Losone

Addio al Koni, l'uomo dei boschi che amava le campane

Si è spento a 69 anni un personaggio quasi ‘mitico’ per generazioni di locarnesi. Creativo, ricettacolo di leggende, viveva nel suo mondo

Addio al Koni: aveva 69 anni
7 aprile 2024
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“Il Koni (o Coni) ha studiato matematica e poi un giorno ha deciso di lasciare tutto e andare a vivere nei boschi”. “Il Koni ha allacciato alla corrente elettrica la sua capanna e ci vive tutto l'anno grazie alla sua inventiva”. Per i locarnesi il Koni, al secolo Konrad Glatz, è un ricettacolo di leggende metropolitane, di voci che nessuno salvo lui poteva confermare o smentire. Personaggio schivo, quasi “mitico”, ha incrociato generazioni di persone mantenendo sempre una certa distanza. Schivo, dunque, ma non scortese. Semplicemente sulle sue, regalando un sorriso per un panino ricevuto in dono da un alunno di scuola elementare in gita al Monte Verità, dove il Koni bazzicava, prima in motorino, poi in bici. Appariva con il suo fare inconfondibile, se vogliamo “selvatico”, come la sua essenza, e poi spariva, dentro il suo bosco, dove tutti lo davano residente.

In realtà, il Koni una casa ce l'aveva, in alternativa ai boschi di Arcegno. Era quella losonese degli Ambrosini, zii e cugini, che si prendevano cura di lui entro il limite di ciò che il Koni consentiva loro. Lo zio Mauro, educatore, lo aveva nel cuore, quel nipote particolarissimo, di non facile gestione, che non potevi comandare ma che era disposto a farsi voler bene. «Lo vestiva e lo accudiva – ricorda Carlo Ambrosini, figlio di Mauro e cugino del Koni –, ma lo spronava anche a fare qualche lavoretto e gli dava rifugio». Un rifugio divenuto stabile dopo la pandemia, soprattutto grazie all'aiuto del sacrestano Giorgio Cadra.

È arrivato fino a 69 anni, vivendo alla sua maniera. Antesignano della lotta allo spreco, rovistava fra i rifiuti per trovare oggetti considerati ormai inutili e farli rivivere. Grazie a un'inventiva e a una spiccata manualità ci riusciva, sorprendendo chi osservava le sue creazioni. Carlo ricorda un utensile da giardino cui il Koni aveva abbinato una radio. «Come l'accendeva, partiva lo stereo!».

Ciò che ha ulteriormente caratterizzato il Koni nell'immaginario popolare losonese era il suo amore per le campane, espresso anche come campanaro grazie agli insegnamenti di don Storelli, come aveva ben spiegato la collega Barbara Gianetti Lorenzetti in una rara intervista apparsa alcuni anni fa su un bollettino parrocchiale. Sempre presente alle funzioni religiose, trovava modo di essere parte di quella comunità che lo sapeva accettare così come il Koni voleva e poteva essere.

C'è un bel video in cui suona il “rebatt” e sembra illuminarsi, fino al radioso sorriso finale. Ci piace ricordarlo così, felice di essere al mondo. Nel suo mondo.

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