parlamentare della riforma – che prevede, tra le altre cose, il progressivo abbassamento dell’aliquota massima per i più abbienti dal 15 al 12% – ha presentato oggi il referendum. Al fronte ‘Stop ai tagli’, composto da Partito socialista, Verdi, Mps, Partito comunista e Più Donne, hanno aderito anche i sindacati. Compresi Ocst e Sindacato indipendente ticinese (Sit), che hanno sciolto le riserve nelle ultime ore. «Vogliamo impedire un regalo a chi guadagna più di 30mila franchi al mese, perché sarebbero loro a beneficiare di questa riforma», spiega la copresidente del Ps Laura Riget. E avverte: «Questo è solo il primo passo. Continueremo a mobilitarci durante il prossimo anno e se sarà necessario lanceremo altri referendum». Tornando a oggi, «lo slogan è ‘stop ai tagli’ e non ‘stop agli sgravi’ per un motivo ben preciso: questa riforma fiscale e i tagli contenuti nel Preventivo 2024, che colpiranno il sociale con riduzioni ai sussidi di cassa malati e aiuti ai disabili, sono direttamente legati». Non tutto quello contenuto nella riforma è però da buttare per i referendisti: «Su tre punti su quattro della riforma, ovvero tutti tranne gli sgravi ai ricchi, possiamo anche essere d’accordo», afferma il capogruppo socialista in Gran Consiglio Ivo Durisch. «Per questo motivo presenteremo a breve un’iniziativa parlamentare che contiene quei tre punti (legati a successioni aziendali, deduzioni professionali e terzo pilastro, ndr). Ma solo questi tre».
Tornando alla riduzione dell’aliquota massima, il principale punto della discordia. Durisch è categorico: «Dodici persone avranno un risparmio di quattro milioni di franchi. E sono persone che difficilmente lascerebbero il nostro cantone, perché hanno troppi interessi. È un regalo per i super ricchi, c’è poco da dire». Questo, continua il capogruppo del Ps, «nonostante il numero di persone benestanti nel nostro cantone continui ad aumentare. Purtroppo per chi l’ha pensata e sostenuta, o per fortuna per i cittadini che potranno notare in questo modo la contraddizione, questa riforma arriva proprio insieme ai tagli. È infatti chiaro che se si rinunciasse agli sgravi si potrebbe tagliare meno nel sociale, dove c’è bisogno». Quello votato martedì dal parlamento, secondo Durisch, «è solo l’ultimo passo di una strategia degli sgravi iniziata anni fa. Ora hanno paura che i tagli ai sussidi di cassa malati spingano i cittadini a votare il referendum. Ma attenzione, rimandare i tagli e approvare la riforma sarebbe solo un posticipare il problema all’anno prossimo. Perché con il Preventivo 2024 hanno raschiato il fondo del barile e altro non potranno fare».
Usa una metafora culinaria in salsa natalizia Samantha Bourgoin, cocoordinatrice dei Verdi, per spiegare il legame tra riforma fiscale e Preventivo: «Si offre una michetta alla popolazione, che pagano i Comuni. Allo stesso tempo si chiede uno sforzo alle fasce fragili per pagare il caviale ai ricchi. È il regalo di Natale di quest’anno, che se non facciamo niente verrà riproposto tutti gli anni».
Ecco, i Comuni. Il taglio lineare dell’1,66 per cento dell’aliquota d’imposta sul reddito delle persone fisiche, voluto dalla maggioranza della Commissione della gestione del Gran Consiglio per evitare l’aggravio fiscale derivante dal ritorno al 100 per cento (oggi 97) del coefficiente d’imposta cantonale, ha suscitato più di qualche malumore tra gli esecutivi comunali. Con anche una lettera al vetriolo indirizzata alla Gestione. «Dovremo cercare di allargare il fronte e coinvolgere i Comuni. Sarebbe un supporto molto importante per il referendum», sostiene Matteo Pronzini (Mps). Per Alberto Togni (Pc): «Sono le infrastrutture e i lavoratori qualificati, minacciati dai tagli, ad attirare i facoltosi e gli imprenditori». Opinione condivisa anche da Maura Mossi Nembrini (Più Donne) che afferma, «sono misure che vanno ad aumentare le disparità».
Di allargare il fronte contrario a questa riforma hanno parlato anche i sindacati. «In casa Ocst ci siamo chiesti se per i nostri associati fosse un tabù parlare di sgravi – afferma Paolo Locatelli –. Non lo è per forza, ma lo diventa quando avvengono insieme a tagli ai sussidi di cassa malati, contributi di solidarietà richiesti ai lavoratori. Tagli che toccano la carne viva della società». Per questo motivo, «ci mobiliteremo e non escludiamo il ricorso allo sciopero, anche se sappiamo che in alcuni settori, come quello della polizia, dovremo essere creativi. Creeremo disturbo e faremo notare alla cittadinanza che gli statali svolgono funzioni di servizio fondamentali». Opinione condivisa anche da Renato Minoli (Uss): «Ho la barba bianca, ma non ho mai visto delle scelte politiche così sbagliate come queste. Una volta si guardava prima di cosa avesse bisogno la popolazione e poi si decideva, in base a quello, quanto prelevare. Ora è il contrario. Non ci stiamo».